Interviste Cinema

X-Men Apocalypse: sul set del film con il mago degli effetti speciali John Dykstra

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La nostra intervista al Premio Oscar per Guerre Stellari e Spider-Man 2.

X-Men Apocalypse: sul set del film con il mago degli effetti speciali John Dykstra

Il primo Oscar l'ha vinto per Guerre Stellari, cambiando per sempre l'estetica del cinema di fantascienza. Il secondo quasi trent'anni dopo per Spider-Man 2. In mezzo a questi due film John Dykstra, uno dei grandi artisti degli effetti speciali contemporanei, ha continuato a innovare cercando nuove strade per coniugare visione e storytelling. Perché per lui il cinema significa prima di tutto racconto, anche per immagini. Il suo percorso umano e professionale lo ha portato sul set di X-Men: Apocalypse, il prossimo attesissimo blockbuster di Bryan Singer dove abbiamo avuto l'onore di intervistarlo

Cosa l'spinta ad accettare di realizzare gli effetti speciali di questo film?
Quello che mi interessa maggiormente della saga di X-Men è che i poteri dei personaggi, crescendo durante i vari film, contribuiscono allo sviluppo delle storie oltre che all'aspetto visivo. Il modo in cui i poteri sono visualizzati garantisce un'ampia gamma di scelta e insieme supporta la trama principale. Col passare dei film ma anche all'interno dello stesso si può lavorare su una versione sempre aggiornata di un personaggio e del suo potere, e questo per il supervisore degli effetti speciali rappresenta una sfida artistica intrigante. In X-Men: Apocalypse ad esempio Magneto farà qualcosa di mai visto prima, ed era una bella sfida perché in passato ha fatto davvero di tutto! Ecco il divertimento, gli effetti speciali in franchise come questo devono sembrare insieme nuovi ma anche una versione migliorata del film precedente. Per fortuna alcuni personaggi usano la telepatia, con quella non devo sforzarmi molto.

Essendo il film ambientato negli anni 80 è stato difficile coniugare effetti speciali e ricostruzione d'epoca?
Non è stato un gran problema per gli effetti riprodotti al computer, si è trattato per di più di una questione meccanica o di look. Abbiamo dovuto sistemare molti palazzi che sembravano troppo contemporanei, abbiamo lavorato sulle macchine d'epoca mescolandole in ambienti con altre di oggi. E' stata più una questione di design che qualcosa di veramente creativo.

Può raccontarci come ha ideato la new entry più importante del film, Apocalypse?
E' stato un personaggio complesso da delineare, io personalmente non sapevo da dove partire. Il lato umano o quello mutante: cosa dovevo rendere visivamente più forte? Il suo potere principale è quello di manipolare la struttura molecolare delle cose, il che può praticamente significare tutto e al tempo stesso ha un valore molto evocativo. Ad esempio se devi rendere un potere che ha a che fare con la luce sai esattamente come riprodurlo, il pubblico si aspetta giustamente lampi o cose del genere. Quando si tratta come nel caso di Apocalypse di scomporre qualsiasi cosa e adoperare per esempio la sublimazione, lo stato gassoso che passa direttamente al solido senza passare per il liquido, non c'è un referente visivo specifico per questo. Il pubblico ha sempre bisogno di un appiglio fisico, altrimenti l'effetto speciale risulta pura magia e non funziona a livello inconscio. Bisogna sempre fare in modo che gli spettatori percepiscano che quello che sta accadendo sul grande schermo possa in qualche modo accadere a livello fisico, altrimenti è come barare.

Alternerete effetti meccanici e altri digitali per X-Men: Apocalypse?
Stiamo cercando di usare effetti speciali meccanici e pratici il più possibile perché credo che il lavoro al computer ti dia più potere ma al tempo stesso ti limiti. Adesso con il digitale possiamo riprodurre qualsiasi effetto, e questo comporta che oggi in molti film succedono cose che in realtà non è necessario succedano. Questo significa sempre meno tempo speso a pensare come far accadere gli eventi, come l'immagine si relaziona alla storia. Insomma se il computer ti avvantaggia a livello creativo poi invece ti limita perché quel grado di incertezza e possibilità che qualcosa accada sul set viene sfruttato sempre meno. Per me l'ispirazione deve comunque venire da ciò che succede davanti la macchina da presa, ma è sempre più raro. Quando ho cominciato io tutto doveva avvenire sul set, poi si mettevano insieme sei o sette pezzi di pellicola ed ecco che la magia avveniva. Con il computer non hai più limitazioni ma hai perso il processo di creazione sul momento, che ha un valore ancora inestimabile.

Da come parla del suo lavoro non sembra più molto divertente...
Esatto, adesso mi diverto molto meno! Oggi l'unica parte interessante è pensare a come adoperare gli effetti speciali per rinforzare la storia, il loro senso all'interno del racconto. Negli ultimi anni ci ho speso più tempo, prima lavoravo sempre sul set cercando di capire come far funzionare la macchina da presa in condizioni all'apparenza impossibili. Adesso è proprio cambiato il vocabolario cinematografico, ambiente e inquadratura non sono più difficili da coniugare, il segreto sta nel far vedere tutti i dettagli al meglio possibile. Questa è la nuova frontiera e la nuova sfida per gli effetti speciali, non far vedere un palazzo che crolla. Ogni dannato film oggi ha un palazzo che crolla! Invece di vedere cose esplodere dovremmo dedicarci alla ricerca molecolare o allo studio del movimento. Penso che il "bullett time" visto in Matrix sia il miglior esempio prodotto dal cinema contemporaneo in questo senso.

Questo è il concetto alla base degli effetti speciali di X-Men: Apocalypse?
In un certo senso. Per Apocalypse come detto dovevo rendere manifesto qualcosa che non è particolarmente visibile. Mi sono ispirato proprio al bullet time nella sua idea di base, ho preso piccole porzioni di materia e ho iniziato a scomporle, l'approccio è stato quasi scientifico. Ovviamente non è reale, è un trucco, ma alla base c'è la verosimiglianza. E' lo stesso principio che ho adoperato quando ho dovuto inventare gli effetti per Quicksilver: è impossibile quello che stai vedendo ma comunque nell'immagine sono stati applicati alcuni principi di aerodinamica che rendono le immagini almeno verosimili. Uno dei trucchi maggiori che abbiamo usato nelle scene con Apocalypse è stato l'utilizzo di modellini di palazzi e altre componenti ambientali in modo da tenere tutto a fuoco durante l'inquadratura, e non disperdere l'attenzione dello spettatore, il quale in questo modo vede tutto ciò che succede nell'azione con la stessa percezione. Come dicevo, attenzione ai dettagli. Il divertimento di Apocalypse è che con Bryan Singer lo conosciamo sempre di più girando il film, e questo aumenta il nostro entusiasmo nel mostrarne i poteri.

Siete rimasti fedeli ai poteri originari degli X-Men dei fumetti?
Sì, molto, ma abbiamo il vantaggio di poterli mostrare in differenti periodi temporali, così ad esempio abbiamo potuto variarne l'intensità e gli effetti distruttivi. L'interazione con l'ambiente è ovviamente molto maggiore che nei comic book. Quando il set diventa il modo reale ciò cambia in maniera molto significativa l’impatto che ha sui personaggi e le loro azioni. Gotham ad esempio è un’ambientazione del tutto differente da New York, anche se tutti sappiamo che sono la stessa città. Portare le regole dei fumetti nel modo reale è una questione molto delicata, complessa da maneggiare, e come l'ha fatto Bryan Singer nei suoi film dedicati agli X-Men è qualcosa di innovativo.

Come decide quali affetti speciali adoperare nelle varie scene?
Non decido io, lo facciamo tutti insieme e poi io eseguo. Un film è sempre uno sforzo collettivo. La sceneggiatura nella maggior parte dei casi non descrive gli effetti speciali, quindi si tratta di un processo creativo molto legato a set e post-produzione. Perciò regista, attori e tutti coloro che leggono lo script possono contribuire con la loro visione. Alla fine il regista diventa una specie di arbitro d'idee prese da altri, e uno davvero bravo cerca sempre di rubarne le migliori da altri membri del cast.

Come si è trovato a lavorare con Bryan Singer?
E’ la prima volta che collaboro con lui, ciò che mi ha sorpreso è quanto conosca intimamente questi personaggi, come sappia perfettamente quale affetto speciale e in quale scala si addica loro. Bryan conosce la proporzione adatta a ogni individualità, e mi trasferisce questi concetti giorno dopo giorno. Avere un regista che capisce i personaggi nel loro contesto è un grandissimo aiuto per realizzare buoni effetti speciali.

Quale altra sfida vorrebbe affrontare nel suo futuro?
Vorrei tornare a montare macchine da presa su motociclette invece di devastare intere città con fuoco e fiamme. Ma ormai credo quel tempo sia passato, quindi continuerò a fare il meglio che posso cercando di adoperare gli effetti speciali come forma di racconto e come arte dell'immagine.

X-Men: Apocalypse uscirà nei cinema italiani il 19 maggio 2016

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