Sofia Coppola presenta in Italia il suo Bling Ring
La regista di Somewhere e Lost in Translation incontra la stampa alla Casa del Cinema di Roma.

Prima donna americana ad aver ottenuto la nomination all’Oscar come miglior regista, Sofia Coppola arriva in Italia con un film che parla di adolescenza, culto delle celebrities, ossessione per la moda.
Presentato nella sezione Un Certain regard dello scorso Festival di Cannes, Bling Ring racconta la vera storia di una gang di teenager che fra il 2008 e il 2009 si introdusse furtivamente nelle ville di divi del calibro di Orlando Bloom, Lindsay Lohan e Paris Hilton rubando borse, vestiti, gioielli.
La vera fonte di ispirazione del film, però, è un articolo di Nancy Jo Sales intitolato The Suspects Wore Laboutins (“I sospetti indossavano Laboutins”) e pubblicato da Vanity Fair.
“Quando ho letto l’articolo e la trascrizione delle interviste ai giovani ladri, sono rimasta sconcertata dall’ossessione, tipicamente adolescenziale, per il mondo delle star. Avevo vissuto per 2 anni a Parigi e non avevo idea che nel frattempo, negli Stati Uniti, la cultura pop fosse esplosa a tal punto. Non so se le istituzioni stiano facendo qualcosa a riguardo, non so se qualcuno stia provando a educare i ragazzi, io, nel mio piccolo, attraverso questo film, ho cercato di sensibilizzare la nostra opinione pubblica. In un certo senso, Bling Ring è un film di fantascienza, perchè, soprattutto all’inizio, mi sembrava assurdo che un gruppo di ragazzini potesse crescere animato da quest’ansia di condividere tutto con tutti in tempo reale”.
Non è la prima volta che Sofia Coppola esplora il mondo degli adolescenti, e anche se, a pensarci bene, la stessa Maria Antonietta di Marie Antoinette era poco più che una ragazzina, il primo paragone che viene in mente è quello con Il giardino delle vergini suicide: “Sono due film completamente diversi” – spiega la regista – “e che rifettono due epoche completamente diverse. Nel primo l’adolescenza è percepita come l’età dell’innocenza, mentre i protagonisti di Bling Ring sono tutt’altro che innocenti. Non sono certo rappresentativi di tutti i teen-ager d’America, ma rappresentano un modo di vivere e di pensare che sta prendendo sempre più piede. Sono passati 4 anni da quei furti e la situazione economica è migliorata, ma la celebrity culture non si minimanente estinta, anzi, è cresciuta. Non so cosa succederà ai giovani di domani, e sono sinceramente curiosa di scoprirlo, visto che ho due figlie. Non so se la cultura pop continuerà a imperversare o se a un certo punto ci sarà un rifiuto, una svolta. Vedremo”.
Lei stessa celebrity, in quanto figlia di Francis Ford Coppola e cugina di Nicolas Cage, la Coppola non è mai stata una fashion victim: “Da ragazza non ero molto interessata alla moda, mi piacevano i bei vestiti, ma non mi è mai capitato di trasformare un paio di scarpe in un oggetto di culto. Devo confessare che, una volta terminate le riprese del film e dopo aver trascorso tanto tempo in mezzo a immensi guardaroba, avevo la nausea. E’ stata come un’overdose, ho dovuto disintossicarmi”.
Poco interessata dunque ai brand che mandano in visibilio i componenti della Bling Ring, Sofia Coppola ha raccontato di aver contattato, prima di cominciare a girare, solamente Paris Hilton, che le ha aperto le porte della sua lussuosa casa: “Ci sono andata per esigenze di copione, ma ho preferito distanziarmi il più possibile dalle vere vittime dei furti. Volevo che il punto di vista dei ragazzi fosse anche il mio. In particolare volevo identificarmi nello sguardo dell’unico ragazzo della band, che fra tutti è il meno agguerrito e il meno consapevole. Se c’è qualcuno a cui mi sento vicina, è lui, ma il mio atteggiamento nei confronti dei personaggi non è certo di empatia. Era importante che li pubblico li seguisse, ma che non parteggiasse per loro. Se ci pensate, nel film non c’è intimità, non c’è vera amicizia. In fondo, l’unica cosa che questi ragazzi hanno in comune è l’interesse per determinati oggetti”.
Proprio per manterere un certo distacco con la vicenda narrata, la Coppola ha deciso di cambiare i nomi dei personaggi: “Se avessi chiamato i ragazzi con i loro veri nomi, in qualche modo li avrei resi delle celebrità, li averi trasformai in eroi. Il mio non doveva essere un documentario, ma un film, un film libero in cui poter anche cambiare un po’ i fatti. Non ho nemmeno voluto conoscere i membri della Bling Ring, ho incontrato solo il ragazzo, che mi ha detto che la sceneggiatura era molto accurata e che la recitazione andava benissimo”.
Che siano più o meno simili ai personaggi che interpretano, gli attori del film hanno fatto un gran lavoro, e prova ne è il perfetto accento losangelino di una Emma Watson la cui Hermione Granger sembra ormai lontana anni luce.
Per aiutarli a entrare in parte, Sofia Coppola ce l’ha messa davvero tutta: “Era importante che sviluppassero uno spirito di gruppo, che risultassero una vera e propia banda. Per questo ho fatto in modo che trascorressero molto tempo insieme. Ho perfino organizzato una finta intrusione in una casa. Apparteneva a una mia amica, quindi non era una vera e propria violazione di domicilio. Quanto a me, ho incontrato più volte Jo Nancy Sales e ho chiesto alla figlia adolescente di una mia amica di aiutarmi con lo slang”.
Distribuito dalla Lucky Red di Andrea Occhipinti, Bling Ring arriverà nelle nostre sale il 26 settembre in 300 copie.