Io, noi e Gaber: Riccardo Milani presenta il docufilm su una delle voci più autentiche e coraggiose del '900
È stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023 il documentario di Riccardo Milani Io, noi e Gaber, che sarà nelle sale il 6,7 e 8 novembre distribuito da Lucky Red. Il regista ha incontrato la stampa, parlando dell’importanza che ha avuto per lui l’onestà intellettuale di Giorgio Gaber.

A ripensare a versi come "Libertà è partecipazione", "C'è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l'unica salvezza", "Per ora rimando il suicidio e faccio un gruppo di studio", ci viene una grandissima nostalgia di Giorgio Gaber, di cui, in questo 2023, ricorre il ventennale dalla scomparsa. Proprio come Pier Paolo Pasolini, Gaber aveva capito tutto, e infatti di lui si dice che non guardava al presente ma al futuro e che, con grande onestà intellettuale, denunciava l'inconsistenza di ideologie diventate una moda fino a diventare "scomodo" per i suoi contemporanei. Attraverso il teatro-canzone, Gaber metteva l'arte al servizio del pensiero politico, laddove per politico si intende un punto di vista sulla realtà e un discorso etico coerente finalizzato al cambiamento, alla trasformazione e alla denuncia di tutto ciò che non fa dell'uomo un essere libero.
Una delle grandi virtù di Giorgio Gaber è stata l’integrità, qualità che sua figlia Dalia Gaberscik attribuisce anche a Riccardo Milani, che al Signor G ha dedicato il documentario Io, noi e Gaber, che fa parte della selezione della Festa del Cinema di Roma 2023 e arriverà al cinema il 6, 7 e 8 novembre distribuito da Lucky Red.
Io, noi e Gaber abbraccia l'intera carriera di Giorgio Gaber e contiene testimonianze di familiari, amici e colleghi. Se il cantautore e cabarettista milanese non avesse ispirato, con le sue canzoni, Riccardo Milani non avrebbe mai accettato di dirigere Io, noi e Gaber, visionando una quantità abnorme di materiale e intervistando più di una dozzina di persone. È lo stesso regista a dichiararlo all'inizio della conferenza stampa di presentazione del doc: "Gaber è stato un uomo importante per la mia formazione. Sono nato nel 1958, quindi ero bambino quando cantava 'Goganga' e 'Riccardo', canzoni leggere e molto divertenti che rimanevano nella testa del pubblico televisivo. L'ho seguito anche quando è diventato un'altra cosa, e cioè un uomo di teatro. Gaber ha inventato un genere e ci ha detto cose importanti in decenni molto significativi per la storia del nostro paese, e parliamo degli anni '60 e '70, periodo in cui l'Italia viveva da una parte i sogni e dall'altra la realtà. Quegli anni sono stati molto formativi per me, Già allora di Gaber apprezzavo il coraggio, che poi è la qualità che fa dire cose scomode anche quando non conviene. Rivedendo tutto il suo percorso, mi sono reso conto di quanto sia stata rivoluzionaria la sua decisione di dire: 'Basta! Faccio altro' nel momento in cui la televisione gli stava stretta. Ricordo bene il movimento studentesco e le cose fondamentali per cui si batteva. Gaber ha parlato a quel movimento, anche con una certa durezza. Se la ricerca della verità e la libertà di pensiero sono state una costante della mia vita, è merito di Giorgio Gaber. Grazie a lui ho cercato di essere sempre lucido e di non avere posizioni totalmente ideologiche".
A sentire adesso le canzoni di Giorgio Gaber, da "Far finta di essere sani" in poi, ci si rende conto di quanto fosse moderno il suo pensiero e sibillino ciò che scriveva: "Il futuro che Gaber prevedeva è arrivato. Giorgio aveva la capacità di guardare avanti e di capire sempre il mondo e le cose del mondo. Io sono stato un 'pollo d’allevamento', uno a cui Gaber ha detto: 'Quando è moda è moda, svegliatevi!', e lo ha detto a una generazione che evidentemente non è solo la mia. Potrebbe dirlo anche ora, e in questo senso i testi di Gaber sono profondamente attuali e testimoni di una passione civile che Giorgio ha fatto via via più sua. Ho sempre ammirato la sua capacità di essere al tempo stesso raffinato e popolare, che è una cosa che dovrebbe appartenere a ogni intellettuale, ammesso che esista una 'classe' di intellettuali. Gaber, però, sapeva parlare a tutti, virtù indispensabile per far aprire gli occhi alle persone".
Io, noi e Gaber è davvero un film per tutti. Chi ama e ha nostalgia di GG sarà felice di rivederlo e ricordarlo, mentre chi non lo conosce potrà assimilare il suo pensiero profetico: "Mi auguro che tutti, giovani o meno giovani, vedendo questo film, trovino lo slancio per dire no quando è il momento di dirlo, di difendere le verità al di là dell'opportunismo. Bisogna poter dire no, tirarsi fuori, non accettare dei meccanismi ingannevoli. Paradossalmente credo che all'epoca si vivesse una libertà maggiore, mentre adesso mi pare che ci sia una cappa che aleggia un po’ su tutti, una serie di costrizioni che per comodità accettiamo. Per questo mi auguro che qualcuno abbia l'ardire di spiegare, in ogni occasione possibile, come stanno le cose".
Ovviamente Riccardo Milani ha visionato un'infinità di materiale degli archivi Rai. Poi ha dovuto scegliere cosa mettere in Io, noi e Gaber e non è stato un lavoro facile. Anche la parte del docufilm dedicata alle interviste ha richiesto un grande sforzo: "Le persone che ho incontrato sono molto diverse fra loro: per scelta, mestiere, estrazione sociale e culturale. Tuttavia ognuna di loro in qualche modo ha fatto i conti con Gaber. Questa è un po’ la linea guida che ho seguito. Ho avuto contributi umani, professionali ed etici da individui della più disparata provenienza sociale e mi dispiace non aver incontrato tutti quelli che avrei voluto intervistare, perché la verità è che Giorgio Gaber ha attraversato davvero tutto, ad esempio politicamente, perché ha avuto e ha tuttora apprezzamenti a destra e a sinistra, così come è stato guardato con sospetto a destra e a sinistra. Io l'ho visto una sola volta nella vita. È accaduto in occasione di un concerto al Trianon di Roma, un teatro che era un luogo di fortissime contestazioni. Lo vidi spostare una tenda per vedere cosa accadeva al di là e lessi nei suoi occhi il dolore, la totale mancanza di comprensione per come la gente lo considerava. All'epoca aveva parecchi detrattori, io però quell’incontro fisico non l'ho mai scordato, e penso a Gaber ogni volta che mi viene in mente un pensiero coraggioso”.
Oggi Giorgio Gaber avrebbe 83 anni. Se un brutto male non l'avesse portato via a 64 anni, avremmo ancora la possibilità di sentire la sua sull'oggi e sul domani: "Io vorrei ascoltare la voce di Gaber adesso, perché mi manca. A volte le voci sono importanti perché ti riportano a un pensiero, a un'apertura, a una possibilità di guardarti intorno che non tutti ti danno. Quella voce era uno stimolo continuo a guardare dentro di me e fuori di me. Mi piacerebbe che Io, noi e Gaber parlasse anche alle generazioni che non hanno vissuto il periodo che racconto. Come ho già detto, il motivo per cui ho accettato questo lavoro è la riconoscenza. Devo dire grazie a Giorgio Gaber per le cose che ha scritto, detto e fatto, e come molti, mi piacerebbe poterlo incontrare per dirglielo".