Interviste Cinema

Smetto quando voglio - Ad honorem: presentato il film che chiude la trilogia... e un pezzetto di vita

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L'avventura finale della banda dei ricercatori arriva in sala il 30 novembre.

Smetto quando voglio - Ad honorem: presentato il film che chiude la trilogia... e un pezzetto di vita

"Non voglio più fare film con la parola 'smetto' nel titolo" - dice Sydney Sibilia, garbato ma lapidario, a chi gli chiede se ci sarà un quarto film della saga di Pietro Zinni e della sua banda di ricercatori. E aggiunge, a testimonianza della fatica di mescolare alla buona vecchia commedia all'italiana il cinema di genere: "Se avete amici che vogliono fare una trilogia, fermateli!" e "La prossima volta mi piacerebbe parlare della forza di uno solo e non di un gruppo". Quindi ci dobbiamo proprio rassegnare al fatto che si chiude in questo novembre 2017 l'esperienza di Smetto quando voglio, e si chiude con un film che sviluppa un fantastico villain introdotto nel capitolo intermedio e che ammicca al filone carcerario. Ma prima di intraprendere il cammino nelle sale, che saranno 300, e di conquistare il mercato estero, Edoardo Leo, Neri Marcorè, Luigi Lo Cascio, Paolo Calabresi, Pietro Sermonti & Co. sono chiamati a congedarsi dai giornalisti. Lo fanno, con un pizzico di commozione, nella giornata di presentazione di Smetto quando voglio: Ad honorem, nelle sale dal 30 novembre.

"L’ultimo giorno di riprese" - comincia Edoardo Leo - "quando ho tolto la giacca di Pietro Zinni, mi sono ricordato del momento in cui un ragazzo di Salerno è venuto a trovarmi con un'opera prima. All'epoca nessuno pensava che avremmo fatto una saga. Per la nostra vita personale è stato un percorso umano importantissimo, abbiamo collaborato per quattro anni con lo stesso regista e con gli stessi produttori. Mi commuove un po’ pensare che questa sia la fine".
"La trilogia è un pezzo della nostra esistenza" - dice invece Sibilia. "Per gli spettatori è un viaggio durato quattro anni, per noi sei. Il bello delle saghe è che racchiudono un pezzo di vita. Adesso avverto un forte senso di nostalgia, la stessa che provavo quando, da spettatore, assistevo alla fine delle serie più importanti".
Il più sentimentale del gruppo, anche se Leo non ha rivelato di aver pianto nel congedarsi da suo Indiana Jones de’ noantri, è Stefano Fresi: "Questa esperienza è durata quanto un liceo e adesso spero che, come accade con i compagni di liceo, faremo delle cene insieme. Questa trilogia mi ha cambiato la vita, ha cambiato la percezione che i produttori e i registi avevano di me, e poi sono nate bellissime amicizie".

Se di acqua ne è passata sotto i ponti da quando Sydney Sibilia si è messo all'opera sulla sceneggiatura di Smetto quando voglio, in Italia le cose non sono cambiate poi molto negli atenei universitari. "Io sono diventato il contatto diretto dei ricercatori italiani" - spiega il regista. "Se a un ricercatore non rinnovano un contratto, mi chiama. Ci troviamo in un momento storico in cui le cose stanno evolvendo, ma la situazione dei ricercatori è rimasta immutata. In questo senso la trilogia è attuale, ma è anche eterna, come succede a tutti quei film che raccontano problemi che non si riescono a risolvere".
In difesa degli studiosi e delle menti illuminate si erge Pietro Sermonti: "C’è bisogno in questo paese di intellettuali e mi piace che qui si tifi per una élite. Si dice sempre: siamo in un paese in cui tutti sanno tutto di tutti. No, questi qui sanno tutto su una cosa alla volta e sono una parte importante della società italiana".

In Smetto quando voglio: Ad honorem ci sono una serie di personaggi bianchi (i ricercatori), e uno nerissimo: il Walter Mercurio di Luigi Lo Cascio, che ogni tanto rivela barlumi di umanità: "Quando si interpretano personaggi di questo tipo" - osserva l'attore - "non ci si concentra sulla cattiveria, sarebbe impossibile essere sempre malvagi, per fortuna il cinema è frammentario e ti capitano scene in cui devi semplicemente aggiustare il condotto dell'aria condizionata. Mi piace che di Walter Mercurio vengano mostrati sia il suo progetto folle e il suo delirio di onnipotenza che la sua stoffa morale, oltre alla causa scatenante della sua sete di vendetta".
Anche se è maligno come un cattivo da fumetto, Mercurio prende spunto da un personaggio che con i comics non c'entra nulla. "Per il ricercatore inferocito di Luigi" - spiega Sibilia - "mi sono ispirato al geometra Luciano Calboni, la nemesi di Fantozzi".

L'altro tipaccio poco raccomandabile del film è il Murena di Neri Marcorè, boss del narcotraffico finito in prigione per colpa di Pietro Zinni. L'attore che lo interpreta lo avrebbe "abbracciato" anche se fosse stato un po’ meno malvagio: "Quando leggi una sceneggiatura e ti convince, non ti importa molto del ruolo che ti affidano, non ti importa di essere buono o cattivo, semplicemente avverti un moto di gratitudine. Quando ho visto Smetto quando voglio 3, ho abbracciato forte Sydney. E' bello che alla fine della trilogia tutti i personaggi vengano fuori con le loro caratteristiche, che ognuno abbia uno sviluppo psicologico. Per ciascuno di noi saranno cazzi fare il prossimo film. Mi piace che il Murena riesca a superare l'odio per Pietro Zinni in nome di una causa superiore, in nome di un piano diabolico da sventare. Non è un personaggio solo bianco o nero, in lui c'è qualche tonalità di grigio e questo gli dà maggiore spessore”.

Se il Murena viene approfondito durante il terzo capitolo della saga e insieme a Walter Mercurio ruba un po’ la scena agli altri, i vari ricercatori si dividono equamente il restante spazio narrativo, avendo ognuno qualche assolo a disposizione ma traendo linfa vitale dal loro essere un nucleo compatto. "L'impostazione data al primo film andava mantenuta" - osserva Paolo Calabresi. "Tutti i personaggi dovevano continuare a essere innamorati del proprio mestiere e dimostrarsi brave persone alle prese con un compito inadeguato e perciò simili a celebri antecedenti come I soliti ignoti. Io credo che nei vari Smetto il gruppo sia un personaggio a sé. Ci siamo impegnati anche questa volta a fare un film corale, il che non significava sgomitare, ma considerarsi parte di un tutto".

Nonostante sia ricco di personaggi e alcuni lo ritengano perfetto per diventare una serie tv, il ciclo di Smetto quando voglio non è mai stato pensato come un prodotto per il piccolo schermo. "La saga di Smetto" - spiega Sibilia - "si differenzia da una serie tv intanto per l’impianto produttivo. Sarebbe stato impensabile mettere la sequenza dell'assalto al treno in una serie, abbiamo impiegato tre settimane a girarla, e poi per me questi sono sempre stati tre film distinti, ognuno con un suo linguaggio e genere di appartenenza. Volevamo creare più di ogni altra cosa un'esperienza cinematografica. Comunque, dopo il primo Smetto, ci hanno chiesto un prequel e una serie, ma la cosa è morta là".

In Smetto quando voglio: Ad honorem tornano anche Valerio Aprea, Libero De Rienzo, Lorenzo Lavia, Valeria Solarino, Greta Scarano, Marco Bonini, Rosario Lisma, Giampaolo Morelli e Francesco Acquaroli. La new entry del film è invece, nel ruolo del direttore di Rebibbia, Peppe Barra.

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