Interviste Cinema

Valeria Golino racconta Miele, il film che segna il suo esordio nella regia

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Un film che uscità in tutta Italia il 1° maggio e che rappresenterà la nostra cinematografia all'imminente Festival di Cannes.

Valeria Golino racconta Miele, il film che segna il suo esordio nella regia

Esordio nella regia di Valeria Golino, che ha meritoriamente scelto di non recitarvi (e di non offrire ruoli al compagno Riccardo Scamarcio, che produce), Miele è uno di quei film che, appena terminata la proiezione, gli addetti ai lavori amano descrivere con quella formula oramai un po’ stereotipata e, dopo Boris, un po’ risibile del “non sembra italiano”.
Liberamente tratto da un tratto da un romanzo di Mauro Covacich, “A nome tuo”, pubblicato da Einaudi, Miele tratta infatti, come precisa la stessa regista “non di eutanasia ma di suicidio assistito, che sono due cose molto diverse: qui si parla di decisioni conscie del malato che da un certo punto in poi deve fare tutto da solo.”
Protagonista è infatti una ragazza, interpretata da una Jasmine Trica sofferta e dai capelli corti, che si occupa di assistere coloro che scelgono di togliersi la vita perché affetti da malattie terminali o drammaticamente invalidanti.

“Ho letto il romanzo tre anni fa, quando era uscito con un altro titolo e sotto pseudonimo,” racconta Valeria Golino, “mi era sembrato fulminante, contemporaneo, doloroso e provocatorio, con un personaggio femminile inedito nel panorama letterario e ancor di più cinematografico italiano. Ne abbiamo parlato con i miei partner produttivi e ne abbiamo acquisito i diritti.
Inizialmente avevamo un po’ paura e c’era incertezza, soprattutto da parte mia, sul fatto di affidarlo a me come regista,” prosegue con sincera modestia, “dato che è un film difficile per un esordio: non perché l’argomento fosse troppo ostico, ma semmai perché la mia inesperienza mi avrebbe penalizzato nel raccontare la storia come avremmo voluto.”

Dopo aver specificato che sulla storia del romanzo lei e le sue cosceneggiatrici, Valia Santella e Francesca Marciano, sono intervenute moltissimo, filtrandola e reintepretandola secondo un filtro e un’etica tutti personali, la Golino spiega poi perché né lei né Scamarcio appaiono nel film come interpreti: “Io volevo che il personaggio della protagonista fosse più giovane di me, e non abbiamo mai realmente pensato che potessi essere io ad interpretarlo. E poi ero più curiosa di filmare qualcun’altro che non me, volevo come primo istinto pensare agli altri. Anche per quanto riguarda Riccardo, abbiamo valutato che non fossero personaggi giusti per lui quelli poi affidati a Libero De Rienzo e Vinicio Marchioni.”

Pur trattando un tema spinoso e controverso, eticamente e, soprattutto nel nostro paese, politicamente, Miele è un film che rifugge ogni militanza. “Quel che mi sembrava più interessante,  mentre scrivevamo, era semplicemente raccontare questa storia,” spiega la Golino. “Questo, prima che una qualche urgenza etica o politica, è stata la spinta primaria per girare il film. Poi certo, trattiamo di temi che sono dei tabù, ma più per le istituzioni e per la politica che per la gente comune. Questo  un film che si pone delle domande: non ho voluto prendere posizioni definitive, ho voluto lasciare molto aperto, pur pensando fermamente che ogni essere umano abbia il diritto di decidere del proprio corpo, della propria vita e di come terminarla. Certo, ci sono mille implicazioni in questo, che cambiano da storia a storia, da caso a caso: e con il film ho voluto addentrarmi in queste implicazioni e in questi dubbi.”
La neoregista, poi, si è autoimposta dei limiti precisi per quanto riguarda il mostrabile di situazioni tanto delicate, nel contesto di un film che però non si risparmia molto: “In questo film la morte non si vede mai, davvero. Si vede un rituale, perché volevo che si sentisse il peso e la tensione di un momento grave e sacro, ma non volevo vedere le morti.”

Ricevuti molti complimenti per le doti dimostrare dietro la macchina da presa, Valeria Golino spiega di non avere ancora un metodo registico preciso, di procedere ancora in maniera caotica e disordinata. Ma di aver sempre saputo quel che voleva dal film anche dal punto di vista estetico: “Volevo che il film fosse libero e formale al tempo stesso, volevo serietà senza fronzoli nell’inquadratura ma con la libertà di far accadere piccoli incidenti di luce o altro. Alcune delle cose più belle del film dal punto di vista visivo le ho dovute lasciare fuori, perchè mi pareva che il materiale non reggesse troppe estetizzazioni. Il tema del film impedisce l’inutile, e quindi tutte le volte che mi sono spinta troppo in là sono poi dovuta tornare indietro.”

Tornare, Valeria Golino tornerà anche a Cannes, dove Miele sarà presentato nella sezione Un certain regard. E, a chi gli chiede come si senta per questo, la regista non si trincera dietro false modestie inutilmente blasé e risponde con un sorriso a trentadue denti: “Ne sono molto, molto contenta. Davvero.”

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