Poltergeist: Sam Raimi e Gil Kenan ci raccontano la genesi del progetto
Produttore e regista hanno affrontato il delicatissimo remake
Rispettivamente come producer e regista, Sam Raimi e Gil Kenan si sono accollati il difficile remake dello storico Poltergeist. Cosa hanno provato nell'attualizzare un classico dell'horror?
Non c'era una certa ansia nel calpestare un terreno sacro?
GK: Certamente. C'era e c'è ancora, ma per scacciare l'ansia non c'è niente di meglio dell'entusiasmo nel sentire di avere di fronte a te tutti i mezzi per raccontare la storia bene. Naturalmente, sono ancora perseguitato dalle dimensioni e dall'ambizione del film originale, ma so anche che abbiamo realizzato questo film col massimo rispetto e amore per quell'altro, e che la storia che abbiamo portato sullo schermo ne incarna lo spirito.
Sicuramente tutti e due conoscete il film originale, ma l'avete ripassato? Se l'avete fatto, secondo voi tiene ancora dopo 33 anni?
SR: L'ho rivisto e secondo me tiene benissimo. E' quasi un'opera senza tempo, come Frankenstein o Non aprite quella porta, sembra che gli anni non siano passati. Credo sia una delle ragioni per cui la gente se ne sia tenuta alla larga per tanto tempo, non volevano rifare un classico così. Questo per un po' ci ha fermato, ma dopo tante sceneggiature abortite ne abbiamo incontrata una degna. Siamo stati molto fortunati a trovare David Lindsay-Abaire, che amava l'originale. Non stavamo cercando di migliorarlo, sarebbe come migliorare Via col vento. Si trattava di rendergli omaggio e creare una nostra storia basata sull'originale.
GK: L'ho visto una volta all'inizio del progetto e poi dopo che avevo letto la nostra sceneggiatura. Conoscevo benissimo il film, non credo che niente potesse sorprendermi, tranne la qualità e la forza emotiva del racconto. Ero già abbastanza spaventato dal compito che mi aspettava: volevo che lo spirito e la qualità dell'originale mi ispirassero, e poi è arrivato il momento di mettere in gioco le mie abilità. Per me, per raccontare la storia con sincerità e senza presunzione, bisognava partire da zero.
C'erano degli elementi dell'originale che secondo voi non potevano funzionare al giorno d'oggi?
SR: Non che pensassi che gli elementi non funzionassero, ma bisognava che una nuova versione della storia riflettesse la famiglia attuale, così come le nuove dinamiche familiari e lavorative svilluppate negli ultimi 33 anni: la gente non se la passa economicamente bene come nel 1982.
La decisione di farlo in 3D ha aiutato questa attualizzazione?
SR: E' stato un suggerimento dello studio. Pensavano che sarebbe stata una maniera interessante di aggiungere al film una nuova dimensione, un'altra maniera di aggiornarlo e renderlo più immersivo. Gil ha un grande occhio per l'immagine, quindi ho sostenuto l'idea.
GK: Mi era piaciuto tantissimo creare un grande spettacolo 3D con Monster House, e Sam stava proprio ultimando un gran lavoro sul 3D per Il grande e potente Oz. Abbiamo pensato tutti e due che il formato avesse le potenzialità per confezionare un grande spettacolo per il pubblico. Da decenni il genere horror non si è avvalso di questa dimensione extra, principalmente perché per convenzione si ritiene che solo i blockbuster ad alto budget possano avvantaggiarsi del 3D. La verità è che, se abbracci tutte le potenzialità del 3D, ti rendi conto che è uno strumento per la suspense così come la musica, il sound design, le luci o i movimenti di macchina. E' un'arma in più nel tuo arsenale.
Avete aggiunto un nuovo personaggio, per rimpiazzare la psichica Tangina, interpretata da Zelda Rubinstein nell'originale. Nella vostra versione lo psichico è la star di un reality, interpretato da Jared Harris.
GK: Non puoi essere all'altezza di Tangina o di Zelda Rubinstein! Creò un'icona della cultura pop, indelebile. Tanto del suo personaggio era legato alla sua persona anche al di là dello schermo, per questo David saggiamente ha rivisto da zero l'idea del chiaroveggente che arriva all'ultimo per aiutare la famiglia, quando I metodi più tradizionali e accademici falliscono. Ha scritto un personaggio completamente diverso, che ha un lavoro molto moderno, presenta un reality, e questo genera un dramma interessante. Il personaggio è un autentico veggente che aveva veri doni che avevano definito la sua vita, nel bene e nel male, e ha dovuto annacquare le sue capacità per divertire il pubblico televisivo. E' diventato un personaggio molto interessante.
Cosa ci dite di Steven Spielberg che aveva scritto l'originale, vi siete consultati anche con lui?
GK: Gli ho scritto due lettere quando ho cominciato a lavorare sul film. Mi ero preso la responsabilità di entrare in questo mondo che era stato concepito 33 anni fa da altri due cineasti, e ho scritto a entrambi della missione che ci ponevamo e di ciò che speravamo di ottenere. Ho raccontato del rispetto che provavamo per il loro lavoro, e abbiamo promesso che avremmo mostrato loro il film non appena pronto, prima che uscisse. Da allora ho avuto la fortuna di incontrare Tobe Hooper, e non vedo l'ora che entrambi vedano il film.
L'originale generò tre sequel: accadrà lo stesso per questo?
GK: A me sembra un film autoconclusivo, non la vedo così. Ha un grande inizio, una parte centrale e un finale molto chiaro. Così com'è, mi sembra molto completo.