Terminator Genisys: ce ne parla in anteprima il regista Alan Taylor
La nostra intervista al regista del nuovo capitolo della saga con Arnold Schwarzenegger

I tempi di inizio carriera, di film piccoli e indipendenti quali Palookaville e I vestiti nuovi dell’imperatore (due piccoli gioielli) sembrano ormai lontani per Alan Taylor. Dopo più di un decennio passato a lavorare alle maggiori serie TV americane sono arrivati due blockbuster come Thor: The Dark World e soprattutto l’imminente Terminator Genisys, di cui il regista ci ha parlato.
Partiamo dal principio: come è arrivato alla regia di Terminator Genisys?
Ero appena uscito dall’esperienza di Thor: The Dark World, il mio primo film a grande budget, e ne avevo tratto sensazioni contrastanti, sotto molti punti di vista. Avevo un sacco di scelte a disposizione ma sono stato catturato dall’intensità del copione, soprattutto i dai rapporti tra i personaggi. Sono rimasto davvero impressionato dall’attenzione alle psicologie, è qualcosa che non succede in produzioni di questa scala. Soprattutto il rapporto tra Sarah Connor e Kyle Reese mi è sembrato subito fortissimo, così ho accettato di lanciarmi nel progetto.
Cosa intende quando parla di sensazioni contrastanti riguardo Thor: The Dark World?
Ammetto di non essermi trovato troppo a mio agio col fatto che molto del film era stato composto non sul set ma in postproduzione. Nel caso di Terminator questa componente ovviamente c’è ma abbiamo comunque cercato di rendere al massimo il lavoro con gli attori e le ricostruzioni dei set. Secondo me le sensazioni che si sprigionano dal vero, dalle interazioni tra gli attori in carne ed ossa, alla fine valgono più di qualsiasi effetto speciale, quindi per questo film ho cercato di averne il più possibile e di potenziarle al massimo.
Quindi è rimasto più soddisfatto da questa scelta…
Totalmente. E’ un po’ la sensazione di piacere che mi dava girare Il Trono di Spade: ti immergi in un mondo fantastico con dei tratti esotici, poi però ti trovi a costruire storie molto reali, dinamiche familiari fortissime ad esempio. Alla fine il contesto ti riporta sempre alla complessità delle relazioni personali.
Si è trovato a suo agio a dirigere gli attori?
E’ stato un piacere enorme dirigere Arnold Schwarzenegger perché per quanto conosca bene il ruolo del Terminator e ne sappia sviscerare tutte le minime componenti, sia fisiche che psicologiche, accetta comunque ogni tipo di suggerimento, è un attore che ama essere diretto anche quando conosce così bene il suo ruolo. Tale padronanza su un personaggio mi era capitata solo con James Gandolfini nel ruolo di Tony Soprano. Con Emilia Clarke abbiamo sviluppato una buonissima intesa a partire ovviamente da Il Trono di Spade, ma non aveva mai lavorato in un film così grosso, c’è il vantaggio che nella serie aveva già interpretato il ruolo di una giovane donna che deve imparare a diventare un guerriero, ma in Terminator l’azione e l’impegno fisico sono stati di misura enormemente più elevata. Il ruolo di Khaleesi è principalmente quello di un leader che sfrutta anche le sue doti politiche mentre Sarah Connor è una donna che combatte, molto più attiva. E’ diversa dalla Sarah Connor interpretata da Linda Hamilton nell’originale di James Cameron perché quello era un personaggio ignaro, che si ritrovava a dover scappare da una macchina infermabile senza capire bene cosa stesse succedendo, soprattutto all’inizio. A causa delle modifiche alla nostra storia la Sarah Connor di Terminator Genisys è differente, ne abbiamo creato una nuova versione, portando il personaggio su un altro livello.
E invece Jason Clarke nel ruolo di John Connor?
Jason secondo me è la scommessa più grossa del film, ha forse la parte più difficile di tutte perché nei precedenti film abbiamo sempre incontrato John Connor come una specie di simbolo, un’icona quasi intoccabile. A lui ho chiesto il compito specifico di renderlo più umano, di dargli delle sfumature di verità, non per forza soltanto positive. E’ rimasto un leader, ma non è quella specie di messia che siamo abituati a vedere. Ha le sue debolezze, e soffre per delle scelte che deve compiere. Jason è un attore raffinatissimo, lo abbiamo visto secondo me in particolar modo in Zero Dark Thirty, ha reso meravigliosamente la complessità di John Connor.
Ha menzionato i Terminator di James Cameron. Come si è posto nei confronti di quei due lungometraggi così ingombranti sotto tanti punti di vista?
I film di Cameron hanno creato un immaginario impossibile da evitare, una metodologia specifica con cui ci dobbiamo confrontare ogni volta che si cerca di descrivere il futuro. Io non ho cercato di smentire questo universo, ne ho dato però una mia rappresentazione, cercando di mantenere le cose che amo di più di quei film. Sotto molti aspetti sono film molto semplici da seguire, noi abbiamo voluto rispettare anche questo, seppure Terminator Genisys sarà ambientato nel futuro in proporzione molto maggiore rispetto ai precedenti. Ma è qualcosa di ampiamente riconoscibile, serviva per dare più realismo al film e per allacciare subito l’attenzione del pubblico.