Bridget Jones's Baby: vi raccontiamo l'atmosfera che si respirava alla proiezione stampa e le prime reazioni
Il terzo film con protagonista la single inglese (non più) cicciottella arriva in sala il 22 settembre.
Ancora un po’ di pazienza e la recensione di Bridget Jones’s Baby arriverà. Diciamolo subito, lo abbiamo adorato, ma occorre ponderare un altro po’ per spiegare i cento perchè del nostro altissimo gradimento, e dunque, oggi che tutti parlano del terzo film sulle avventure della bionda inglese paffutella, ci è venuto in mente di raccontarvi che atmosfera si respirava ieri alla proiezione stampa romana.
Da esponente del gentil sesso, e qui passo alla prima persona, ho trepidato per tutto il pomeriggio - quasi avessi 15 anni e un appuntamento con il ragazzo più carino del liceo - e proprio non ce l’ho fatta a non rivedermi Che pasticcio, Bridget Jones!, secondo film della serie che ho continuato a trovare decisamente inferiore rispetto al primo. Così, qualche ora dopo, eccomi al Cinema Barberini di Roma, dove la Universal aveva organizzato le cose in grande, sfruttando innazitutto l’ossessione dell’essere fotografati che ormai, ahimé, tutti ci caratterizza. Vicino al tavolo su cui troneggiavano le liste dei mille partecipanti, era stato infatti posizionato un cartellone del film in cui al posto del viso della protagonista c’era un buco in cui mettere la propria faccia. Avrei tanto voluto assaporare l’ebberezza dell’esperienza, ma la fila era chilometrica e la lotta al coltello, nonostante fra le aspiranti Bridget Jones ci fossero colleghe più vicine ai 70 che ai 20. La foto insomma non l’ho fatta e adesso provo un’invidia quasi cattiva per chi ha aspettato pazientemente l’arrivo del proprio turno.
Naturalmente, nello spazio antistante l’ingresso della Sala 2 c’era una troupe pronta a immortalare l’arrivo dei fan, e ad alcune giornaliste avvezze alla tv è stato chiesto di trattenersi a fine film per una piccola intervista video. Il che ha comportato la firma di una liberatoria su cui indicare sesso, abbigliamento e colore dei vestiti. Ai "miserelli" che invece non hanno il dono della parlantina e la capacità di bucare lo schermo, è stato semplicemente consegnato il cosiddetto foglio delle "reactions" (si usa il termine inglese, "commenti" è cosiderato vetusto).
La sala era piena, anzi pienissima, tutti schiamazzavano, tutti si ingozzavano di popcorn come se non ci fosse un domani, ruminando come grossi roditori. Ma quando le luci si sono spente, solo il silenzio ha regnato. Ma è durata poco, perchè per 2 ore e 3 minuti di godimento puro ben poche scene non sono state accompagnate da risate, urletti e applausi, anche se Renée (complice qualche "aiutino" di cui si è parlato e straparlato), non era esattamente quella di prima e Hugh Grant alias Daniel Cleaver "appariva" appena. Fra citazioni dei film precedenti, brani musicali-tormentone e Colin Firth che "giocava" con la rigidità del se stesso attore e del sofisticato Mark Darcy, Bridget Jones’s Baby ha fatto centro fotogramma dopo fotogramma e gli "ooooooh" e "aaaaaah" erano anche per Patrick Dempsey, meglio conosciuto come il Derek Sheperd di Grey’s Anatomy.
Il tempo è volato durante la proiezione di Bridget Jones’s Baby e, voltandomi a guardare gli altri spettatori, proprio come faceva Amélie Poulain ne Il favoloso mondo di Amélie, ho avvertito quel brivido che spesso mi manca quando guardo un film insieme ai colleghi, a volte individui seriosi chini sui loro taccuini o giovani influencer intenti a twittare ogni singola impressione. No, mi sentivo parte di una comunità e avvertivo la vita intorno a me, e ho ripensato alla scena del teatro di Roma di Federico Fellini (anche se là fischiavano) o a quando andavo al Metropolitan il sabato pomeriggio negli anni ’90 e la gente urlava entusiasta, e a volte tirava gomme da masticare dalla galleria.
Il terzo film di Bridget Jones esce il 22 settembre e l’augurio è che lo vedano in tanti, meglio se in lingua originale. In molti ieri ce la siamo spassata, anche se ci sabbe piaciuto un mondo tornarcene nelle nostre cassette con un gadget: un quadernino, una boule de neige con Piccadilly Circus all’interno o magari un paio di quei mutandoni ascellari che hanno il grande pregio di fare la pancia piatta. Bridget, we love you!