Interviste Cinema

Lucas Belvaux e Loïc Corbery presentano Sarà il mio tipo?

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A Roma regista e interprete maschile del film che verrà presentato nella rassegna Rendez-vous e nei cinema dal 23 aprile.

Lucas Belvaux e Loïc Corbery presentano Sarà il mio tipo?

Dopo l’anteprima di domani, all’interno della rassegna Rendez-vous, appuntamento con il nuovo cinema francese, che si terrà a Roma dall’8 al 19 aprile, Sarà il mio tipo? debutterà nelle sale italiane il 23 dello stesso mese.
Ad accompagnare a Roma il film, basato sul romanzo di Philippe Vilain “Non il suo tipo”, edito in Italia da Gremese, sono arrivati il regista Lucas Belvaux, belga trapiantato a Parigi, e il protagonista maschile Loïc Corbery.

È stato lo stesso Belvaux ad adattare il romanzo di Vilain, dopo aver ascoltato alla radio un’intervista al suo autore. “Ancora prima di leggerlo, solo a partire da quell’intervista, ho deciso che Sarà il mio tipo? sarebbe stato il mio prossimo film,” ha raccontato il regista. “Quando scelgo un progetto lo faccio sempre in base all’istinto, non certo pensando ‘ora voglio girare una commedia per allontanarmi dai noir che l’hanno preceduta’, e mi interrogo piuttosto sullo stile e sul linguaggio da utilizzare per raccontare una storia e farla rimanere interessante per me il tempo necessario alla sua lavorazione: solo così posso sperare di interessare anche lo spettatore.”
Premiato con il Magritte per il miglior adattamento, Belvaux ha deciso di cambiare il punto di vista di Vilain: se il suo romanzo racconta la storia d’amore complicata tra un intellettuale parigino e una parrucchiera di provincia utilizzando il punto di vista di lui e facendolo parlare in prima persona, Sarà il mio tipo? sceglie di mantenere un approccio neutrale: “Per prima cosa quando quando mi sono cimentato nell'adattamento mi sono subito reso conto che manterenere la prima persona mi avrebbe reso troppo introspettivo, e mi avrebbe costretto all'utilizzo di una voce off che non mi piaceca e mi avrebbe spostato, come genere, troppo distante dal registro di commedia che volevo utilizzare,” ha spiegato. “Inoltre, quando ho letto il libro, mi è sembrato che parlasse di me, che si rivolgesse a me, per il fatto che mi sono ritrovato molto in entrambi i personaggi,” ha proseguito. “Jennifer mi faceva pensare alla mia giovinezza, a certe mie compagne di classe; Clement invece si avvicina a quello che sono oggi, alle mie attuali inclinazioni culturali e all’ambiente sociale che frequento. Ma ho i gusti di entrambi: e mi interessava molto, quindi, che fossero proprio i loro gusti a rappresentare un impedimento nella storia d'amore. Personalmente non parteggio né per l’uno né per l’altra, penso che entrambi abbiano pregiudizi nei confronti dell’alto e che abbiano entrambi le loro ragioni: volevo capire cosa ci fosse di vero nello sguardo critico di Jennifer verso gli intellettuali parigini e in quello così teorico e intellettualizzato sul mondo di Clement. In fondo sono entrambi persone chiuse nel loro pregiudizio, che scoprono cose nuove sul mondo e su di loro grazie alla loro relazione.”

Se Belvaux sostiene che, nonostante le apparenze, sia la generosità e la capacità di ascoltare di Clement a far innamorare Jennifer, Corbery, interprete di questo filosofo chiuso in sé stesso, pensa che se nel libro di Vilain il personaggio sembra cinico e freddo è solo per via della narrazione in prima persona: “Ma nel romanzo Clement non è mai autocompiaciuto,” ha spiegato l’attore, “fa semplicemente delle constatazioni secondo il suo punto di vista. Clement non è un’entità assoluta, ma cresce e cambia nel corso del racconto, del film. Per costruire il personaggio ho avuto la fortuna di avere da un lato un ottimo copione, dall’altro un romanzo che era una vera e propria Bibbia che mi spiegava tutto di lui, che mi regalava momenti di grande introspezione e mi spiegava la sua psicologia, i suoi sentimenti, i suoi pensieri. Quindi Clement nasce da una commistione di sguardi: il mio, quello dello scrittore, quello del regista.”
Sorride, Corbery, e sorride anche il suo regista, quando gli chiediamo se per il suo ritratto di Clement si sia rifatto a qualche intellettuale in particolare, citando come riferimento Emmanuel Carrere: “Certamente se ti fai una passeggiata per il VI arrondissement di Parigi hai l’opportunità di studiare molti personaggi di questo tipo,” scherza, “ma per me sono stati al massimo dei punti di partenza, non certo dei riferimenti o dei modelli: il libro e il copione erano sufficientemente ricchi da non richiedere altro, e inoltre sul set ci siamo talmente tanto immedesimati nei personaggi da concentrarci solo su di essi e sulla storia d’amore.”

In questo caso il “noi” di Corbery include l’attrice Emilie Dequenne, anche lei premiata con il Magritte per la sua interpretazione.
Assente nel corso dell’incontro stampa romano, di lei ha parlato Belvaux, spiegando che fin dal primo provino appariva talmente perfetta per la parte da far nascere in lui paradossali resistenze: “In genere diffido delle cose troppo ovvie, e mi pareva così ovvio che Emilie fosse perfetta per la parte, anche se in realtà l’avevo scritta per Sophie Quinton, con cui avevo lavorato in precedenza. Avevo paura che questa sua perfetta aderenza al ruolo ci avrebbe fatti impigrire, lavorare poco sul personaggio: ma a un secondo incontro, quando mi ha dimostrato di aver capito così bene il personaggio di Jennifer e di saper ascoltare con tanta attenzione le mie osservazioni, ogni dubbio è svanito. Emilie è così: ha un grande talento ma è disposta a lavorare molto su sé stessa, sa lasciarsi andare e perdersi nel personaggio al punto da fartela identificare totalmente con lui. È come una fenice: brucia il personaggio, lo esaurisce in sé, ti rende impossibile pensarla altrimenti ma ogni suo nuovo ruolo cancella i precedenti.”

In Sarà il mio tipo? la dinamica relazionale tra Jennifer e Clement è anche una dinamica che riguarda lo scontro di classe, e quello tutto francese tra Parigi e provincia. Belvaux non pensa che sia più facile per un parigino conquistare la provincia che non il contrario: “Parigi anzi, proprio perché è il simbolo della Francia centralizzata e il luogo dove si trova il potere, è permeabile e inclusiva: si rigenera sempre grazie all’arrivo di gente dalla provincia, che invece è più ermetica e inaccessibile. Quanto alla lotta di classe, oggi non riguarda di certo solo l’amore; non lo dico in senso ideologico ma fattuale: basta guardarsi intorno per rendersi conto di quanti contrasti e di quanti interessi antagonisti permeino ogni aspetto della nostra vita pubblica, lavorativa, privata.”
In fondo, sostiene Corbery, “le storie d’amore sono il punto d’incontro e di partenza per parlare di tutto: di vita, di filosofia, di politica. Quanto a me, ammetto di essermi molto riconosciuto nel ruolo del quarantenne incapace di impegnarsi in campo sentimentale. Ma penso proprio di non essere il solo.”

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