Interviste Cinema

Nomi e cognomi: Enrico Lo Verso, Maria Grazia Cucinotta e Sebastiano Rizzo in difesa del buon giornalismo

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Quando la ricerca della verità porta al sacrificio della vita.

Nomi e cognomi: Enrico Lo Verso, Maria Grazia Cucinotta e Sebastiano Rizzo in difesa del buon giornalismo

E' dedicato ai giornalisti e ai cronisti che hanno pagato il rispetto dell’etica professionale con il sacrificio della propria vita Nomi e cognomi, il primo lungometraggio di Sebastiano Rizzo, attore e regista televisivo e teatrale, nonché autore di corti e documentari.
E’ incentrata sulla ricerca della verità a qualunque costo la drammatica vicenda di Domenico Riva, personaggio inventato per insegnare, a chi si affaccia al mondo del lavoro e alle bruttezze di un’Italia in cui la criminalità organizzata tiene ancora sotto scacco l’informazione, l’importanza della condivisione e della collaborazione, soprattutto quando l’obiettivo da raggiungere è nobile e giusto.

Proprio questa lezione di speranza, indirizzata soprattutto ai giovani, è stata il faro nella nebbia di un film di difficilissima realizzazione, che ha minacciato di scoraggiare – a pochi giorni dalle riprese – tanto il regista quanto i produttori.
"Nomi e cognomi è l’impresa di una giovane famiglia che ha portato a termine con fatica una missione in cui ha fortemente creduto" – spiega Sebastiano Rizzo durante la conferenza stampa di presentazione del film. "Il fatto di trovarmi qui oggi insieme a Enrico Lo Verso e Maria Grazia Cucinotta significa che in un certo senso ho già vinto. Abbiamo impiegato un anno a scrivere la sceneggiatura e, quando abbiamo finito, le settimane di lavorazione a disposizione erano sei e il budget non era altissimo, ma comunque soddisfacente. Poi il budget ha cominciato a ridursi drasticamente e le settimane sono diventate quattro. Ricordo di aver pensato che fosse meglio lasciar perdere, ma c’era l’entusiasmo degli attori e la voglia di non asservirsi a un sistema che non ci piaceva, quindi non potevamo arrenderci. Giravamo per ore, Maria Grazia spesso non aveva il tempo di andare al trucco e cambiavamo i pantaloni a Enrico durante i primi piani. Se siamo riusciti a fare il film che avete visto oggi, è stato veramente un miracolo”.

In origine, Nomi e cognomi avrebbe dovuto essere la versione estesa di un cortometraggio che lo stesso Sebastiano Rizzo aveva dedicato alla figura di Giuseppe Fava, giornalista catanese ucciso dalla Mafia nel gennaio del 1984: "Il corto aveva vinto un premio al Festival di Taormina ed era stato un successo” – continua il regista. “Trasformarlo in un lungometraggio sarebbe stato più semplice e più comodo, però a un certo punto ci siamo resi conto che dovevamo staccarci da una singola figura, dovevamo generalizzare e parlare di tutti i giornalisti che sono stati ammazzati per aver raccontato i fatti così come si sono svolti".

"L’esperienza di questo film bellissimo" – ha detto Enrico Lo Verso, visibilmente emozionato – "è stata una specie di risarcimento per chi, semplicemente facendo il proprio mestiere, ha pagato un prezzo troppo alto. Con una storia così dovevamo essere puliti e chiari, evitare ogni caratterizzazione. Non è la prima volta che lavoro in un film sulla Mafia, ma qui faccio il buono invece del cattivo. Fare il buono è più impegnativo che fare il cattivo. I cattivi sono più divertenti e sono sempre da soli. I buoni sono circondati da personaggi che soffrono con loro. I buoni hanno responsabilità, devono consegnare un testimone, che qui è il testimone della verità. Il bello di questo mestiere è poter continuare a giocare ai cowboy e agli indiani come si faceva da bambini. Una volta fai l’indiamo, l’altra il cowboy".

Anche se il personaggio di Mimmo Riva non è esistito veramente, l’attore che lo interpreta aveva numerosi modelli a cui ispirarsi. E invece, nel suo giornalista che difende ad ogni costo la trasparenza e l’onestà non c’è nessun riferimento in particolare: "Non ho avuto bisogno di documentarmi. Sono storie che conosco, fatti di cronaca con cui siamo cresciuti. Leggo i giornali ogni giorno e sono anni che seguo i giornalisti che sono più a rischio. Ho assistito in silenzio alle dimostrazioni di crudeltà della Mafia o di quanti hanno violentato l’informazione. Una volta un mio amico mi ha detto: 'Se vuoi fare l’attore, devi conoscere il mondo'. Aveva ragione. Quello che capita a noi è troppo poco per capire ciò che ci sta intorno. A convincermi ad accettare il ruolo è stato il fatto che Sebastiano avesse girato un corto su Pippo Fava, che era di Siracusa. Io sono cresciuto a Siracusa e rammento che il primo spettacolo al chiuso che ho fatto era basato proprio su un testo di Pippo Fava. Il mio primo personaggio vero è stato inventato da lui".

Nemmeno Maria Grazia Cucinotta, che in Nomi e cognomi è la moglie del personaggio di Enrico Lo Verso, ha dovuto studiare più di tanto per comprendere il contesto che il film racconta: “Chi come me viene dal sud conosce bene questa realtà. L’augurio è che cose del genere avvengano in futuro solo all’interno di una sceneggiatura. In questo film i cattivi restano cattivi e i buoni sono sempre buoni, solo che pagano la loro bontà con la vita. Spero che un domani i buoni possano rimanere buoni facendo trionfare la giustizia e non i cattivi. Nomi e cognomi contiene un messaggio importante, ma confesso di aver accettato di far parte di quest’avventura anche perché c’era Enrico, che ho ritrovato dopo tanti anni e che nella vita è un mio grande amico. Interpretare sua moglie all’inizio mi sembrava un po’ un incesto".

Da produttrice che non sempre ha trovato di fronte a sé la strada spianata, la Cucinotta sa quanto sia importante sostenere un piccolo film come Nomi e cognomi, e dice orgogliosa: "La Mafia non è solo quella che vedete nel film. In Italia la distribuzione è una Mafia totale. Chi è indipendente incontra grandi difficoltà e deve pagare un prezzo altissimo, altrimenti non trova spazio".

Prodotto dalla Draka Production di Corrado Azzollini e distribuito dalla Draka Distribution (prima e unica distribuzione cinematografica pugliese), Nomi e Cognomi è interpretato, fra gli altri, anche da Mingo De Pasquale, Ninni Bruschetta, Dino Abbrescia e dal giovane Marco Rossetti, volto noto soprattutto ai frequentatori delle fiction italiane.

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