9 settimane e mezzo compie 30 anni... e senza sfumature di grigio
Impressioni, ricordi e pensieri sul cult erotico con Kim Basinger e Mickey Rourke.
Uscito esattamente trent'anni fa nell'epoca di Ronald Reagan e del rampantismo yuppie, 9 settimane e ½ non si affermò immediatamente come un fenomeno di culto, un film blandamente erotico destinato a realizzare virtualmente i sogni a luci rosse di gente comune mediamente garbata. No, l’accoglienza sulle prime fu tiepida e l’incasso al botteghino USA pari solamente a 7 milioni di dollari. Poi, improvvisamente, la bollente storia d’amore fra una bionda gallerista e un malinconico arbitraggista di New York diventò un mito cinematografico nonché una delle videocassette più noleggiate e acquistate di sempre, trasformando la versione cantata da Joe Cocker di "You Can Leave Your Hat On" in un inno alla malizia e a una sessualità libera e spregiudicata. Chi poteva, si precipitò in sala e si godette la visione, infischiandosene degli evidenti buchi narrativi (per esempio una frusta comprata e mai utilizzata). Gli altri si fecero raccontare per filo e per segno le scene più chiacchierate, prime fra tutte quelle che coinvolgevano cibo e ghiaccio.
Ispirato a un romanzo di una certa Ingeborg Day, in arte Elizabeth McNeill, 9 settimane e ½ fu un’importane rampa di lancio per Kim Basinger e Mickey Rourke, entrambi di rara bellezza e sensualità. Durante le riprese, lei utilizzò spesso una controfigura, mentre lui perse peso per poter mostrare con orgoglio un fisico perfettamente scolpito. Oggi, a guadare il taglio di capelli di lui e i maxi-pull di lei un po’ si rabbrividisce, ma era il look dell’epoca e aveva i suoi estimatori. A proposito di look, guardate l’effetto che ha su Elizabeth l’incontro con lo stiloso John.
Non sempre i racconti dal set sono veritieri, ma sembra che Adrian Lyne (che poi è il regista di Flashdance, altro "must" degli Eighties) sia stato un po’ cattivello con la Basinger mentre giravano 9 settimane e ½, facendo di tutto perché l’attrice si sentisse psicologicamente manipolata. Lei stessa raccontò, a riprese ultimate, di essere stata tenuta lontana da Rourke durante le pause di lavoro e di aver ricevuto un trattamento certamente meno gentile. Il motivo? Aumentare la sua frustrazione e quindi la rabbia della sua Elizabeth, mai così sexy come in una sequenza sotto la pioggia.
Nonostante la voglia di intrattenere, 9 settimane e ½ non era poi così superficiale. Il personaggio femminile era una donna "moderna", che rifiutava di essere ridotta a un oggetto di piacere e che alla fine si sottraeva al gioco pericoloso dell’amato. Parliamoci chiaro, il fascinoso John che tante spettatrici ha ammaliato altro non era se non uno psicopatico, un maniaco del controllo da cui fuggire a gambe levate, nonostante regali pregiati come orologi d’oro e scialli da 300 dollari.
Rivedere 9 settimane e ½ nel 2016 può essere un’esperienza divertente, antropologicamente interessante oppure nostalgica. Può anche aiutare a capire che il pruriginoso romanzo di E.L. James "Cinquanta sfumature di grigio" non è poi un’opera così originale. La tendenza a dominare di Christian Grey e i suoi giochini pericolosi erano già caratteristiche del personaggio di Rourke, meno incline al sadomaso, certo, ma ugualmente asservito a più o meno lecite manie. Epperò il riccone di Mickey era e rimane più simpatico, perché almeno lui sorrideva, uh quanto sorrideva, come si vede da questa bella foto.
Dobbiamo aspettarci prima o poi un nuovo sequel di 9 settimane e ½ (il primo fu 9 settimane e ½ - La conclusione)? Quasi sicuramente no. E allora, l’unica cosa in cui possiamo sperare è nell’uscita della vera versione director’s cut del film, quella di più di tre ore comprensiva di una scena con i barbiturici, una con Elizabeth ammanettata e una con un reciproco patto di suicidio. Buon compleanno, Nine Weeks!