Interviste Cinema

Michael Radford parla del suo Michel Petrucciani

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A chi crede che la visione di un documentario non possa essere emozionante, consigliamo la visione di Michel Petrucciani Body and Soul. Diretto da Michael Radford e distribuito il 22 giugno in 15 copie dalla PMI, che l'ha anche coprodotto, è uno dei film più “necessari” che abbiamo visto negli ultimi tempi.

Michael Radford parla del suo Michel Petrucciani

Michael Radford parla del suo Michel Petrucciani

A chi crede che la visione di un documentario non possa essere emozionante, consigliamo la visione di Michel Petrucciani Body and Soul. Diretto da Michael Radford e distribuito il 22 giugno in 15 copie dalla PMI, che l'ha anche coprodotto, è uno dei film più “necessari” che abbiamo visto negli ultimi tempi.
Un ritratto, umano e artistico, dello straordinario Michel Petrucciani, inimitabile pianista jazz italo-francese scomparso a soli 36 anni nel 1999 e sepolto al Père Lachaise di Parigi accanto a Frédéric Chopin: affetto da una dolorosa osteogenesi imperfetta, alto un metro e condannato a morire giovane, Petrucciani  aveva deciso di vivere la sua vita alla massima intensità possibile. E fu proprio quello che fece, realizzando in quel breve arco di tempo molti dei suoi sogni, sogni che anche una persona non afflitta da handicap avrebbe potuto ritenere impossibili.
Di questo bellissimo film vi parleremo più approfonditamente in occasione della sua uscita: nel frattempo abbiamo avuto il piacere di incontrare il regista Michael Radford, venuto a presentarlo alla stampa italiana dopo il successo ottenuto dal documentario al festival di Cannes, dove è stato presentato fuori concorso.

Simpaticissimo, affabile e da sempre legato al nostro paese (di molti anni fa un documentario sulla musica napoletana e la Nuova Compagnia di Canto Popolare, per non parlare del Postino e del fatto che si è sposato nel nostro paese, dove suo figlio è nato), Radford ci ha raccontato in ottimo italiano com'è nato questo progetto che lo riporta alle sue origini documentaristiche:
“Per caso. Un produttore americano mi ha proposto quest'idea che mi è piaciuta molto. Poi è entrata nel progetto anche una casa di produzione francese, Les Films d'Ici, che è  molto famosa e ha fatto film come Valzer con Bashir e documentari bellissimi, per cui sapevo di trovarmi nelle mani giuste, in mani forti, per poter fare un documentario. La parte più difficile infatti è avere i mezzi per farlo, perché fare un documentario sulla musica costa molto. Quindi è così che è nato, e io sono rimasto affascinato dal personaggio. Tra l'altro mi è capitato in un ottimo momento, in cui avevo uno spazio nella mia vita per fare un film del genere. E' stato molto bello”.

Radford si è avvicinato all'argomento da neofita, anche per motivi geografici: “In Inghilterra Petrucciani non era per niente conosciuto. Sì, lo era tra i jazzisti, tra i musicisti, ma non era conosciuto dal pubblico, neanche dal pubblico ridotto degli amanti del jazz. Non so perché, visto che ha suonato parecchie volte in Inghilterra, però era così. Era famoso soprattutto a New York e in Francia, dove era un fenomeno enorme. E anche un po' in Italia (nel film si vede anche un pezzo del suo concerto davanti al Papa e ai prelati vaticani, ndr). Ed è un peccato perché era un grande, e questa è una cosa innegabile. E io l'ho scoperto facendo questo documentario. Sono stato molto contento di scoprire questo personaggio, un genio della musica e un genio della vita”.

E proprio a questo proposito, chiediamo a Radford quali aspetti umani di Petrucciani l'abbiano maggiormente colpito tra quelli che ha scoperto: “che al fondo era un essere umano esagerato, perché era handicappato, aveva un genio esagerato e una personalità esagerata. In un certo qual modo la lezione che ha dato a tutti quanti noi è stata quella di vivere ogni giorno come se fosse l'ultima giornata della propria vita. Perché lui viveva tutto intensamente, dal momento che sapeva di non avere molto da vivere. E lo faceva con coraggio, senza lamentarsi mai di niente, era un personaggio incredibile”.

Gli chiediamo cosa pensi della situazione del figlio, a cui Petrucciani ha trasmesso consapevolmente la stessa malattia che lui aveva ricevuto casualmente da una famiglia sana: “Lui c'è, ed ha lo stesso handicap del padre, anche se adesso è un po' diverso e si può curare un po' meglio. Alexandre soffre per due cose: soffre per avere un padre famosissimo e per essere handicappato. Non lo so, io penso che sia una cosa paradossale, e che in quei paradossi stia l'umanità. Quello che voglio dire è che lui sapeva che suo figlio avrebbe ereditato la sua stessa malattia, quindi è stato difficile. Ma al tempo stesso non accettare di avere un figlio così sarebbe stato come rifiutare se stesso. Il figlio oggi ha una fidanzata, è uno “normale”, è un personaggio molto forte, con una sua personalità, diversa da quella del padre. E' molto più introverso del padre, però è uno che sa bene cosa vuole dalla sua vita”.

Dal documentario viene anche fuori con molta forza il rapporto appassionato tra Petrucciani e le sue donne, un aspetto molto bello in una società in cui sembra che l'apparenza fisica sia tutto. “Certo questo dà un bel messaggio, anche se lui aveva un lato un po' meridionale, una concezione un po' antica della vita:  non voleva soltanto stare con una donna, ma voleva anche tradirla, e parecchie volte! Questo è l'aspetto meridionale della sua vita, ma anche la sua normalità, la ricerca della normalità che era la sua vita. Infatti, come dice nel film una delle sue donne, il suo sogno maggiore era di camminare mano nella mano  su una spiaggia con una bella donna. Avrebbe dato tutta la sua vita per poterlo fare anche solo una volta!”.

Quanto ad Alexandre (21 anni oggi, 9 all'epoca della scomparsa del padre), chitarrista e musicista di musica elettronica, nonché curatore del lascito musicale paterno, ci piace chiudere con le parole con cui ha risposto in conferenza stampa a chi gli chiedeva che padre fosse stato Michel Petrucciani: “mio padre era il mio eroe, per il suo coraggio e la sua volontà. La mia vita? Non è “ancora” straordinaria come la sua, ma sono qui”.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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