Interviste Cinema

Pietro Marcello parla di Bella e perduta "il mio film libertario e indipendente"

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Un'opera intensa e coinvolgente, nelle sale dal 19 novembre.

Pietro Marcello parla di Bella e perduta "il mio film libertario e indipendente"

È stato presentato in concorso al Festival di Locarno, e sarà il film protagonista della pre-apertura di quello di Torino il prossimo 18 novembre, un giorno prima della sua uscita nelle sale italiane. Ma non vi aspettate di vedere Bella e perduta gettato allo sbaraglio nel marasma delle mille uscite di questo periodo, perché il nuovo lavoro di Pietro Marcello uscirà inizialmente in sole quindici copie, per concentrarsi nelle sale che programmano cinema di qualità e puntare alla lunga distanza grazie al passaparola. Che, pensiamo, non potrà che essere positivo, viste le qualità dell’opera.
Certo, Bella e perduta non è il film che si rivolge agli spettatori dei cinecomic o dei cinepanettoni, eppure sarebbe capace di comunicare qualcosa, magari di inconscio e primordiale, anche a loro. Non a caso, pur essendo legatissimo al territorio e alla cultura italiana, è stato recepito ottimamente dalla stampa internazionale e si appresta a essere distribuito in Francia e a essere venduto in vari paesi dalla potentissima Match Factory.

Parlando di Bella e perduta, Pietro Marcello ha voluto per prima cosa ricordarne la natura “correntista e indipendente”, e la produzione attraverso la sua società, la Avventurosa, i primi capitali immessi da Mario Gallotti e il successivo coinvolgimento di RaiCinema (“grazie a Paola Malanga, che viene dalla critica, e col la quale c’è stato un lavoro di squadra senza precedenti,” ha sottolineato il regista) e dell’Istituto Luce.
“Quella di questo film è stata una produzione lunga e travagliata. Inizialmente doveva essere un film che raccontava un viaggio per l’Italia con Tommaso Cestrone, l’Angelo di Carditiello, ma quando Tommaso è morto, nel dicembre 2013, abbiamo dovuto cambiare la storia in corso d’opera. Così, con Maurizio Braucci, sceneggiatore, abbiamo pensato a una storia che guardasse al registro del realismo magico e a quello della fiaba.”

Cestrone era diventato celebre qualche anno fa, per via del suo lavoro volontario di difesa di un luogo abbandonato a sé stesso e all’incuria come la Reggia di Carditello, residenza borbonica nel cuore della Terra dei Fuochi, per anni adibito a discarica o saccheggiato dai razziatori. “Carditello non interessava a nessuno,” ricorda Marcello, “è stato un luogo violentato più volte fino dai tempi dei garibaldini, è stato a lungo perfino un luogo di latitanza dei camorristi. Grazie all’attenzione portata dal lavoro di Tommaso,” ha proseguito il regista, “il ministro della Cultura del governo Monti, Massimo Bray, l’ha acquistato a nome dello Stato per 10 milioni di euro dal Banco di Napoli, che ne era entrato in possesso dopo il fallimento del precedente proprietario, il Consorzio di bonifica di quell’area.”

Con la morte di Tommaso Cestrone, dice il regista, il lavoro sul film “ha switchato da inchiesta a fiaba”, e se dalla grande passione dell’uomo per gli animali è venuta spontanea la storia del bufalo lasciato in eredità, da condurre verso luoghi sicuri, la figura di Pulcinella emerge da motivazioni più complesse di quelle relative al folklore campano.
“Tommaso salvava realmente i giovani bufali lasciati a morire dagli allevatori, che oggi non hanno alcun uso dei maschi, mentre una volta quegli animali erano fondamentali per l’aratura e per la costruzione delle strade,” spiega Marcello, mentre Braucci sottolinea come il loro Pulcinella non sia “il personaggio della commedia dell’arte, ma quello della tradizione antica, quello che fa da contatto tra vivi e morti, da psicopombo. In questo modo abbiamo recuperato l’arcaicità, il legame profondo con la terra, che nel film ha un ruolo archetipico e fondamentale. in fondo,” dice, “Bella e perduta parla del rapporto tra la forza della natura e lo sviluppo senza progresso, per dirla con Pasolini.”
Pulcinella come personaggio che getta la maschera e diventa pastore consapevole, cittadino giudizioso, sceglie il libero arbitrio: il seme che viene lasciato per il domani,” aggiunge il regista. “E il paradosso della nostra storia sta proprio nella figura di Tommaso, contadino non colto che custodiva una bellezza che amava ma non capiva.”

Marcello ha poi parlato del lavoro fatto con una macchina da presa Super16 a manovella “che usavamo nelle soggettive del bufalo, per ricalcare il battito del suo cuore”, e con l’utilizzo di pellicola spesso scaduta “che riprendeva un paesaggio anch’esso scaduto, e sfregiato come le pitture di Hackert all’interno della Reggia che l’hanno come soggetto.” “Non ho nulla contro il digitale, ma penso che la pellicola rispecchino i tempi del cinema, la dimensione dell’attesa, l’aspetto alchemico del film,” ha aggiunto.
Ma ha soprattutto rivendicato, ancora, la natura libertaria e indipendente della sua operazione, girata con 450mila euro di budget “che sono il giusto per poter fare un film e poterlo controllare artisticamente. Come mai non eravamo a Venezia? Locarno aveva già visto il film e dal Lido non avevamo risposte: quello svizzero era il festival giusto per il nostro film, che non ha attori importanti e non è un film dell’industria.”
E Sarchiapone, il bufalo del film? “Dalle sue parti è diventato una celebrità, lo vanno tutti a vedere. E in primavera si accoppierà per la prima volta.”

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