Interviste Cinema

"Racconto gli italiani aggrappati alla possibilità di un cambiamento": Vincenzo Marra presenta La volta buona

Il film con Massimo Ghini, Max Tortora e Francesco Montanari che ricorda le commedie all'italiana esce il 12 marzo.

"Racconto gli italiani aggrappati alla possibilità di un cambiamento": Vincenzo Marra presenta La volta buona

Con grande coraggio esce in un momento difficile, in pieno coronavirus, La volta buona, già presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione autonoma e parallela Alice nella Città. In arrivo il 12 marzo, il film di Vincenzo Marra è anche la cronaca di un momento difficile, o meglio di una vita difficile, perchè narra la storia del procuratore calcistico Bartolomeo che crede di trovare la sua pepita d'oro in un ragazzino di Montevideo di nome Pablito che potrebbe diventare un asso del pallone. La sua vicenda conferma la passione del regista per il calcio e la sua predilezione per le storie di "ultimi", di "vinti" alla ricerca di una qualche forma di riscatto. Protagonista de La volta buona è Massimo Ghini, che con la sua romanità porta Marra lontano dall'amata Napoli insieme a Francesco Montanari e Max Tortora.
Ci sono tutti alla conferenza stampa del film, che si svolge in una sala di un cinema romano. Il primo a parlare è il regista, che racconta la nascita del progetto: "Tutto è cominciato con il grande Mario Monicelli, che aveva affetto per me e stima del mio lavoro e che, dopo aver visto i miei documentari su Napoli, mi disse: tu hai un altro braccio che prima o poi userai. Quando morì, scrissi di getto, in soli 15 giorni, il copione di questo film, lasciandolo nel cassetto per parecchio tempo. Con La volta buona non volevo imitare Monicelli, cercavo solo di rendergli omaggio. A quasi 47 anni avevo bisogno di provare a giocare in un territorio diverso. Come negli altri miei film, avevo comunque una storia ricca di metafore e di significati profondi, e avevo l'occasione di parlare di flussi migratori. Spesso ci si accapiglia sull'immigrazione con discorsi razzisti, ma se uno degli immigrati è un piccolo calciatore baciato da Dio, allora gli viene perdonato di arrivare da quel terzo mondo di cui nessuno vuole sentir parlare. Mi sembrava uno spunto interessante.

Il ragazzino prodigio nel quale Bartolomeo si imbatte su suggerimento di un ex socio che ha lasciato l'Italia, appartiene a quel Sudamerica che Vincenzo Marra ama e conosce benissimo: "Ho vissuto 6 mesi all'anno per 10 anni in America Latina, là ho sofferto, lavorato e vissuto, e ho potuto osservare bene quella parte di mondo. Ho visto arrivare molti spagnoli e fare i camerieri nei ristoranti di Santiago del Cile, pensando: vedi come la vita restituisce le cose. Ho incontrato tanti italiani, che non possono tornare perché non hanno i soldi e quindi si arrabattano. Il settanta per cento dei cittadini dell’Uruguay ha origini italiane e quindi c'erano molti spunti per fare un film. Inoltre, mi interessava affrontare il tema della paternità. Quanto al titolo, mi sono mosso grazie a un'intuizione: tutti noi siamo un pezzo di mondo aggrappato alla possibilità di veder cambiare la propria esistenza da un momento all’altro".

Poi è Massimo Ghini a dirci la sua su La volta buona e a confessare di aver aderito al progetto perché sedotto da un personaggio e una storia che gli hanno ricordato i grandi film italiani di una volta: "Di Bartolomeo non mi interessa tanto il percorso sportivo quanto quello umano. Il presupposto de La volta buona è raccontare un cammino umano cinico, terribile e straordinario, nonché vite disperate che si incontrano. Quando ho letto la sceneggiatura del film ho detto a Vincenzo: sembra un copione scritto da Vincenzoni per Dino Risi. Avere il coraggio di affrontare il racconto di un'esistenza attraverso il cinismo ha fatto la fortuna della grande commedia all'italiana, in cui i personaggi si vendono, ma poi alla fine danno un colpo di coda".

Anche Max Tortora ha detto di sì al regista dopo aver avuto in dono un personaggio che gli sembrava convincente e meravigliosamente dolente: "Mi sono innamorato della tragicità di Bruno, che mi ha ricordato i protagonisti dei film che ho amato di più. Bruno l'ho fatto col cuore, lo sentivo nelle mie corde, l'ho amato con pena e con tenerezza, il suo è un fallimento che poteva non accadere, visto che un tempo era bravo nel suo lavoro".

Se Bartolomeo e Bruno, forse perché sfortunati, riescono a suscitare un po’ di empatia, decisamente negativo è il giovane procuratore calcistico Rosario, che vorrebbe risparmiare sulle cure di cui Pablito ha bisogno. A Montanari che lo interpreta il personaggio è piaciuto, anche se l'attore all'inizio si sentiva un po’ a disagio a lavorare con Marra: "Sono rimasto spiazzato, e poi affascinato e poi mi sono innamorato di questa esperienza, ho avuto a che fare con un regista dalla personalità strabordante da ogni punto di vista. Al principio ero spaventato da Vincenzo, che è un artista che ha estremamente chiaro quello che cerca. Abbiamo lavorato sospiro su sospiro, sorriso su sorriso, virgola su virgola, sguardo su sguardo. Io che sono attore di pancia mi sentivo in difficoltà, non riuscivo a carpire ciò che Vincenzo mi chiedeva. A un certo punto però ho scoperto che la sua estrema e maniacale concentrazione e la voglia di alzare sempre di più l’asticella mi avevano reso libero".

All'incontro stampa de La volta buona manca il piccolo Ramiro Garcia, che ha interpretato Pablito. A parlare di lui è Vincenzo Marra: "Ramiro aveva alle spalle la stessa storia del bambino del mio film, era stato preso da un talent scout italiano, portato in Italia per giocare a Roma, e visto e rivisto. Mi ha parlato di lui un amico di infanzia che ha una piccola società di calcio. L'ho visto giocare e mi sono reso conto che era un mezzo fenomeno, è un ragazzino capace e intelligente. Mi sono avvicinato a lui e gli ho detto: facciamo finta che io ti dico delle cose e tu mi rispondi. Le sue parole somigliavano alle battute del film. La sua storia è emblematica e dobbiamo ricordarci che, su diecimila bambini che partono dal Sud America per diventare star del pallone, solo uno arriva al calcio professionista".

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