Green Book: la storia vera e la controversia del film vincitore di tre Oscar
È tratto da fatti realmente accaduti Green Book, film vincitore di tre premi Oscar. Ma quali differenze ci sono tra la versione cinematografica e la storia vera?
Applaudito fragorosamente in tutte le sale in cui è stato proiettato, Green Book è un film che molti critici hanno bollato come "stereotipato", "fiabesco" e troppo "edulcorato" nel raccontare il razzismo degli anni 60. I membri dell'Academy Awards però si sono allineati con i gusti del grande pubblico che ha apprezzato il film e su cinque candidature, sono tre gli Oscar assegnati nel 2019 a Green Book, tra cui quello come miglior film dell'anno.
Diretto da Peter Farrelly, uno dei due fratelli autori di commedie demenziali come Scemo e più scemo e Tutti pazzi per Mary, il film si ispira alla storia vera del buttafuori italoamericano Frank Anthony Vallelonga, detto Tony Lip, che nel 1962 fu assunto come autista per accompagnare da New York verso il sud degli Stati Uniti uno dei pianisti più celebrati dell'epoca. Quest'ultimo era l'afroamericano Donald Walbridge Shirley, detto Don, compositore e pianista jazz che pubblicò una ventina di album tra gli anni 50 e 60 e andò in tour esibendosi in molte città del paese. Fu lui stesso a volere e ad assumere un autista/bodyguard che lo accompagnasse in questo lungo viaggio. Come si vede nel film, in quegli anni chi aveva la pelle scura era caldamente invitato a viaggiare con la Negro Motorist Green Book alla mano, una specie di mappa di motel, ristoranti e distributori di benzina in cui gli afroamericani erano ben accetti.
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Guardando Green Book non si possono non apprezzare le interpretazioni degli eccellenti Viggo Mortensen e Mahershala Ali, quest'ultimo premiato con l'Oscar, ma come accade per qualunque adattamento cinematografico, anche questo film altera alcuni fatti realmente accaduti per esigenze narrative.
Green Book: la storia vera dell'amicizia tra Tony Lip e Don Shirley
Doc Don Shirley nacque a Pensacola, in Florida il 29 gennaio del 1927, da genitori giamaicani immigrati. A soli due anni mostrò di essere un bambino prodigio imparando le note sul pianoforte, che iniziò a suonare professionalmente all'età di 18 anni. Il produttori musicale Sol Hourk gli consigliò vivamente di focalizzarsi sul jazz e di non perdere tempo con quello strumento, perché secondo lui nessuno voleva vedere un pianista nero suonare musica classica. Shirley proseguì comunque come solista al piano finendo per mescolare quel consiglio alle sue ambizioni. Il musicista compose per se stesso trovando uno stile di jazz che lo portò a esibirsi nei nightclub, un posto che finì per detestare per il clima irrispettoso dei clienti nei confronti della musica. Nonostante non gli venisse data l'opportunità di suonare nei teatri proprio per la barriera razziale, le sue composizioni che partivano dagli studi classici per fondersi in sonorità moderne, orchestrate in un trio composto da pianoforte, violoncello e contrabbasso, erano una meraviglia per le orecchie e non poterono restare tra le mura di un locale seminterrato.
Frank Anthony Vallelonga era soprannominato Lip (labbro) fin da quando era bambino, per essere uno dalla favella facile che riusciva a cavarsela in ogni situazione dando fiato alle parole. Nacque In una cittadina della Pennsylvania il 9 luglio del 1930 da genitori italiani. Prima del lavoro di buttafuori al nightclub Copacabana e di diventare autista di Shirley, Tony Lip servì nelle file dell'esercito americano, di stanza in Germania nel periodo successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dagli anni 70 in poi fece principalmente l'attore caratterista in film di mafia, passando da comparsa a piccole parti, fino a mettersi in risalto con il ruolo di Carmine Lupertazzi nella serie I Soprano.
Green Book è co-prodotto e co-sceneggiato dal figlio di Tony, Nick Vallelonga. Stando a quando riferisce lui, tutto le vicende raccontate nel film sono realmente accadute, fatta eccezione per la durata del tour. In realtà Tony accompagnò Shirley da una città all'altra per circa un anno e mezzo, mentre nel film la loro avventura è stata concentrata in un periodo di due mesi. Ciò che si vede nel film, dunque, dai 26 hot dog mangiati uno dietro l'altro all'arresto per aver colpito un poliziotto corrisponde a realtà. In quella circostanza, Don Shirley chiamò davvero Robert Kennedy perché li aiutasse a uscire di prigione. Nella vita i due erano amici e quella telefonata fu fatta non molti giorni prima dell'assassinio del fratello, il presidente John Kennedy. Nel film non si vede, ma Shirley si fece accompagnare a Washington per partecipare ai funerali.
Il film ha scatenato le proteste dei familiari di Don Shirley, scomparso per attacco cardiaco nel 2013 all'età di 86 anni, solo tre mesi dopo la morte dell'82enne Tony Lip. La famiglia Shirley ha contestato il ritratto che il film fa del musicista definendo "una valanga di bugie" il modo in cui è raccontato il rapporto con il suo autista. Per loro non c'è mai stata alcuna amicizia tra i due e non è vero che Shirley avesse preso le distanza dai suoi parenti negli anni 60. Poco dopo queste dichiarazioni, è emerso un file audio rintracciabile su internet in cui Shirley dichiarava tempo fa che "non è mai stato un rapporto tra datore di lavoro e impiegato quello con Tony, la mia vita era nelle sue mani", confermando l'amicizia e smentendo di fatto le parole dei suoi familiari
A tal proposito, Nick Vallelonga che ha trascorso molto tempo con Shirley proprio per la lunga amicizia che ha avuto con suo padre, ha rivelato che la famiglia Shirley non fosse al corrente di molte cose. "Loro si sono risentiti perché non li ho contattati quando ho scritto il film" ha detto lo sceneggiatore, "ma per essere onesti, è stato lo stesso Don Shirley a dirmi di non parlare con nessuno. Lui voleva che soltanto alcune parti della sua vita fossero raccontate. Per me non contattarli è stato difficile, ma è ciò che dovevo fare per non tradire la promessa fatta a Don".