L'amore è una questione di tempo a Locarno 66
La nuova commedia romantica di Richard Curtis protagonista insieme a Werner Herzog
La commedia romantica è protagonista in questa penultima giornata del 66° Festival di Locarno. Per la precisione la rappresenta il vero re di questo genere, almeno in Europa: il britannico Richard Curtis. Sceneggiatore di classici contemporanei come Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill e autore di quel gioiello del genere che è Love Actually, torna, dopo la parentesi di I Love Radio Rock, a parlare di amore in Questione di tempo. Sempre ancorato allo schema tipico del genere, con la vita segnata dall’amore e inevitabilmente dai suoi riti, dal matrimonio al funerale, questa volta Curtis inserisce un elemento fantastico per proporre una variazione sul tema. Il protagonista, infatti, scopre dal padre che i membri maschi della loro famiglia hanno un dono particolare: quello di poter andare indietro nel tempo.
C’è da rimanere sbalorditi, poi euforici, ma anche preoccupati, perché non tutto si può sistemare con questo artificio, anzi. Il roscissimo protagonista del film è un giovane, Domhnall Gleeson, figlio di Brendan, che si trasferisce a Londra dalla bella casa in Cornovaglia in cui vivono gli eccentrici e affettuosi famigliari. La sua carriera come avvocato inizia con alti e bassi, ma l’incontro con una affascinante ragazza, complicato dall’abuso dei viaggi nel tempo, sembra fargli trovare l’amore e prepararlo a una vita adulta che imparerà a vivere in pieno, artifici temporali o meno.
Sempre molto curato nella confezione il cinema di Curtis si conferma capace di tessere una tela amorosa tra l’ingenuo e l’esilarante, condita da dialoghi di grande arguzia, witty come da tradizione della comicità britannica. Più efficace nella prima parte, col giusto equilibrio fra risate, ritmo e romanticismo, nella seconda parte forse eccede nel ritratto zuccheroso dimostrando come per Curtis questo sia un film sull’amore in tutte le sue forme, non solo per il partner, ma anche, forse soprattutto, per un padre di cui si scopre il ruolo indispensabile solo quando potrebbe essere troppo tardi. Sempre che qualche salto indietro nel tempo non aiuti, però!
Questione di tempo, nelle sale italiane dal 7 novembre, ha una colonna sonora come al solito variegata: dai Cure a Nick Cave, dalle Sugababes alle Tatu, ma soprattutto un ruolo importante è riservato, a sorpresa, a al classico italiano "Il mondo" di Jimmy Fontana.
In Piazza sarà anche il momento della consegna del Pardo alla carriera a Werner Herzog. Molto presente in questi giorni locarnesi, ha introdotto i suoi film, la seconda serie dei suoi bei documentari televisivi sulla pena di morte in America Death Row, presenziato alla retrospettiva di Cukor, ma soprattutto incontrato il pubblico in una masterclass affollata e lunga quasi due ore.
Un’occasione per l’autore tedesco ormai stabilmente a Los Angeles di conquistare i presenti con la sua ironia, sempre nascosta dietro un impassibile sguardo penetrante e un accento tedesco ormai è diventato proverbiale per gli americani e non solo.
Herzog ha raccontato aneddoti sulla lavorazione tempestosa di Fitzcarraldo, che sarà proiettato in Piazza grande in seconda serata e sull’idea folle di portare una nave in cima a una montagna. Sottolineando l’importanza per lui del casting, ha spiegato come nei suoi set pretende attenzione e cellulari spenti entro i 100 metri di distanza dalla macchina da presa, regina assoluta. Ha raccontato della sua esperienza come personaggio dei Simpson, “la cosa di maggior successo che abbia fatto nella mia carriera, almeno per l’immaginario popolare americano. Pensavo fossero fumetti, quando mi hanno chiesto di dare voce a un personaggio ho chiesto di mandarmi i dvd. Sapete, non vedo la televisione”.
Poi Herzog ha sottolineato come per lui il cinema sia da intendere in senso assoluto e quindi l’interesse per tutti i suoi aspetti, dal montaggio alla recitazione, anche in blockbuster come Jack Reacher, “hanno provato tanti attori anche famosi, ma non riuscivano a trovarne nessuno che facesse tanta paura anche senza che iniziasse a parlare. Allora hanno chiamato me”. Ai tanti giovani studenti di cinema presenti ha intimato con decisione: “ non avete più scuse, ora il cinema si può fare con pochissimi mezzi, con 10000 dollari o meno, quindi tutti coloro i quali si sono sempre e solo lamentati, della produzione, della difficoltà di trovare finanziamenti e di ogni altro aspetto devono tacere e darsi da fare. La tecnologia, poi, cambia così in fretta che trovo molto interessante sperimentare. La cosa importante è realizzare qualcosa che abbia qualità e spessore e visto che chiunque con un telefonino può girare un film, bisogna fare in modo che sia qualcosa che solo noi possiamo fare e nessun altro. Come vengano poi presentati questi lavori, se in sala, in dvd, o su youtube, cambia poco”.
foto © Festival del film Locarno