Pulcinella in viaggio per l'Italia Bella e perduta a Locarno 2015
Pietro Marcello racconta il suo film, unica presenza italiana in concorso.
In questa domenica piovosa, ma calda, al Festival di Locarno è stato presentato l’unico film italiano del Concorso Internazionale, Bella e perduta di Pietro Marcello. A cinque anni di distanza da La bocca del lupo, l’autore campano ha diretto un film ibrido, anti narrativo, ma fatto di suggestioni poetiche. Un viaggio documentaristico per l’Italia bella e perduta che si è interrotto poco dopo iniziare, quando ha preso una direzione inattesa. È stato strappato con tempismo alla Mostra di Venezia, come Il regista ricorda: “Locarno lo ha visto fra i primi e ci ha subito invitato, penso che lo avrebbe preso anche Venezia in qualche sezione, ma non sarebbe stato da concorso, non ci sono star, al massimo c’è il bufalo. Penso che Locarno sia la cornice giusta”.
Siamo nella Reggia di Carditello, residenza borbonica abbandonata da tempo a se stessa, nel cuore della terra dei fuochi casertana. L’unico che tiene a bada questo gigante spogliato della sua gloria è Tommaso, contro le minacce dei camorristi che la usano come rifugio per i latitanti, e con uno stato assente. Nel grande parco vengono abbandonati dei bufali maschi, ormai poco utili nella catena agricola moderna. Proprio il giorno prima dell'acquisizione, finalmente, del monumento da parte dello stato, il giorno di Natale del 2013, Tommaso - ormai noto come l’angelo di Carditello - muore di infarto e allora quella che doveva essere la prima tappa di un viaggio nell’Italia agreste e arcaica è diventato Bella e perduta: una fiaba pastorale sull’amore per il territorio, sull’ancestrale capacità della natura di rigenerarsi, contrapposta alla mortalità dell’uomo.
Pulcinella è il protagonista, maschera poliedrica e tramite fra il regno dei morti e dei vivi, inviato per esaudire le ultime volontà di Tommaso, semplice pastore: mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone. Pulcinella lo trova nella Reggia del Carditello e lo porta verso nord in un viaggio meno lungo del previsto. Solo Pulcinella riesce a sentire il bufalo Sarchiapone parlare (la voce è di Elio Germano), almeno fino a che non si toglie la maschera.
“È un film che si è sviluppa da solo, a causa dell’imprevista morte di Tommaso”, ha dichiarato Pietro Marcello. “Il cinema è forma, siamo noi che portiamo contenuto, le nostre storie individuali. Quando faccio un film non penso al pubblico, faccio quello che mi sento con il mio senso morale. Non credo nel cinema del reale, la realtà va invece trasposta attraverso il nostro punto di vista.
Visivamente affascinante, girato in 16mm e con soli 400 mila euro, Bella e perduta è un omaggio a un’Italia che sta sparendo. “Era una terra da tre raccolti l’anno, estremamente fertile, che ha subito cinquant’anni di industralizzazione che non meritava, ovvero il nulla. Il mondo contadino aveva cura del paesaggio, ha disegnato l’Italia con la sua bellezza. Si dice che la mozzarella di bufala sia nata lì, al Carditello; era un posto magico, ora spogliato di tutto. Io sono cresciuto alla Reggia di Caserta, abituato a convivere con il bello che è ovunque in quella zona.”
Pulcinella è una figura ben più complessa rispetto allo sciocco servo tramandato più frequentemente dalla cultura ufficiale, un vero tramite fra morti e vivi. “Il lenzuolo bianco che indossa è quello con cui i morti vengono avvolti nella notte della veglia funebre. La maschera rappresenta la copertura del volto del defunto”, secondo Maurizio Braucci (Reality, Gomorra, Anime nere), sceneggiatore intervenuto per contribuire alla parte di fantasia. “Paradossalmente era più scritta la parte iniziale documentaristica rispetto a quella successiva, di finzione, in cui gli attori, non professionisti, hanno molto improvvisato”.
L’idea di Pulcinella come protagonista di questa affascinante fiaba è legata a un ricordo d’infanzia di Pietro Marcello. “Nel palazzo in cui vivevo c’era un tipo che si vestiva da Pulcinella e andava in giro a Caserta e Napoli a far divertire la gente. Una figura anche triste: era povera e viveva in una soffitta e una volta tornando a casa l’ho visto togliersi la maschera e quell’immagine mi è rimasta impressa”.