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Cast Away: perché piangiamo per Wilson in questo viaggio spirituale insieme a Tom Hanks

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La narrazione di Cast Away, diretto da Robert Zemeckis e interpretato da Tom Hanks, evita accuratamente storie già viste. Questo è un film spirituale dove un uomo accetta il suo destino e riesce comunque a trovare un senso di gratitudine.

Cast Away: perché piangiamo per Wilson in questo viaggio spirituale insieme a Tom Hanks

Eh sì, alla fine del 2020 Cast Away avrà compiuto 20 anni. Il film diretto da Robert Zemeckis con il naufrago Tom Hanks uscì al cinema in tutto il mondo a cavallo tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001.
Al di là della spettacolarità di una storia fuori dell'ordinario in cui Tom Hanks recita da solo per la maggior parte della durata del film, Cast Away è un viaggio nella spiritualità di una persona comune travolta dal fato, del suo istinto di sopravvivenza e della resilienza alla quale si aggrappa con tutte le sue forze. Non si tratta di film basato su una storia vera, ma certamente è ispirato a diversi fatti realmente accaduti in cui alcune persone sono sopravvissute da sole per molti giorni dopo un naufragio in mare.

Cast Away: come il film evita la storia già vista scegliendo invece la spiritualità

Data l'idea di partenza, quella di un uomo che si ritrova naufrago su un'isola deserta, l'evoluzione più facile e prevedibile è stata consapevolmente scartata. Non abbiamo un uomo sgradevole, magari cinico, ipocrita, egoista, che si trova di fronte a un evento traumatico e ne viene fuori cambiato rispetto a prima. Il film non è quindi la classica favola di trasformazione di un individuo nella migliore versione di se stesso. La scelta, per volere di Robert Zemeckis e di Tom Hanks, è stata quella di raccontare di come destino possa scagliarsi su un uomo qualunque, un buono e che ha anche romantici progetti per la sua vita di coppia. Ma soprattutto, di raccontare come costui reagisca di fronte a uno stravolgimento epocale della sua vita.
Forza di volontà, istinto di sopravvivenza, resilienza e determinazione nel mantenere intatta quell'integrità spirituale che già gli apparteneva. Con questa scelta narrativa l'immedesimazione nel personaggio di Chuck si innesca fin dai primi minuti e sta a noi, guardando la sua avventura, capire come adattarci, gestire e superare le turbolenze della nostra vita quotidiana.
Cast Away si chiude con la più logica delle metafore: il protagonista è fermo a un incrocio stradale e sta a lui scegliere la sua nuova strada. Destino permettendo, certo, ma le sue ultime parole, le ultime parole pronunciate nel film sono "thank you". Chuck, nonostante tutto, esprime gratitudine alla vita. Una lezione da imparare.

Qual è il valore di Wilson e perché singhiozziamo per un pallone pieno di paglia

Come molti altri elementi del film, Wilson ha un significato preciso. Sul piano narrativo il pallone diventa casualmente l'amico immaginario di Chuck, perché sappiamo che la solitudine è insopportabile per molte persone, accettabile e desiderata per altre, ma indubbiamente è qualcosa che non ci augura di avere nel momento del bisogno. Wilson è il lasciapassare di Chuck per la salvezza psicologica, è contemporaneamente la sua coscienza e la proiezione di se stesso e delle sue aspettative di sopravvivenza.
Il pallone rappresenta il piano parallelo dove allocare le proprie risorse e lasciare che sia lui a custodirle, uno sdoppiamento necessario, come una sorta di tanica di carburante extra nel caso la principale riserva dovesse esaurirsi. La disperazione incombe in una situazione di emergenza costante e continuativa e Wilson è quell'amico che ti dà manforte, che ti tiene in carreggiata, che ti esorta a non mollare perché se non ce la fai a salvarti per te stesso, allora salvati per lui. Quando Chuck e Wilson lasciano l'isola verso chissà, una nuova rinascita forse, e Wilson viene portato via dalle onde, crolla l'ultimo baluardo di umanità e scende come una tenebra la solitudine.
A quel punto non è più la salvezza che conta, perché Chuck è pronto a morire per salvarlo. A morire insieme a lui, al custode delle sue frustrazioni, della sua rabbia, delle sue speranze. Sangue del suo sangue. Morire sì, ma insieme. Questo è il momento pulsante di Cast Away, il più struggente: la sopravvivenza non conta se non c'è una condivisione di affetti. Chuck torna alla zattera perché, ciò che passa tra le righe della narrazione, è che Wilson compie il suo lavoro con l'ultimo gesto: è lui a dirgli di tornare indietro.

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