Interviste Cinema
Tornando a casa per Natale, parla il regista Bent Hamer
Il Natale può essere raccontato in diversi modi, rispetto a quelli che il nostro cinema abitualmente propone. Bent Hamer, regista norvegese apprezzato a livello internazionale con titoli come Kitchen Stories e Il mondo di Horten, è a Roma per presentare la sua personale visione delle feste
Tornando a casa per Natale, parla il regista norvegese Bent Hamer
Il Natale può essere raccontato in diversi modi, rispetto a quelli che il nostro cinema abitualmente propone. Bent Hamer, regista norvegese apprezzato a livello internazionale con titoli come Kitchen Stories e Il mondo di Horten, è in Italia per presentare la sua personale visione delle feste con il film Tornando a casa per Natale. “C’è una donna dietro ogni uomo”, con questa frase esordisce in conferenza stampa il regista, “infatti è stata mia moglie a suggerirmi di leggere la raccolta di storie brevi di Levi Henriksen” dal quale il film è tratto, “per ché secondo lei c’era qualcosa che i miei film precedenti avevano in comune con questo autore, così ho selezionato sette storie su dodici e le ho messe insieme nel film”.
Bent Hamer non aveva intenzione inizialmente di ambientare le storie proprio la vigilia di Natale, mentre nel libro tutto accade nel mese di dicembre senza una precisa collocazione, ma “la notte di Natale aveva la giusta atmosfera per vedere determinate situazioni in cui le persone sole si trovano ad affrontare delle sfide, persone che non vivono in un tradizionale ambiente familiare”.
La malinconia emerge in effetti in tutti i personaggi ed è messa in risalto proprio dall’accostamento multicolore delle decorazioni natalizie, non a caso il regista descrive la solitudine dei paesi nordici come la “malinconia della cintura della vodka” che va dalla Norvegia alla Russia, attraversando ovviamente Svezia e Finlandia. “Anche a New York ci sono persone sole, ma è più difficile individuarle” continua Hamer il quale, alle osservazioni sollevate dai suoi connazionali a proposito di come ne descrive la disperazione, risponde che “il mio è soltanto un modo stilistico di raccontare la vita delle persone più fragili, più inclini a mostrare le proprie debolezze, e se è per questo i finlandesi sono anche peggio”. In Norvegia, scherza il regista, si dice che un finlandese vuole comunicare con un altro quando sposta lo sguardo dalla punta dei propri piedi a quella dei piedi del suo interlocutore.
Sorprendentemente la neve è stato uno dei maggiori problemi logistici. La storia pretendeva che il villaggio dove si svolgono le storie fosse innevato e spostare il set alla ricerca di qualche fiocco non ha sortito esiti positivi. La scelta delle riprese, programmate nell’autunno 2009, è caduta alla fine su di un piccolo villaggio svedese che aveva una scorta di vari metri cubi di neve alloggiati in un campo da calcio. “Quella neve serviva per le gare di sci di fondo, ma ci è stata gentilmente concessa” confessa Hamer, “ci siamo adattati spostando di continuo il piano di lavorazione tra interni ed esterni secondo gli impegni del numeroso cast”. Tornando a casa per Natale è stato selezionato da due prestigiosi festival cinematografici, quello di Toronto e quello di San Sebastian, vincendo in quest’ultimo il premio per la migliore sceneggiatura. Il film è atteso anche al Torino Film Festival che si sta svolgendo in questi giorni e sarà nelle sale dal 3 dicembre.