Interviste Cinema

Marilyn ha gli occhi neri: l’irresistibile follia di Stefano Accorsi e Miriam Leone

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E’ stato presentato fra le Anteprime Internazionali del Bif&st Marilyn ha gli occhi neri, in cui Stefano Accorsi e Miriam Leone soffrono di un disagio mentale ma fanno allegramente squadra. I due attori sono arrivati a Bari insieme al regista Simone Godano per salutare il pubblico e incontrare la stampa.

Marilyn ha gli occhi neri: l’irresistibile follia di Stefano Accorsi e Miriam Leone

Li abbiamo visti insieme nella serie 1992, 1993 e 1994 e sono entrambi famosi, bravi, di bella presenza e generosi nella vita e nelle interviste. Neosposa ed ex Miss Italia lei, papà di 4 figli e attore richiestissimo lui, Miriam Leone e Stefano Accorsi sono i protagonisti di una commedia sulla diversità e sul disagio mentale intitolata Marilyn ha gli occhi neri e diretta da Simone Godano. In uscita il 14 ottobre, è stata presentata in anteprima mondiale al Bari International Film Festival, dove il film fa parte della sezione Anteprime Internazionali. I due attori non potevano perdersi l'emozione di presentare il film a una platea, e alla stampa hanno parlato volentieri di un progetto in cui hanno creduto e aderito fin dal primo istante. Con loro c'erano la sceneggiatrice Giulia Steigerwalt e il regista, che ha spiegato come sia nata l’'dea del film: "Io e Giulia ci siamo messi a cercare delle idee e poi un giorno abbiamo proiettato Croce e delizia, che è il nostro secondo film, in un'arena estiva totalmente gestita da disabili, che facevano gli hot dog, portavano le birre, eccetera. Questa piccola attività emozionava tantissimo queste persone, e la loro gioia autentica ci è sembrata una cosa da cui partire. Volevamo una storia che ruotasse intorno alle manie e alle ossessioni della gente comune, però abbiamo capito che raccontare le persone normali sarebbe stato un po’ più banale e anche più facile, e invece sentivamo il desiderio immergerci in una narrazione più originale e più profonda. Entrando in diversi centri diurni, ci siamo resi conto che le persone che li frequentano hanno la capacità di manifestare ciò che sentono in maniera molto intensa, sia nell'arrabbiarsi, sia nella felicità, sia nel modo interagire con noi”.

Quando Simone Godano e la Steigerwalt si sono lanciati nella stesura del copione, hanno preferito non limitarsi ad un unico genere cinematografico. Inoltre, avevano bisogno di una dedizione totale da parte dei due protagonisti. "Mi piace chiamare il nostro approccio un approccio all’americana" - ha continuato Godano - "perché abbiamo cercato di fare di Marilyn ha gli occhi neri una commedia romantica e anche un film dove si piangesse, non perché eventi drammatici caratterizzavano la vita dei personaggi, ma solo per l'emotività dei protagonisti. Stefano e Miriam sono partiti che erano persone. Ho detto loro: "Buttiamoli, Stefano e Miriam, prendete quello che volete di loro ma ribaltiamo le vostre figure perché è giusto farlo con questi personaggi, perché se fossero belli, affascinanti, maliziosi, strutturati, il film non reggerebbe". Loro si sono entusiasmati e sono diventati per un attimo personaggi, per poi tornare a essere persone”.

In Marilyn ha gli occhi neri Stefano Accorsi interpreta Diego, un uomo pieno di tic che gestisce male la rabbia e non riesce a vedere la sua bambina. Il personaggio, decisamente sopra le righe, ha fatto innamorare l'attore, felice di trovarsi, per la conferenza stampa, sotto a una gigantesca fotografia di Ettore Scola: "Quando si trova un copione come questo" - ha detto Stefano - "è sempre un dono, sia per il personaggio che per il progetto nella sua totalità, perché ci si rende conto che è composto da una serie di elementi che lo rendono interessante e completo. Alle volte capita che ci sia un personaggio bellissimo ma nel copione sbagliato, e quindi recitare in Marilyn ha gli occhi neri è stato come trovarsi nel contesto giusto. E poi è meraviglioso avere a disposizione un personaggio che spinge il regista a non dire a un attore ''ai di meno' ma 'fai di più', e cominciare un film con una scena in cui puoi spaccare tutto, puoi distruggere tutto, e dopo che lo hai fatto una volta te lo fanno rifare, è davvero liberatorio. Comunque, Simone e Giulia sono passati attraverso la verità senza perdersi le occasioni più spettacolari o di commedia umana che ci potevano venir fuori da questa storia".

Poi Accorsi ha ammesso che Diego non è poi così lontano da lui: "Preparando il personaggio mi sono reso conto che avevo molti più punti in comune con lui di quanti non potessi immaginare. So che sembra strano, ma è la verità. Per esempio pensavo di essere perfezionista, e invece rasentavo il comportamento ossessivo compulsivo. E quando certe cose non venivano fatte secondo i miei parametri, mi innervosivo molto. Certo, Diego rompe tutto, ma io posso capirlo. Credo che la bellezza di questi personaggi risieda nel fatto che la diversità ci è molto più familiare di quanto non pensiamo, ci rassicura pensare che siano altro da noi, ma in realtà ci risuonano dentro in modo molto deciso perché nella vita di ognuno ci sono momenti in cui si sta sta meglio o si sta peggio, o in cui si sfiora la depressione. Sono momenti spiazzanti, sorprendenti. Tutti noi conosciamo le nostre fragilità, poi magari non le ascoltiamo, ed è proprio per questo che avvertiamo familiarità con personaggi come Diego".

Seduta accanto a Stefano Accorsi, vestita di beige e con i capelli biondi, Miriam Leone era al settimo cielo, e ha detto: “E’ commovente per me essere qui in presenza, trovarmi a Bari. L'ultima volta che ci siamo visti, eravamo senza mascherine. Oggi il mondo è cambiato, ma l'emozione di essere qua è sempre grande. Sono felice che il film verrà visto questa sera dal pubblico all'interno del Teatro Petruzzelli, e aspettiamo con trepidazione di rimanere insieme agli spettatori, seduti l'uno accanto all'altro nella stessa sala a coesistere con uno spettacolo, che crea uno scambio di anime. E’ una cosa fondamentale per la salute mentale dell'individuo”.

Poi l’attrice ha speso parole di lode nei confronti del film e dei suoi compagni di lavoro: “Il dono di questo film è una sceneggiatura che ho amato subito. Se una sceneggiatura non mi fa aprire il frigorifero o prendere il cellulare dalle prime battute all'ultima, significa che mi ha catturato. Dopo la sceneggiatura è arrivato il regista, Simone, che non molla i suoi attori, i suoi personaggi, gli obiettivi, gli zoom, la fotografia, i costumi, e che ha lavorato con noi veramente su tutto e ci ha resi partecipi del progetto come se fosse nostro. Stefano Accorsi è stato altro dono. Ognuno di noi ha fatto il suo lavoro sul personaggio separatamente, e quando ho visto Stefano il primo giorno ho pensato: ci divertiremo”.

Avvicinarsi a Clara, tuttavia, non è stato così semplice per Miriam Leone, perché la sua "follia", se così vogliamo chiamarla, si scopre piano piano: “Questo film ci ha regalato anche rischi, perché si parla di disagio mentale. Poteva essere una satira, potevamo scivolare nella macchietta. Per me è stato molto difficile capire quale fosse il problema di Clara, intuire come renderlo, perché un personaggio che non ha tic, che da fuori sembra normale, dà meno appigli a un attore. All'inizio facevo duemila domande a Simone per cercare di comprendere come aggrapparmi a questa donna disperata che però vive con grande leggerezza e dignità la sua disperazione. In ogni modo, per me donare realismo a questi disturbi mentali ha regalato una finestra su un argomento che spesso è tabù. Il film ha dato a noi attori la consapevolezza che l'altro da noi, che poi è ciò che ci fa paura, in realtà ci riguarda da vicino, perché fa parte della nostra umanità”.

Miriam Leone e Stefano Accorsi hanno infine raccontato il loro metodo di lavoro, il loro approccio ai personaggi, che non è esattamente una versione nostrana del metodo insegnato da Lee Strasberg.

"Le porte sono sottili" - ha cominciato Miriam - "è come fare riscaldamento, devi arrivare caldo, pronto a ogni proposta possa fare questo essere umano particolare che è definito regista. Un regista può chiederti di interpretare una scena appesa a una finestra. Simone aveva una figlia appena nata e non dormiva, quindi ogni mattina ci metteva davanti a infinite possibilità. Io cerco di mantenere la mia vita privata fuori dal set, perché il lavoro dell'attore è un mestiere, quindi cerco di preservarlo il più possibile, perché le emozioni si donano al pubblico e alla macchina da presa".

"Una volta" - ha continuato Accorsi - "ho fatto un seminario con un insegnante russo che diceva: lo spettacolo è come una fetta di torta che noi dobbiamo porgere al pubblico, non dobbiamo masticarla e sputargliela addosso, nel senso che è impossibile dimenticarsi che c'è la macchina da presa. Noi recitiamo per un occhio che ci sta guardando e stiamo raccontando una storia a qualcuno, quindi non esiste la possibilità di un’immersività totale, è sempre un gioco, perché altrimenti gli attori che muoiono nei film morirebbero per davvero, non ci sarebbero più. Anche io torno a casa la sera e i weekend dalla mia famiglia, ma un attore si esercita a entrare e uscire con sempre maggiore rapidità dal personaggio, anche se un po’ si resta permeabili. Non è una cosa molto netta, soprattutto per personaggi coinvolgenti come Diego. Non puoi fare totalmente finta, devi andare ad attingere dalle tue emozioni, perché le emozioni dei personaggi devono essere autentiche e coinvolgenti, però questi personaggi in qualche modo ti entrano dentro. Per esempio mi capitava di vedere molti più Diego e Clara per strada mentre facevo il film, avevo una percezione del mondo un po’ diversa. Sul set di Marilyn ha gli occhi neri continuare a giocare con i tic per me era diventata una comfort zone, un modo per restare nella mia concentrazione, nella mia bolla".

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