Trent’anni con Stanley Kubrick
Il documentario S Is For Stanley racconta il rapporto fra il regista e il suo autista italiano.
Più che un autista, sempre più un amico. Questo e ancora di più è stato lungo quasi trent’anni per Stanley Kubrick un italiano di Cassino, Emilio D’Alessandro, emigrato in Inghilterra a cercare fortuna nel 1960 e poi negli anni ’70 entrato casualmente nel ristretto circolo dei collaboratori più intimi del grande regista. L’autista italiano diventò negli anni sempre più indispensabile alla vita quotidiana, non solo professionale, del genio recluso del cinema. Un rapporto scandito dalla realizzazione di capolavori come Arancia meccanica, Barry Lyndon, Shining, Full Metal Jacket e l’ultimo, Eyes Wide Shut, quando Stanley e Emilio, dopo alcuni anni distanti, erano ormai più amici che compagni di lavoro.
S if For Stanley, presentato alla Festa di Roma, è un documentario di Alex Infascelli che racconta la storia di questo rapporto, adattando il libro di memorie "Stanley Kubrick e me", scritto da D’Alessandro insieme a Filippo Ulivieri. Ne abbiamo parlato con Infascelli e con lo stesso protagonista, che ha ricordato come “il lavoro al libro e poi al film mi hanno portato a credere che Stanley fosse morto. Perché per anni non ci credevo, quando sentivo squillare il telefono pensavo pensavo fosse lui”.
Un telefono sempre bollente in casa D’Alessandro, lo racconta anche la moglie Janette, presente sia nel documentario che a Roma, ricordando il patto che aveva con il regista: “io sono diretta, non timida come Emilio. Quindi avevamo stabilito che gli avrei detto chiaramente se avevo bisogno di mio marito, senza che lui potesse chiedere l’impossibile a orari impensabili. Lui poteva dire che era solo una questione di un giorno, ma sapevo benissimo che sarebbero diventate una settimana e più. “
Era veramente scontroso e maniacale? Assolutamente no, dice D’Alessandro, che descrive Kubrick come “una persona gentile che rispettava tutti. Era solo importante per lui non perdere tempo e se seguivi questa regola ti ricompensava, valeva anche per la sua troupe. Amava lavorare con le stesse persone e se era costretto a chiamare persone nuove prendeva scrupolosamente informazioni sulla loro affidabilità."
Infascelli parla invece del regista americano trapiantato nella campagna inglese con l’entusiasmo del grande appassionato. “La sensazione che avevamo adattando il libro era quella di entrare a casa di un signore di cui tutti conoscevamo solo l’aspetto artistico, di cui esistono poche immagini filmate. Kubrick è un alieno, è incredibile come uno con la sua personalità abbia realizzato film così diversi uno dall’altro. Ogni volta che iniziavi a vedere un suo film era un’esperienza sempre vergine”.
Uno dei momenti più divertenti di un film toccante e convincente, è quando Emilio D’Alessandro parla di Jack Nicholson. Non potevamo non chiedergli conferma della sua limitata passione per il grande Jack. “Bravissimo attore, però quando Stanley mi chiese cosa ne pensassi prima della riprese di Shining io risposi che avrei preferito Charles Bronson. Poi girando ho visto come si comportava e mi sono reso conto che era la scelta giusta. Giacca e camicia ed era il protagonista del film. Faceva un po’ il gallo, non potevo digerire proprio il fatto che prendeva tutte quelle sostanze. Con Stanley, però, andavano molto d’accordo, sono rimasti amici”.
Nei primi anni ’90 la decisione di tornare a Cassino, di stare vicino ai genitori. Quindi il distacco da Kubrick, doloroso e non definitivo, seguito da un ritorno durante il periodo delle riprese di Eyes Wide Shut, fino a quel maledetto 7 marzo 1999 in cui Kubrick morì nel corso della notte. Un periodo in cui i due amici raccontati in S is For Stanley consolidarono ancora di più il loro legame affettivo oltre che professionale. Kubrick inserisce nel film un Caffé da Emilio e coinvolge la signora Janette come comparsa, in modo da tenerla vicino al marito.
Un’esperienza che entrambi i coniugi presenti oggi a Roma ricordano con particolare affetto. “Giorni unici, mi ha inserito in praticamente ogni scena, in modo che potessi essere vicino ad Emilio, prenderci un caffé ogni tanto. La gente mi vedeva sempre presente e si chiedeva chi fossi mai.” Il marito la pensa allo stesso modo, ma con un punto di vista diverso. “È stata l’occasione per lei di vedere cosa facessi per tutte quelle al giorno, rendersi conto che impiegavo bene il mio tempo.”
Ma come sono i rapporti fra la coppia e la vedova Christiane? “Molto buoni”, interviene Janette. “Proprio pochi mesi fa siamo stati a Londra per i 35 anni delle riprese di Shining; è stata una giornata bellissima. Abbiamo rivisto gli studi, che ora sono diventati in parte un supermercato, rimanendo impressionati dal vedere solo un terreno dove era stato ricostruito l’Overlook Hotel. Rivedere chi aveva lavorato al film è stato per Emilio in particolare molto emozionante. Poi abbiamo rivisto i gemelli. Ora sono cresciuti e belli alti, ma sono sempre gemelli”.
Come non venire conquistati dalla spontaneità di questa coppia comune trovatasi a vivere un’amicizia con un uomo così fuori dal comune. Molti altri aneddoti li trovate nel documentario S is For Stanley, che sta ricevendo molte offerte da distributori italiani e stranieri. Presto si saprà come potrete vederlo, noi vi consigliamo di non perderlo, specie se, come noi, siete cresciuti amando alla follia il cinema di quel folle amico di Emilio D’Alessandro, quello Stanley Kubrick.