Interviste Cinema

Noir in Festival 2016: Jean-François Richet presenta l'action con Mel Gibson Blood Father

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A Como il regista francese confessa la sua ammirazione per un attore che gli ha impartito una grande lezione.

Noir in Festival 2016: Jean-François Richet presenta l'action con Mel Gibson Blood Father

Ha cominciato a fare il regista con l’impegno e lo sguardo di un autore, esprimendosi attraverso la lingua del cinema-verità e raccontando la banlieue e i suoi disagi. Poi, improvvisamente, ha iniziato a "parlare l’americano" delle grosse produzioni, dirigendo Laurence Fishburne ed Ethan Hawke in Assault on Precinct 13, remake dell’action-thriller di John Carpenter Distretto 13: Le brigate della morte. Il successo planetario, però, ha bussato alla sua porta nel momento in cui ha avuto la fortuna e l’abilità di firmare il film in due parti Nemico pubblico n.1, nel quale ha diretto Vincent Cassel, protagonista anche del successivo Un momento di follia. Adesso Jean-François Richet torna a reinventarsi e rinnovarsi, firmando un action-movie e chiamando a raccolta addirittura Mel Gibson, trasformato in un un ex alcoolista ed ex galeotto che prova a salvare da morte certa la figlia adolescente. Il film si intitola Blood Father e ha aperto il Noir in Festival a Como, dove il regista francese ha pensato bene di accompagnarlo, spiegando per prima cosa l’inizio di questa sua nuova avventura.

"Il produttore mi ha sottoposto la sceneggiatura" - ha detto. "Ho letto anche libro di Peter Craig, che mi è sembrato un eccellente romanzo. Come spettatore, non sono un appassionato di azione, l’azione mi interessa solo nella misura in cui rivela dei personaggi. Sempre a proposito di generi, mi è stato chiesto se Blood Father sia da considerarsi un noir. Non lo so, ma so che, quando leggo i romanzi noir, mi appassiona la loro capacità di mettere a fuoco i cambiamenti del nostro tempo. Nel libro ho ritrovato il ritratto molto preciso di una certa America, l’America del sottoproletariato, degli 'sfavoriti dalla vita'. Oggi molti si chiedono dove stia andando l’America, il film non risponde a questa domanda, ma ci fa capire la disperazione di una determinata parte del mondo. Lo abbiamo girato in una zona di frontiera, in Nuovo Messico, ma l’unico confine a cui ho pensato durante tutta la lavorazione è stato quello fra ricchezza e povertà".

Anche se il personaggio principale del suo film (che si chiama John Link) è un altro di quegli uomini (come già Mesrine) che dicono no alle regole e sì alla libertà, per Richet non si può sfuggire alle insidie e ai condizionamenti della società contemporanea: "Pensare che esista un 'fuori' alternativo al sistema è un bel sogno. E’ impossibile evitare il capitalismo. Anche un povero deve comprarsi un pezzo di pane. Perfino un barbone deve in qualche modo rapportarsi al contesto in cui vive. Detto questo, sono convinto che le società occidentali in qualche modo ingoino i ribelli".

Che sia un ribelle, o semplicemente un "ragazzaccio", Mel Gibson - che in Blood Father è straordinario - è certamente un attore a cui qualsiasi regista, almeno sulle prime, si avvicina con cautela, magari perché spaventato dalla cattiva stampa di cui l’australiano dagli occhi azzurri gode. Per Jean-François Richet le cose sono andate diversamente: "Tutto quello che avete letto di negativo su Gibson è falso. La persona che ne parla meglio è Jodie Foster, e ha ragione su tutta la linea. Al di là delle sue qualità professionali, che non sono in discussione, Mel è una persona calorosa e simpatica, sul set è sempre disponibile, scherza con i tecnici, i figuranti, pranza con la troupe e non nella sua roulotte. Mentre giravamo era adorabile. La differenza fra l’Europa e l’America, quando si tratta di girare un film, è che in Europa si lavora con una squadra, in USA con un esercito. Mel Gibson ha il grande pregio di saper trasformare l’esercito in squadra, e questo dipende dalla sua simpatia".

Al regista Mel Gibson ha impartito una lezione decisamente importante: "Quando ho fatto un film negli Stati Uniti 11 anni fa, ho imparato a essere soprattutto rigoroso, ma poi, di recente, Gibson mi ha insegnato che della parte tecnica bisogna fregarsene, bisogna continuamente 'ricentrare' il valore del personaggio e dell’attore che lo interpreta. Ogni giorno sul set Mel mi chiedeva: qual è l’emozione di John Link in questo momento?. Rispondere a simili domande dev’essere il compito principale di un regista. Grazie a Mel Gibson, ma anche per merito di Vincent Cassel, ho capito che è necessario avere fiducia negli attori e credere che faranno la cosa giusta, perfino non rispettando il copione. Comunque Mel e Vincent hanno diverse cose in comune, a parte il talento. Sono entrambi uomini dolci, anche se poi hanno un carattere forte".

Jean-François Richet, che sogna di poter dirigere un giorno una versione teatrale dell’Otello di William Shakespeare, ha chiuso l’incontro con i giornalisti parlando dei riferimenti ad altri film che è possibile cogliere in Blood Father e su cui diversi articoli, soprattutto sul web, si sono soffermati: "E’ chiaro che ho pensato e reso omaggio a certo cinema degli anni ’70, soprattutto ai film di Don Siegel, ma non sono uno che cita per forza. Mi hanno detto che una scena in cui Mel Gibson sparava da una motocicletta ricordava da vicino una sequenza di Mad Max. In realtà non ci avevo pensato, era solo l’arma a essere simile. La verità è che Mel fa parte dell’immaginario cinematografico collettivo e si porta dietro tutta una tradizione di film che è impossibile ignorare".

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