Cetto c'è, senzadubbiamente: senza Giulio Manfredonia Cetto al cinema non sarebbe lo stesso
Piccolo viaggio alla scoperta del fidato collaboratore di Antonio Albanese già suo aiuto regista per Uomo d'acqua dolce.
Alla guida di Cetto c'è, senzadubbiamente c'è Giulio Manfredonia, che ha solo 3 anni in meno di Antonio Albanese e che, come ha detto Lorenza Indovina, gli somiglia sempre di più, visto che sta pian piano perdendo i capelli. Regista e attore si conoscono da tanto tempo e lavorano insieme da oltre vent'anni, da quando Manfredonia era aiuto regista di Albanese per Uomo d'acqua dolce, uscito nel 1996. Nel 2004 i "rapporti di forza" fra i due sono cambiati sul set quando il primo ha diretto il secondo nella commedia E’ già ieri, remake di Ricomincio da capo in cui a sostituire la marmotta Fred che decideva dei destini dell'inverno erano le cicogne. Nel 2011, Qualunquemente ha segnato un nuovo sodalizio fra i due artisti e, nel 2014, è uscito il secondo capitolo della Trilogia d'u Pilu, quel Tutto tutto niente niente che incrociava tre storie e raccontava il rapporto con Roma, città dei palazzi e della politica. Parlando di Cetto c'è, senzadubbiamente e del suo regista, Antonio Albanese ha dichiarato: "Giulio è ogni volta più bravo, simo cresciuti insieme e in comune abbiamo la voglia di preservare il nostro modo di vivere e di lavorare. Prima di girare, abbiamo provato le scene come se fossimo in teatro. E' stato bellissimo".
Anche Manfredonia non può che pensare bene del suo compagno di avventure di cinema, e ha detto: "La nostra collaborazione è molto stretta, lavoriamo insieme come in un laboratorio dove uno di noi taglia e l'altro cuce. In questo film Antonio si è rivelato in forma smagliante, una macchina da guerra, una fucina di nuove idee alimentate da una nuova energia che segue sempre il suo stile".
A proposito di stile, Giulio Manfredonia ne ha uno tutto suo, anche se si mette al servizio dell'attore. "Credo che un film comico sia un film come tutti gli altri e che non debba necessariamente essere statico" - ha spiegato lui stesso in proposito. "Il cinema è un linguaggio in evoluzione, e il cinema comico assorbe le novità dei linguaggi, si modernizza. Il cinema comico ha bisogno del corpo, dell'interazione dei personaggi, la stessa macchina da presa è un personaggio nel cinema moderno, si muove insieme agli altri e in qualche modo ci dà un punto di vista. In questi anni il mio sforzo è stato trovare con la macchina da presa un linguaggio che accompagnasse Antonio in maniera corretta, a volte perfino restando fermo. E’ stato un processo più di pancia che di testa: laddove il mio sguardo si posava, subito mettevo la macchina da presa".
La filmografia di Giulio Manfredonia non si ferma alle commedie con Antonio Albanese. Il suo lungometraggio d'esordio, che guardava alla tradizione comica anglosassone, si intitolava Se fossi in te, raccontava di tre personaggi che si scambiavano corpo e identità e vedeva protagonisti Fabio De Luigi, Gioele Dix ed Emilio Solfrizzi. Si può fare narrava invece di un sindacalista (Claudio Bisio) alle prese con una delle tante cooperative sociali nate negli anni ottanta per dare lavoro ai pazienti dimessi dai manicomi in seguito alla Legge Basaglia. Nel curriculum del nostro filmmaker ci sono infine il documentario Sono stato negro pure io e la commedia "agricola" con Stefano Accorsi e Sergio Rubini La nostra terra.