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Romain Goupil e Valeria Bruni Tedeschi presentano Tutti per uno

Nato a Parigi all'inizio degli anni '50, Romain Goupil non è solamente un filmmaker, ma anche un attore e soprattutto un intellettuale impegnato, che al cinema ha sempre alternato la militanza politica. Noi lo abbiamo conosciuto al Centro culturale Francese di Roma, dov'è stato presentato il suo ultimo lungometraggio: Tutti per uno.

Romain Goupil e Valeria Bruni Tedeschi presentano Tutti per uno

Romain Goupil e Valeria Bruni Tedeschi presentano Tutti per uno

Nato a Parigi all'inizio degli anni '50, Romain Goupil non è solamente un filmmaker, ma anche un attore e soprattutto un intellettuale impegnato, che al cinema ha sempre alternato la militanza politica. La Francia lo ha conosciuto nel 1982 grazie a al documentario sull'età dell'oro della contestazione studentesca Mourir à trent'ans. Noi, invece, lo abbiamo conosciuto al Centro culturale Francese di Roma, dov'è stato presentato il suo ultimo lungometraggio: Tutti per uno.
Distribuito dalla Teodora Film, è la storia di una famiglia e di un gruppo di bambini che decidono di mettersi dalla parte di una piccola sans-papier, una ragazzina cecena che rischia di essere rimpatriata.

Alla base del film, ci ha spiegato il regista, non ci sono solo i tragici fatti di cronaca che hanno interessato gli immigrati parigini nell'ultimo periodo, ma il desiderio di levare un grido di protesta: “Tutti per uno nasce da un senso di indignazione e di impotenza di fronte a quanto sta succedendo in Francia. Dopo il risveglio delle coscienze della fine degli anni '90, dopo gli effetti benefici delle petizioni, delle manifestazioni, dei vari appelli di giornalisti, artisti e cineasti, siamo tornati di nuovo indietro. Da noi, come quasi in tutto il resto d'Europa, lo straniero è diventato un nemico, un delinquente, una persona non grata contro cui i governi continuano a puntare il dito. Al momento ci troviamo di fronte a un capovolgimento paragonabile a quello causato dal crollo del Muro di Berlino. Eppure, invece di assecondare il flusso migratorio e di accogliere chi viene da altri paesi come una risorsa preziosa, stiamo imparando a chiuderci, a rifiutare tutto ciò che è diverso da noi con grande ostilità”.

Nonostante l'attuale recrudescenza della xenofobia, Goupil spera, e in parte crede, che il momento che l'Occidente sta attraversando sia solo una fase, un brutto sogno dal quale ci risveglieremo. “Mi piace pensare che prima o poi le cose cambieranno. Per questo ho deciso di ambientare le scene iniziali di Tutti per uno nel 2067, con la protagonista che ricorda la sua avventura di bambina costretta a nascondersi per sfuggire alla polizia. Magari, fra 50 o 60 anni, la gente rammenterà con orrore questo momento, esattamente come facciamo noi quando pensiamo alla Guerra del Vietnam e al Nazismo. La gente penserà agli anni 2000 come a un'epoca di ingiustizie, in cui è stato fatto del male anche ai bambini. Quelli del mio film, non a caso, in una delle scene più importanti, camminano fra la gente con le mani alzate proprio come il bambino del ghetto di Varsavia immortalato nel '43 in uno degli scatti più famosi della storia della fotografia. Come a dire che l'infanzia viene sempre martirizzata.  È un male, perché la risposta e le nostre speranze di un mondo migliore vanno riposte proprio nei bambini”.

A proposito di bambini, Romain Goupil ha avuto l'opportunità di dirigerne molti in questo suo film, che ha il raro pregio di raccontare l'infanzia non dal punto di vista di un adulto, ma dal di dentro, come se lo stesso regista fosse uno dei piccoli protagonisti della storia. “Ho sempre odiato i film sui bambini. Mi sembravano tutti falsi, poco spontanei. Per non essere didascalico, patetico o semplicemente lontano dalla realtà, ho messo anche i miei figli nel film e ho girato negli stessi luoghi dove avevo passato i più bei momenti della mia infanzia. Ho anche lasciato molta libertà ai miei giovani interpreti. I bambini sono spontanei, hanno una loro maniera di comprendere la sceneggiatura. Magari fanno una scena in un modo e quando la ripetono ottengono un risultato diverso. Per questo bisogna stare sempre all'erta, non smettere mai girare e aspettare di cogliere i momenti migliori, che arrivano sempre inaspettati”.

A lavorare con in bambini non è stato solamente il regista, ma anche la protagonista Valeria Bruni Tedeschi, a cui Goupil ha affidato il ruolo della mamma chioccia francese che accoglie in casa la bambina cecena. Donna affettuosa e allegra, rappresenta quella parte dell'opinione pubblica francese che crede nell'accoglienza dello straniero.
“Naturalmente condivido in tutto e per tutto la posizione del mio personaggio” - ci ha spiegato l'attrice - e spero che per alcuni questo film funzioni come un campanello d'allarme. Di Tutti per uno mi è piaciuta la capacità di parlare a ogni generazione, ai genitori così come ai figli”.

Amica di lunga data di Goupil, la Bruni Tedeschi ha dato un grande apporto al suo personaggio. “Non volevo che fosse una mamma convenzionale, ma una donna complessa. Le sue parole e le sue battute mi sono sembrate subito molto naturali e mi sono limitata ad aggiungere la mia energia di madre e di essere umano. A differenza di Cendrine, io non fumo e non tratto così male il mio compagno, ma come lei amo ascoltare i bambini e parlare la loro lingua. E' chiaro che c'è qualcosa di me in lei, del resto lavoro sempre con la mia vita personale. Adesso che sono mamma l'identificazione è stata più semplice. Se non lo fossi stata, avrei messo nel personaggio qualcosa dei mie sogni e delle mie aspettative di maternità. E il fatto che io sia una madre adottiva non cambia nulla. Una madre adottiva è una madre a tutti gli effetti, anche se ha saltato qualche tappa”.

Sui suoi giovani compagni di set, l'attrice ha avuto solo parole di lode. “Alcuni attori detestano lavorare con i bambini. A me piace, è come fare una doccia fredda. Certo, ti devi concentrare di più, ma impari una grande lezione. Impari ad essere naturale, a non mentire, a non truffare. Loro sono veri e quindi devi esserlo anche tu. I bambini di questo film, poi, sono stati particolarmente eccezionali, erano freschi, capivano tutto e soprattutto erano entusiasti all'idea di fare cinema”.

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