Questo Camus sono anche io: Gianni Amelio presenta Il primo uomo
Sono passati sei anni da La stella che non c’è, e solo ora Gianni Amelio si prepara a fare il suo ritorno nelle sale italiane con un film in realtà pronto da quasi un anno e al centro di alcune peripezie distributive.
Sono passati sei anni da La stella che non c’è, e solo ora Gianni Amelio si prepara a fare il suo ritorno nelle sale italiane con un film in realtà pronto da quasi un anno e al centro di alcune peripezie distributive.
Il primo uomo è la trasposizione cinematografica del romanzo postumo, incompiuto e autobiografico, di Albert Camus, nel quale lo scrittore e filosofo francese premio Nobel ripercorre la sua infanzia e i momenti immediatamente precedenti allo scoppio della Rivoluzione Algerina.
Il film, presentato al festival di Toronto del 2011, dove ha vinto il Premio FIPRESCI, debutterà venerdì 20 aprile nelle sale italiane.
Pur raccontando della storia e della vita di Camus, Il primo uomo è per Amelio un film molto personale, complici molte analogie biografiche tra lui e il francese: “Ho quasi il sospetto di essere stato scelto di questo film proprio per il mio passato,” ha infatti dichiarato il regista. “Forse qualcuno sapeva della mia infanzia povera, come quella di Albert Camus, del fatto che ho conosciuto mio padre solo in tarda età e quindi sono rimasto virtualmente orfano per molti anni, che come lui sono stato cresciuto solo da una mamma e una nonna molto energica, che ho lavorato da bambino d’estate e sono stato aiutato nel passaggio dalle scuole elementari alle medie grazie all’intervento di un insegnante. Senza osare spingermi troppo oltre, vorrei solo dire che Camus mi ha dato modo di raccontare fatti autobiografici che altrimenti non avrei avuto il coraggio di esprimere da protagonista. E vorrei ricordare che, da autore della sceneggiatura, ho scritto i dialoghi del film non basandomi su quelli del romanzo ma ritagliandoli dalle vere vicende della mia famiglia.”
A proposito di famiglia, Amelio ha voluto sottolineare come la figlia di Camus, Catherine [che ha anche curato la pubblicazione del romanzo postumo del padre, n.d.R.] ha voluto avere un controllo ferreo su tutta l’operazione, riservandosi tramite un contratto di ferro di ritirare titolo e nome di suo padre dal film se nella sua versione definitiva non ne fosse rimasta soddisfatta. “E invece,” ha detto il regista, “è stata più che contenta del film. È anche rimasta incantata dalla scelta del protagonista, nonostante inizialmente ne avesse indicato uno diverso. Non era inquieta per il ritratto pubblico e politico di suo padre, perché tanto gli ne hanno già dette di cotte e di crude: a Catherine Camus interessava l’aspetto privato e familiare, la rappresentazione di un padre o una nonna. È stata anche molto collaborativa nel corso delle riprese, e in un’occasione mi ha inviato via fax delle carte di Camus che avevo visto una volta a casa sua e che erano inerenti ad una scena che volevo girare con attenzione.”
Al di la dei dati personali e biografici, Il primo uomo ha anche un forte aspetto politico, trattando di una questione, quella della Rivoluzione Algerina, che ha numerosi punti di contatto col presente. “La battaglia di Algeri è un film fatto a caldo, che il governo algerino ha voluto subito dopo la rivoluzione per celebrare giustamente la vittoria,” ha commentato Amelio, rispondendo a chi gli chiedeva un parallelo con il celebre titolo di Gillo Pontervo. “È un film che nasce dalla cronaca e la sua forza sta nella tempestività con cui la cronaca è stato riprodotto sullo schermo. Infatti molti credevano fosse una specie di documentario, un cinegiornale. Io, invece, non ho fatto un film sulla guerra d’Algeria, ma su una guerra che può dividere le etnie. Ho cercato l’attualità della guerra d’Algeria oggi, paralleli con realtà ovvie dei nostri tempi. Le difficoltà di convivenza di etnie diverse nello stesso territorio rappresentano una questione centrali nei nostri tempi. Il primo uomo non è un film sulla scia di quello di Pontecorvo ma è tutt’altra cosa. È un film storico, come dicono alcuni giornalisti algerini: hanno detto che forse è il primo film che storicizza in modo preciso le due posizioni diverse, quelle dell’Algeria francese e quelle dei militanti arabi. Posizioni mediate dal pensiero di Camus, un pensiero che dice ‘sì alla rivoluzione ma no al terrorismo’. Oggi si capisce meglio questo pensiero, allora considerato più di destra di quello di un Sartre che diceva solo ‘l’Algeria agli algerini’, in modo semplicistico.”
Amelio , però, sottolinea come molti dei temi e delle riflessioni del film non siano figli di una volontà precostituita: “Credo che le riflessioni sull’oggi emergano chiare, ma devo confessare che quando faccio un film non mi metto a calcolare le dosi, non cerco di mettere un tanto di passato e un tanto di presente. Faccio film con la pancia dopo averci riflettuto molto sopra. Tutto quello che arriva allo spettatore c’è, ma non è detto che io ce lo abbia messo dentro coscientemente. Sono contro i film a tesi, contro i film freddi e calcolati. Sono per i film che emozionino: quindi la Storia deve passare attraverso la storia di un protagonista. E Il primo uomo siamo noi, siamo tutti noi.”
Il regista, che non è tipo da avere peli sulla lingua, è poi tornato sulle traversie distributive del film, sottolineando come Il primo uomo uscirà in un numero di copie (una sessantina) che si auspica possano aumentare tramite il passaparola, e su quelle festivaliere.
Amelio ha infatti detto esplicitamente che il suo film non è andato a Venezia perché “non è stato voluto. Anzi, prima è stato voluto e poi, dopo due giorni, Muller ha cambiato idea,” che glielo chiese allora il Festival di Roma ma il regista rifiutò “per rabbia” e che a Toronto non accompagnò il film per via di dissidi con i produttori francesi “volevo che il film andasse a Berlino, per vicinanza col lo spirito del festival e con quella della data d’uscita. Un festival non serve come traino, se l’uscita del film non è poi immediata.”
E portarlo nella “sua” Torino, ha suggerito qualcuno con una battuta? “Non sarebbe stato elegante,” è stata la risposta.
In Francia, invece, Il primo uomo uscirà solo in ottobre. “Fin dai tempi della presentazione a Toronto nessun giornalista francese ha parlato del mio film,” ha chiuso Amelio. “Ho il sospetto che lo ritengano troppo filo-algerino.”