"Oggi i buoni sentimenti sono rivoluzionari": Walter Veltroni e Stefano Fresi su C’è tempo
Opera prima di finzione per il politico passato al cinema.
“Cosa è successo ieri, la vittoria dello scudetto della Juve?”. Walter Veltroni inizialmente finge di confondere le sue passioni, quando gli viene chiesto delle premarie democratiche. Sarebbe all’Adriano di Roma per presentare ai giornalisti il frutto di un’altra delle sue mille passioni, il cinema, il suo esordio alla regia di finzione C’è tempo; ma è inevitabile che uno dei fondatori del Partito Democratico parli anche della sua felicità per le novità politiche del fine settimane. “Sono molto contento, è un piacere vedere un segnale di luce in un’epoca piena di paura, di perdita della speranza, con la sensazione che il futuro abbia perso la sua capacità di realizzarsi. Non perdo, né perderò mai, la mia passione civile, in una democrazia la politica la si fa in molti modi diversi, non c’è bisogno di ricoprire dei ruoli”.
C’è tempo è il racconto del rapporto fra l’adulto Stefano (Fresi), di professione osservatore scientifico di arcobaleni, in crisi con la moglie e senza un euro, che scopre di avere un fratellino di 13 anni di nome Giovanni: hanno in comune solo il padre, molto ricco, che Stefano però non ha mai conosciuto. Alla sua morte Stefano, burbero e casinista, si vedrà assegnato Giovanni, in cambio di un bel po’ di soldi, anche se lui ha dei piani poco in linea col ruolo di fratello e possibile padre putativo. I due si conoscono e si scambiano ostilità, iniziando un viaggio on the road che naturalmente contribuirà a farli conoscere e cambiare, fino a un epilogo inatteso a Parigi.
Veltroni non poteva che esordire con un film sui buoni sentimenti, con non poche nostalgiche strizzate d’occhi agli anni che furono, come il ghiacciolo arcobaleno, che Algida riprodurrà per l’occasione durante l’estate, oltre a citazioni a ripetizione, “sono oltre cinquanta”, ci dice con orgoglio il cinefilo ex politico. Da Novecento di Bertolucci a I cento colpi di Truffaut, passando per omaggi musicali (tra cui un inedito di Dalla) e letterari, fino a un cammeo pieno d’amore per l’alter ego di Truffaut, Antoine Doinel, ovvero Jean-Pierre Léaud.
“È un personaggio che abbiamo costruito con Walter,” ha dichiarato Stefano Fresi, “cercando di rappresentarlo pieno di colori, come gli arcobaleni che ama tanto. Molte sfaccettature per un burbero con lati di tenerezza, uno scienziato non privo di aspetti romantici e dal cuore grande. Il suo arco è enorme, nella sua trasformazione trova un tesoro, come quello alla fine dell’arcobaleno, trovando un amore, anche se non realizzato, che gli dà la forza e il coraggio di prendersi cura del fratellino, e viceversa, vista la grande maturità del piccolo Giovanni, cresciuto in solitudine con grande amore per il cinema, e il mito di Jean-Pierre Léaud”.
“L’idea era di far viaggiare due persone completamente diverse nella stessa macchina”, ha detto Veltroni. “Tra l’altro abbiamo usato proprio la vera macchina di Fresi, una spider che le ha regalato la moglie. Giovanni è più grande dei suoi 13 anni, crescendo solo con due genitori assenti, alle prese con il meraviglioso caos di Stefano. I due sono costretti a convivere, iniziando un viaggio che rallenta, non fatto per arrivare il prima possibile alla meta. Stanno bene insieme, sempre di più, fanno delle pause, incontrano due coetanee (rispettive) a cui aprire il cuore. Da un incontro fra diversi nasce un’unità che desta meraviglia, come quella fra i colori che compongono l’arcobaleno. Volevo fosse un film pieno di luce, per cui la macchina doveva essere scoperta, piena di colori, solare, carica di speranza in un’epoca, in cui viviamo, buia e scura”.
All’accusa, per lui consueta, di abusare dei buoni sentimenti, il neo regista ha risposto così: “di questi tempi in cui regnano l’insulto e l’odio il pericolo non è l’eccesso di buoni sentimenti, ma l’opposto, la bontà è rivoluzionaria, poi io sono così non potrei essere credibile se facessi un film splatter, ci portiamo appresso quello che siamo, ma non mi sono mai ribellato a quella definizione. Il titolo, C’è tempo è un omaggio alla canzone omonima di Ivano Fossati, che ritengo un capolavoro, e vuole invitare al recupero del tempo, al lasciarsi andare alla bellezza del viaggio, sottraendosi all’incubo dell’arrivo”.
C’è tempo uscirà nelle sale il 7 marzo in 250 copie per Vision Distribution.