Project Power su Netflix, la nostra intervista con i registi Henry Joost e Ariel Schulman
Abbiamo chiacchierato con Henry Joost e Ariel Schulman, registi del film originale Netflix Project Power, con Jamie Foxx e Joseph Gordon-Levitt.
Project Power, produzione originale Netflix, sarà disponibile in streaming sul servizio dal 14 agosto, e vi presentiamo qui la nostra intervista ai due registi, Henry Joost & Ariel Schulman. Il lungometraggio, un "cinecomic sociale" rivolto ai maggiori di 14 anni, racconta di una New Orleans sconvolta da una nuova droga: pasticche che regalano per cinque minuti in chi le ingerisce dei superpoteri casuali. Il poliziotto Frank (Joseph Gordon-Levitt) si allea con una piccola spacciatrice, Robin (Dominique Fishback), per essere all'altezza dell'ondata di supercrimini, ma qualcosa cambia quando in città arriva Art (Jamie Foxx), interessato a vendicarsi di chi ha creato la droga...
C'è una cosa molto bella che ho realizzato del vostro film: se eliminassimo i superpoteri dal racconto, se al loro posto discutessimo di droghe comuni, i personaggi e l'ambientazione manterrebbero una loro forza. Credete che una lettura metaforica di Project Power sia possibile?
Speriamo di sì, felici di sentirtelo dire! L'idea, senza voler essere troppo accademici, è che il potere sia già di per sè una droga. Può creare dipendenza, è una cosa che vuoi con tutto te stesso ma è da maneggiare con cura. Averlo sotto forma di pillola... fa scattare questa metafora. Il nostro obiettivo è trasmettere quest'idea attraverso un divertente blockbuster d'azione estivo.
Sì, perché nella storia c'è questa forte idea che le persone in uno stato di difficoltà sognano i superpoteri quando non hanno nemmeno i poteri "normali", cioè il diritto di sopravvivere con dignità.
Penso che sia uno dei messaggi del film, che viene fuori proprio nella storia di Robin: il viaggio del suo personaggio consiste proprio nel realizzare quale sia il suo potere, come persona. Al di là del superpotere, parliamo del potere reale che ha una persona e del modo in cui può usarlo. E nel suo caso è il potere del talento musicale. Il personaggio di Jamie Foxx l'aiuta a rendersi conto della cosa e ad abbracciare quel modo di vivere.
Ho apprezzato molto l'alchimia tra i tre attori principali, l'interazione suona molto naturale. Avete lavorato molto su questa sintonia o è stata felicemente spontanea?
Quando facciamo il casting e lavoriamo cerchiamo di evitare gli stronzi! Questo è stato il gruppo di attori più gentile e creativo che potessimo sognare. Hanno tutti uno stile diverso, si rispettano, e sono venuti sul set per lavorare sodo ma anche per divertirsi. E lo senti sullo schermo, non ci sono elementi che remano contro, tutti sono andati d'accordo. Le riprese sono state molto difficili, eppure ci siamo divertiti.
Devo ammettere che avevo nella mia testa un'immagine piuttosto stereotipata di New Orleans, cose come il jazz, il Mardi Gras e via così. Il vostro film mi ha fatto rendere conto di quanto sia varia, complessa New Orleans. Anche proprio come ambientazione, è una ricca tela su cui dipingere. Siete d'accordo?
Mio Dio, assolutamente sì! Una cosa che ci siamo detti è stata proprio: mostriamo un lato diverso di New Orleans. Niente Bourbon Street, che poi è la strada resa famosa dal Mardi Gras. Abbiamo cercato di evitarla completamente nel film, perché a New Orleans c'è tanto di più. E tra l'altro secondo noi la gente che vive a New Orleans non va a Bourbon Street, è come quando vivi a New York, a Times Square non ci vai mai.
Parlando di Mattson Tomlin, lo sceneggiatore, è lui stesso un regista. E voi naturalmente avete idee visive molto forti: come avete interagito con Mattson? Aveva anche lui idee visive?
Sì, è uno sceneggiatore molto speciale che può fare tutto. E' divertente lavorare con lui, perché sa in cosa consiste il nostro lavoro. Alcuni sceneggiatori non pensano alla regia, così scrivono roba assurda e contorta impossibile da girare. Mattson sa come si gira un film, quindi parlavamo con lui alla pari. E' un cineasta.
Potreste dirmi qualcosa del lavoro che avete svolto sulla fotografia, sulle luci, sui colori? Un po' ti rapiscono.
Il nostro direttore della fotografia ama la luce colorata, volevamo trovare un equilibrio tra il realismo e... non so come dirlo, una misura di divertimento. Volevamo che il film fosse divertente, visto che il tema trattato era cupo. Volevamo mostrare poi quelle bellissime luci di New Orleans, che tra l'altro ha condizioni climatiche di solito drammatiche: sta sempre piovendo o sta sempre per piovere. Volevamo mostrarlo nel cielo, far vedere sempre i fulmini in lontananza, le nuvole che si ammassano. La città intera ha una fantastica elettricità, la senti passeggiando per strada.
Ho letto nei credits che l'Industrial Light & Magic ha lavorato sul concept e sull'immagine del film. In che senso?
In pratica in preproduzione, quando ci stavamo ancora lavorando e aspettavamo che Netflix accettasse il progetto, abbiamo lavorato con degli artisti per dei bozzetti che rispondessero a delle domande: che aspetto ha un uomo in fiamme? Com'è un uomo di tre metri e mezzo? Sono stati esercizi completamente liberi e fantasiosi. Alcuni nostri amici all'IL&M ci hanno aiutato in questi casi, e anche amici alla Framestore, una compagnia simile all'IL&M. Alla fine è stata la Framestore a occuparsi degli effetti visivi.
Pensavo infatti che ogni superpotere rappresenta una sfida tecnica e coreografica diversa.
Sì, per ognuno devi inventarti un metodo.
Ho notato che nel film c'è un piano sequenza, la scena in cui una ragazza si autocongela fino a morire, mentre c'è una rissa fuori dal luogo in cui si trova. E' un piano sequenza reale, oppure è composto da diversi ciak legati insieme digitalmente?
E' un piano sequenza reale, senza stacchi. Lei è stata davvero bravissima, per un attore è una cosa molto difficile da fare: fingere di morire ghiacciato quando in realtà non succede nulla. E c'era una coreografia molto interessante per coordinare quello che succedeva fuori, ci è voluto un giorno intero per realizzare quella ripresa. E lei l'ha fatta benissimo a ogni ciak.
E la cosa interessante di quella sequenza è che, siccome il punto di vista è posto all'interno di quella struttura, questo ci ha permesso di usare nell'azione fuori sia Jamie Foxx sia la sua controfigura, alternandoli. Abbiamo usato il trucco vecchissimo dell'epoca dei western con John Wayne: a volte, quando Jamie Foxx esce dall'inquadratura, è la sua controfigura che subito dopo rientra in campo. In quel piano sequenza succede due-tre volte nello sfondo. E adoriamo questa cosa del cinema: le sfide divertenti, è come tornare bambini. Abbiamo cominciato facendo i dance movies, ci piace la coreografia anche in una sequenza d'azione, ci piace chiederci come renderla divertente e originale.
E il vostro stile è molto musicale, in un certo senso.
Grazie, si potrebbe pure dire che il film sia un musical.
Duncan Jones ha detto che Netflix è uno dei pochi studi che accettano film a medio budget, a Hollywood sempre più rari. Considerereste Project Power uno di questi film a "medio budget"?
Immaginiamo che per qualcuno questo potrebbe essere un film a medio budget, ma per noi è un film con un budget molto, molto grande! [risate] Molto più grande di qualsiasi altro film che abbiamo fatto. Dovevamo pensare a molte più cose, la troupe era molto più grande, c'erano molti più effetti visivi. E' stato divertente, ma anche una bella sfida. Compra il vero pop-corn del cinema!