Luciano Ligabue e Made in Italy: "un film sentimentale per dar voce alle brave persone che non ne hanno"
A vent'anni dal fortunato esordio di Radiofreccia, il rocker di Correggio torna al cinema. E con Stefano Accorsi.
Sono passati vent'anni da quando Luciano Ligabue, già cantante famoso, debuttava nella regia con un film che ha segnato un'epoca come Radiofreccia. Ora il rocker di Correggio ci riprova, sperando gli vada meglio di come non avvenne per Da zero a dieci. E con lui c'è di nuovo Stefano Accorsi, che di questo Made in Italy è il protagonista assieme a Kasia Smutniak.
"Se ci ho messo tanto a tornare la colpa è tutta di Domenico Procacci: io avrei voluto fargli una proposta l'anno ma lui non mi rispondeva nemmeno al telefono, e mi faceva sempre aspettare," scherza il cantante/regista, che poi si fa serio. "La verità è che fare il regista è un mestiere faticosissimo: specie per me che, con la musica e i concerti, sono abituato a far fluire le emozioni, mentre quando fai un film le devi un po' progettare. E poi volevo una storia interessante, volevo girare un film che fosse di cuore: dire a Domenico che non l'avevo era a scusa migliore per evitare di fare un film, ma poi è arrivato il disco, e col disco la storia ce l'avevo."
ll disco cui fa riferimento Ligabue è quello che porta lo stesso titolo del film, Made in Italy, concept album uscito alla fine del 2016 dedicato alle contraddizioni del nostro paese e all'amore che il cantante prova lo stesso: "Made in Italy nasce come progetto un po' balordo, perché so bene come si ascolti la musica oggi e quanto sia anacronistico fare un concept album negli anni Duemila: chiedere a qualcuno di ascoltare un album intero per ascoltare una storia è al limite della presunzione, ma era quello che mi sentivo di fare," spiega. "Dieci anni fa, con Buonanotte all'Italia, ho iniziato a raccontare il sentimento che provo per questo paese, il mio amore che non viene meno nonostante la frustrazione che si prova per i suoi mille problemi e difetti. Siamo assuefatti alla bellezza del paese ma anche al suo malfunzionamento: questo produce una frizione, una tensione sempre irrisolta."
Era di questo che voleva parlare col disco, e di questo che parla col film: "Questo è un film sentimentale, nel senso che è importate il sentimento." dice. "Io l'Italia la vedo in una fase d'incertezza importante, ma non è importante come la vedo, è importante il sentimento che continuo a provare, e che volevo raccontare attraverso gli occhi di qualcuno che ha meno privilegi di me. Mi interessava raccontare gli stati d'animo di un gruppo di brave persone, ancorandomi a quello che conosco, pensando ai miei amici di sempre: che sono appunto brave persone, e che dicono che in questo paese essere brave persone non paga. "
E allora ecco Riko, operaio quarantenne "che vive una vita normale e ha un rapporto molto forte con le sue radici e con il suo paese", che sta da anni con la moglie Sara ed è in crisi: "perché Riko e Sara," spiega Ligabue, "vivono una realtà consolidata e un po' statica, e l'inquietudine di Riko gli fa sentire tutte le cose della sua vita un po' strette, e ha bisogno di cambiare punto di vista e sguardo, e il film racconta proprio il percorso che gli permetterà di farlo."
Riko, Sara e i loro amici, nel contesto della provincia emiliana che da sempre Ligabue vive e racconta: "Io nella provincia vivo da tantissimo, e ci vivo bene la mia dimensione è quella lì, il mio raggio d'azione è quello lì, e racconto quello che conosco bene," dice. "Da trent'anni faccio un mestiere che mi ha portato a essere personaggio pubblico, ma gli amici che mi porto dietro dall'infanzia sono la realtà che conosco di più. e mi piaceva cercare di dare voce a loro perché non ne hanno occasione. Sono persone che non urlano, che fanno il loro dovere in silenzio, e che per questo non vengono raccontate, rappresentate, fatte parlare."
Non per questo, però, Ligabue pensa di aver fatto un film politico, o rappresentativo di qualcosa di più della storia che ha raccontato: "Già con Radiofreccia si parlava di ritratto generazionale, nonostante io avessi fatto di tutto per specificare che era una storia singola su uno specifico personaggio. Io sono interessato a storie specifiche, che non vogliono necessariamente valere per tutti o rappresentare qualcosa."
Quello a cui teneva, Ligabue, è che Made in Italy fosse "un film di cuore". Di quel cuore semplice, ruspante, onesto che è la provincia italiana e che lui, da Correggio, ha sempre voluto raccontare.