Soldini racconta l'Italia a volo d'uccello con Il comandante e la cicogna
Una commedia favolistica e sognante, piena d’ambizioni morali.

È un film insolito, Il comandante e la cicogna.
Una commedia favolistica e sognante, piena d’ambizioni morali, dove le statue dei padri nobili del nostro paese osservano e commentano, colmi di sdegno e frustrazione, lo stato delle cose attuali, dove un ragazzino insegue una cicogna mentre strani predicatori predicano, intrallazzatori intrallazzano, e la solita povera gente onesta ha gran daffare da sbrigare nel tran tran quotidiano.
“Dopo due film fortemente drammatici, in cui raccontavo la realtà in termini quasi documentaristici, ho voluto usare la chiave della commedia, per raccontare il mondo che vedo,” ha raccontato il regista e sceneggiatore Silvio Soldini, “e quindi di realizzare una commedia molto diversa da quelle che ho già sperimentato, da Pane e tulipani a Agata e la tempesta.”
Complice l’artificio delle statue parlanti, tra cui un busto di Giacomo Leopardi cui presta la voce Neri Marcoré, è stato immediato che qualcuno definisse Il comandante e la cicogna una sorta di operetta morale.
“In realtà,” ha precisato Soldini, “Il sentimento che ha guidato il film è stato quello ispirato dal personaggio più importante della storia, che per me è quello della cicogna, dal suo volare in alto e guardare il nostro mondo da quella prospettiva. Abbiamo cercato quello sguardo e quella cifra, di essere distaccati e al di sopra di tutto, soprattutto dell’imperante volgarità dei nostri tempi, e abbiamo cercato di raccontare il presente con ironia e poesia.”
Sempre seguendo le esigenze di uno sguardo alto, che potesse raccontare tutta l’Italia, Il comandante e la cicogna è ambientato in una Torino poco identificabile, nella quale si muovono personaggi provenienti da diversi angoli della penisola.
“Era la prima volta che giravo a Torino,” ha raccontato Soldini, “ma non volevo che la città si esprimesse in maniera plateale, con la Mole e altri luoghi facilmente riconoscibili. La mia idea era che Torino potesse rappresentare una città italiana molto generica: io avrei voluto addirittura girare in cinque o sei città diverse, ma il massimo che ho ottenuto dalla produzione è stato di girare qualche scena a Milano. Molti luoghi del film, poi, sono invenzioni complete, con statue sistemate da noi ad hoc a seconda delle esigenze.”
E gli attori del film? Come si sono trovati a recitare personaggi tanto obliqui come quelli scritti da Soldini con Doriana Leondeff e Marco Pettenello, in dialetti diversi da quelli loro?
Per Luca Zingaretti, un avvocato un po’ faccendiere, “più dell’uso di usare un dialetto non mio, questo film poneva prima di tutto la difficoltà di trovare la giusta cifra per interpretare le battute. Per me è stata un’esperienza molto divertente, spero che piaccia tanto quando è piaciuto a me girarlo. Mi pare bello vedere in un solo film tante diverse e stratificate chiavi di lettura, dalla tenerezza all’amarezza per la condizione contemporanea del nostro paese.”
Valerio Mastandrea, idraulico vedovo alle prese con due figli che lo riempiono di preoccupazioni, invece, si è trovato bene a recitare in napoletano, “era uno dei miei sogni nel cassetto. Una scelta casuale, visto che inizialmente il personaggio doveva avere una provenienza settentrionale, ma quell’accento proprio non mi veniva, e allora ho proposto il napoletano. La coralità dei dialetti, comunque, è perché il film parla dell’Italia tutta.”
La squattrinata e squinternata attrice di Alba Rohrwacher parla con un accento generico, “che è partito da una sorta di veneto”, il fantasma della moglie di Mastandrea, personaggio che Claudia Gerini ha definito “unico e irripetibile”, è genovese, mentre triestino è quello del bizzarro “moralizzatore” di Giuseppe Battiston, che gli sceneggiatori hanno modellato su un cugino di primo grado di Doriana Leondeff (“ma andando di molto in sottrazione rispetto alla realtà,” assicura la sceneggiatrice”.
Un personaggio che serve da spunto di riflessioni morali nel contesto di un film che si auspica di evitare il grottesco di un reale sempre più estremo e che sarà presto nelle nostre sale nella speranza di regalare un sorriso a quanti, da questa realtà, sono duramente provati.