Un'estate da registi - incontro con gli esordienti Jim Rash e Nat Faxon
Attori, sceneggiatori, ora anche registi con C'era una volta un'estate
Registi si diventa in vari modi. Uno di questi è iniziare una carriera come sceneggiatori, vincere un Oscar (per Paradiso amaro nel nostro caso), e quindi usare il credito acquisito per farsi produrre dalla Fox Searchlight l’esordio alla regia. È accaduto alla coppia che c’è dietro C’era una volta un’estate, presentato al Sundance e ora al Torino Film Festival. Proprio in questa occasione li abbiamo incontrati.
Sono molto diversi: Jim Rash è il migherlino con occhiali che ti aspetti di trovare in un istituto di ricerca, con una somiglianza spiccata con Steven Soderbergh, mentre Nat Faxon ha il fisico da attore di film d’azione, sportivo, più simile all’immagine dell’americano da spiaggia. Una coppia complementare dal punto di vista dell’aspetto fisico, ma soprattutto da quello professionale. Sono entrambi attori e hanno interpretato un piccolo ruolo anche in C’era una volta un’estate.
Nat è in realtà una presenza televisiva costante da tempo: ha interpretato il ruolo di protagonista della sitcom della FOX Ben & Kate, cancellata dopo tredici episodi per i pessimi risultati di audience, mentre al cinema lo ricordiamo in Orange County e Bad Teacher. Dal canto suo Jim ha una carriera ancora più lunga come caratterista, sia al cinema (Minority Report, S1m0ne) che in televisione (Reno 911 e Community). Di seguito vi proponiamo un’estratto della nostra intervista.
Di solito abbiamo un’idea ben precisa di Steve Carell, del modo in cui viene percepito al cinema. Questa volta l’avete cambiata completamente, interpreta un bastardo
Jim Rash Il modo in cui appare nel film è quello in cui è nella vita vera. È uno difficile [ride]. No, davvero, scherzo, è un tipo fantastico e ha amato interpretare un personaggio decisamente diverso da quelli in cui lo vediamo con più frequenza. Anche per noi è stato interessante, volevamo una persona che istintivamente piacesse per il suo personaggio. Era importante per capire come mai il personaggio di Toni Collette ne fosse stata attratta e perché i suoi amici amano far festa con lui. Steve era quindi perfetto, poi il suo è un personaggio che non evolve, che rimane bloccato in questo circolo vizioso, non cambia. Tanto che alla fine finisci quasi per simpatizzare con lui, perché non ne uscirà mai fuori e la cosa ti spiace quasi. Credo che la sua performance nel ruolo sia incredibile.
Avete scelto di ambientare questa storia durante l’estate, un momento molto importante nella crescita di ognuno di noi. Pensiamo anche come è stato raccontato al cinema, da Stand by Me ai giorni nostri. È interessante poi aver scelto il punto di vista del ragazzo, con tutti gli adulti che sono solo uno sfondo. Una prospettiva, anche dal punto di vista generazionale, molto diversa da Paradiso amaro
Jim Rash Il film viene dai nostri ricordi di quando avevamo l’età di Duncan, il protagonista, dalle nostre vacanze estive. Anche se si proveniva da zone diverse degli Stati Uniti si finiva per andare in vacanza in un posto specifico, anno dopo anno sempre lo stesso, che a suo modo diventava un mondo. Questo è un ricordo visto dal nostro punto di vista, perché vedevamo i nostri genitori, che si divertivano, bevevano, perché era una valvola di sfogo dal lavoro. Quindi nel ricordo noi eravamo proiettati al di fuori delle loro serate, anche se era un periodo diverso in cui la sicurezza era meno un problema e i ragazzi potevano andare in giro più liberamente. Ma è questo il motivo per cui volevamo avere quel tipo di punto di vista, poi anche perché sia Duncan che la madre sono dei pesci fuor d’acqua, così potevamo mostrare anche il punto di vista di un adulto sulla questione. Per quanto riguarda Paradiso amaro, sì, in effetti raccontava di un adulto dal rapporto sconnesso con le figlie che non riesce a capire, ma questa storia è sicuramente più vicina alle nostre esperienze reali.
Nat Faxon La prima scena in assoluto del film è stata di grande ispirazione, una situazione autobiografica accaduta a Jim, che dà modo a chi vede il film di avere subito un punto di vista in partenza, quando il patrigno dice al figliastro che vale tre su dieci, lo umilia. Fa capire subito allo spettatore il perché abbiamo scelto quella direzione.
È interessante che sempre di più al cinema, come nella realtà, gli adulti sono quelli immaturi rispetto ai ragazzi. Viviamo in un mondo in cui tutti gli adulti vorrebbero non esserlo e tornare giovani, mentre quelli che lo sono veramente sono molto più maturi
Jim Rash Certe volte ci dimentichiamo che alla loro età i ragazzi non capiscono il sarcasmo. È interessante partire da quel punto di vista in un periodo in cui è decisamente più semplice, le cose per loro hanno il valore più immediato. Se dici a un ragazzo che vale tre in una scala fino a dieci non analizzano il tono, ma capiscono che non valgono, senza le sfumature interpretative del mondo adulto, per cui è sempre un posto interessante da cui partire, da cui scrivere, perché sono più onesti di tutti noi. Poi da adulti impariamo a usare della gentilezza nei confronti delle persone anche se non ci interessa nulla di loro, mentre un ragazzo fa semplicemente una scelta: non mi piaci! Solo per quello che (non) significhi per me.
Come è andata la prima volta dietro la camera, con la grande novità della direzione degli attori. Vi siete divisi il lavoro?
Nat Faxon è stato molto differente, una vera sfida, senza dubbio, ma anche estremamente gratificante. Siamo amici da tanto tempo e scriviamo insieme da un periodo altrettanto lungo, per cui alla fine è stata un po’ una estensione del modo in cui normalmente lavoriamo insieme, collaborando e rispettando le idee dell’altro. Abbiamo fatto preso le decisioni insieme, non ci siamo divisi il lavoro con uno che si occupava della parte tecnica e l’altro della direzione degli attori. Non volevamo riempire la testa degli attori con troppe osservazioni e pensieri discordanti. Credo che abbia aiutato il fatto che entrambi siamo anche attori per capire come volevamo che fosse il set.