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Flow - Un mondo da salvare, il regista Gints Zilbalodis: "La mia animazione europea per il gusto dell'inaspettato"

Abbiamo incontrato ad Alice nella Città, nell'ambito della Festa del Cinema di Roma, il regista e animatore Gints Zilbalodis, autore di Flow - Un mondo da salvare, un film di animazione in arrivo al cinema il 7 novembre. Un'opera che rimarrà, amata alla follia da Guillermo del Toro.

Flow - Un mondo da salvare, il regista Gints Zilbalodis: "La mia animazione europea per il gusto dell'inaspettato"

Flow - Un mondo da salvare arriva nei cinema italiani il 7 novembre, passando da Alice nella Città nell'ambito della Festa del Cinema di Roma, dopo essere stato acclamato a Cannes e Annecy: questo film di animazione indipendente e sorprendente, firmato dall'eclettico artista lettone Gints Zilbalodis alla sua opera seconda, ha incantato persino Guillermo del Toro, che con le sue dichiarazioni di stima lo sta spingendo verso un meritato riconoscimento internazionale. Abbiamo incontrato Gints in una tavola rotonda: ecco come ha parlato del suo film, della sua poetica e del suo metodo di lavoro. Leggi anche Flow - Un mondo da salvare, la recensione del magistrale film animato di Gints Zilbalodis

Flow - Un mondo da salvare, da dove nasce la storia

Arriva l'apocalisse, il mondo è sommerso, e un gatto trova la salvezza su una barca alla deriva, insieme ad altri animali. Flow - Un mondo da salvare non è parlato: in questo film di animazione tutto è raccontato con immagine, movimenti di macchina, suono e musiche. La storia potrebbe far pensare a un messaggio ecologista, però il regista Gints Zilbalodis ci assicura che quest'angolazione è arrivata dopo, quasi organicamente, perché la premessa originale è nel gatto e nel tema di una paura atavica da affrontare, l'acqua. Ha scelto il gatto perché è un animale naturalmente solitario, e vedeva in lui un po' di sé stesso: Zilbalodis aveva realizzato il precedente Away (2019) completamente da solo, mentre per Flow ha diretto in effetti dei collaboratori, quindi come il protagonista è stato costretto ad aprirsi al prossimo, in vista di un obiettivo. Oltretutto, il gatto in questo contesto è un animale perfetto, perché gli si perdonano anche delle cattiverie che fanno parte del suo naturale comportamento da predatore: la storia di Flow è volutamente priva di un villain, conta il concetto di "conflitto", più sfumato. La catastrofe nasce proprio dalla necessità di amplificare la paura dell'acqua, mettendo il felino davanti a qualcosa che deve per forza affrontare, senza poter più scappare. In ogni caso, un film che ha come premessa un'apocalisse è decisamente più appetibile per un grande pubblico, se c'è il "filtro" narrativo degli animali.

L'immagine, il suono e lo stile di Flow

Zilbalodis mirava a rendere Flow un' "esperienza immersiva", da lì l'uso del piano sequenza, con alcuni take che procedono fino a cinque minuti senza stacchi: mancando dialoghi, è necessario usare tutti i mezzi che il cinema e in particolare l'animazione possono mettere a disposizione. Sin dall'inizio ha deciso di fuggire da ogni tentazione di realismo, preferendo un naturalismo: una stilizzazione dell'immagine che evitasse l'iperrealismo della computer grafica, lasciando al pubblico il compito di completare mentalmente l'immagine così come la narrazione.
È lo stesso principio applicato alle musiche, che Gints ama comporre da solo, davanti al pc: è una delle fasi che preferisce, perché è per lui un'arte che dà risultati immediati, un processo più veloce dell'animazione. Grazie anche all'aiuto di un compositore più professionale, Rihards Zalupe, ha potuto crearsi una vera e propria library di brani, che sperimentando ha assegnato alle sequenze del film, evitando la trappola delle "musiche provvisorie di riferimento", di solito rubate ad altre opere, come linea guida per un compositore che vi deve meccanicamente aderire. Non ama il cinema in cui la colonna sonora commenta e spiega ogni passaggio emotivo della storia: ancora, preferisce stimolare e incuriosire. "Non volevo dirvi a ogni minuto cosa provare".
Anche gli ambienti devono raccontare in questo modo. In quale mondo si ambienta Flow? Forse in una Terra alternativa: "Non volevo datarlo, ho evitato architetture moderne come i grattacieli, queste sono ambientazioni senza tempo". L'ispirazione è eterogenea e multiculturale: i ruderi della civiltà umana, nei quali gli animali s'imbattono, sono stati pensati - ribadisce - senz'alcuna intenzione di realismo, ma in favore del tipo di ripresa richiesta in una determinata sequenza, pensando a come il gatto potesse essere sovrastato da qualcosa che fosse assai più grande di lui.
Parola d'ordine? Avventura, nel senso pieno: raccontare una storia inaspettata, che ci porti in un universo inedito.

Flow, una sintesi dei media di oggi, per un'animazione europea libera dagli schemi

Già guardando il suo precedente Away, pensammo che il suo stile risentisse di una certa produzione videoludica indipendente, dato che diversi videogiochi attuali a basso / medio budget lavorano su una forte stilizzazione grafica, spesso rinunciando alla parola. Gli chiediamo se ci sia quest'ispirazione: non consciamente, ma Gints, classe 1990, non ha problemi nell'ammettere il nesso. Flow racconta seminando indizi narrativi nelle ambientazioni, come fanno diversi videogiochi, e la stessa immagine lavora spesso su focali corte, per contenere protagonista e ambientazione all'interno della stessa inquadratura, soluzione tipica dei videogame, parte del mondo visivo del pubblico più giovane (e non, aggiungiamo). Proprio la tecnica del piano sequenza potrebbe ricordare l'esplorazione continua di un ambiente virtuale con un avatar controllato da un giocatore. Detto questo, Flow è per Zilbalodis una somma spontanea di diverse influenze, non ultimo il documentario, che l'animazione permette di trasfigurare nella suddetta chiave meno realistica.
È grato a Guillermo del Toro per l'endorsement, ovviamente prezioso per attirare l'attenzione su un lavoro durato sei anni, ma non sogna un futuro con i finanziamenti di una major, anzi: il futuro per lui è nel cinema indipendente, perché non riesce nemmeno a immaginare come uno studio hollywoodiano gli avrebbe mai permesso di realizzare un'opera come Flow, senza renderla uguale a tante altre. Vuole rimanere con i piedi ben ancorati in Europa, e spera che sia proprio l'animazione a garantire un cinema diverso, più universale, sia dal punto di vista culturale sia da quello generazionale: il suo Flow parla a tutto il mondo... proprio perché nessun personaggio parla.

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