Ligabue - 30 anni in un giorno: Ligabue presenta il docufilm sull'ultimo Campovolo, tourbillon di emozioni
Luciano Ligabue è venuto a Roma a presentare Ligabue - 30 anni in un giorno, il docufilm di Marco Salom incentrato sul concerto di Campovolo del 4 giugno 2022. Il rocker ha parlato del ritorno su un palco dopo tanto tempo e delle emozioni che regalano la musica e il pubblico.
Ci pensa Luciano Ligabue in persona a dare la definizione corretta di Ligabue 30 anni in un giorno, che sarà al cinema il 20, 21 e 22 marzo distribuito da Vision Distribution.
Seduto con le spalle allo schermo dove è appena stato proiettato il film, nella sala dalle poltrone verdi del Barberini, il rocker di Correggio spiega, tra il serio e il faceto: "Ligabue - 30 anni in un giorno è un docufilm musicale con lieto fine, ma è anche un lieto inizio, quindi è lieto dall'inizio alla fine".
È decisamente di buon umore Luciano Ligabue, quando presenta il film a Roma, e si racconta volentieri alla stampa. Si sente felice perché ha visto il documentario per la prima volta e si è molto emozionato, magari non come prima dell'inizio del suo straordinario concerto di 9 mesi fa, ma abbastanza da dire di essere contento che il regista Marco Salom, che ha diretto tutti i suoi video, sia riuscito a catturare lo spirito di un concerto lungamente atteso: 3 ore di spettacolo puro che la sera del 4 giugno hanno riacceso speranze e premiato coloro che, in mezzo alle avversità del 2021 e 2012, portavano tatuata sul cuore la frase "Niente paura", che dà il titolo al primo singolo estratto dall'album del 2007 "Primo tempo".
A proposito delle sue impressioni sul film, Liga dice: "Ligabue 30 anni in un giorno mi ha fatto ripercorrere le emozioni che avevo accumulato in tre anni in cui non avevo toccato palco. Quello di Campovolo era un concerto importante, con sei duetti e tre band, quindi con dei problemi tecnici da affrontare. Negli ultimi giorni prima di Campovolo, mi sentivo impaziente e in preda all'ansia di prestazione. Questa roba l'ho vista tutta nel documentario, la vedo perfino dentro di me, anche se sembra che la nasconda. Ringrazio Marco, che non è solo il regista del film, ma anche la mia vittima predestinata, perché doveva catturare il più possibile di quella esperienza in giorni in cui non volevo nessuno intorno.
"Mi son dovuto nascondere dietro un albero" - interviene Marco Salom, che siede accanto a Ligabue. "Con la troupe dovevamo strisciare come dei marines perché Luciano era concentrato sulla preparazione del live. Campovolo è uno spettacolo enorme e con un pubblico immenso, e perciò richiede grande attenzione. I tre anni di attesa hanno aumentato la tensione di Luciano, e io dovevo di volta in volta capire il suo stato d'animo e accogliere ciò che l'arte e le emozioni vissute su quel palco mi regalavano".
Luciano Ligabue non avrebbe mai curato la regia del docufilm, vista la portata del mega-concerto di Campovolo, perché nonostante abbia nel suo curriculum tre lungometraggi, fare il cinema e stare sul palco sono due cose completamente diverse e difficilmente conciliabili. Per lui è più importante la prima, e quindi è logico che l'assenza dagli stadi, a causa della pandemia, lo abbia spiazzato: "Come dico anche nel film, la prima esperienza a Campovolo è nata dall'esigenza di presentare il mio album più personale, "Nome e cognome". Quel concerto ha avuto un successo inaspettato e, da allora, Campovolo è sempre stato l'occasione più adatta a festeggiare le tappe della mia carriera. In questo caso è stato anche uno dei primi concerti della famosa riapertura. Ora, noi tutti vogliamo dimenticare il periodo in cui abbiamo convissuto con il Covid. Ovviamente non scorderemo le sue conseguenze più tristi, però, il 4 giugno del 2022, avevamo tutti bisogno di una normalità e soprattutto di una celebrazione della vita. Non dimenticherò mai il momento in cui sono salito sul palco. Avevo fatto uscire una canzone con un titolo al limite dell'imbarazzante: "Non cambierei questa vita con nessun'altra". Esprimeva la voglia di manifestare la mia gratitudine verso la vita, e speravo che, sentendola prima di Campovolo, qualcuno l'avrebbe imparata. Il brano ha un ritornello che dice: 'Abbiamo vinto noi'. Ecco, io mi auguravo che i miei fan leggessero in quella frase una liberazione da qualcosa, una celebrazione della vita, che ricominciava dopo tanti pensieri angoscianti di morte. Sono salito sul palco, con l'intenzione di cominciare proprio con questa canzone. Ricordo che c'era ancora la luce del giorno, e quindi ho visto bene il mio pubblico che si lasciava andare alla liberazione di quell' "Abbiamo vinto noi', ed è un'emozione che non dimenticherò mai".
Il direttore di Ciak Flavio Natalia, che modera l’incontro, chiede poi a Ligabue, che di Ligabue 30 anni in un giorno è, in un certo senso, l'interprete principale, di raccontare qualcosa sull'altro protagonista del doc: il pubblico. Dopo aver parlato dei personaggi secondari (i componenti delle band che lo hanno accompagnato) come amici e complici da portare con sé a ogni concerto a Campovolo, Luciano risponde: "Il pubblico è la cosa che più mi ha colpito del film, perché io dal palco ho una visione di insieme e una visione specifica un po’ limitata. Le facce che vedo sono sempre quelle delle prime file. E invece Marco, e anche Riccardo Guarnieri che si è occupato delle riprese live, hanno cercato proprio le facce. Vedere quel tipo di emozione, quel tipo di presenza e di partecipazione più da vicino è stato molto commovente".
Non solo Luciano Ligabue ha diretto tre film (Radiofreccia, Da zero a dieci e Made in Italy), ma ama tantissimo il cinema, che è entrato in diverse sue canzoni. A questo proposito il rocker spiega: “C’è parecchia gente che mi dice che le mie canzoni sono in buona parte cinematografiche, cioè cercano di fissare delle immagini come se fossero dei film. Il cinema è una passione talmente forte che mi ha messo nella condizione di non resistere alle richieste del più grande, più scellerato, più sconsiderato dei produttori: Domenico Procacci. Per quanto io fossi appassionato di cinema, per quanto io avessi studiato la materia e avessi programmato, progettato ogni inquadratura di Radiofreccia, il passaggio alla pratica non è stato semplice, perché sul set c'era una troupe romana che probabilmente stava pensando: Ahò, questo sta a fa' du' firm in uno, er primo e l'urtimo'. Non era facile convincerli che sapevo ciò che stavo facendo. Invece, per fortuna, ce l'abbiamo fatta".
Se c'è un mestiere del cinema che Ligabue non farebbe mai è quello dell'attore. E infatti, quando in un video non canta in playback, l'unica cosa che riesce a fare è camminare. Nonostante questo, una volta Marco Tullio Giordana gli ha proposto un ruolo da protagonista in un suo film: quello di un ex carcerato. Luciano ha declinato l’invito, mentre, quando c’è da fare musica, non si tira mai indietro. Prima di lasciare la sala 5 del cinema Barberini, Liga ci tiene a fare una piccola precisazione sul titolo del documentario: "30 anni in un giorno non ci stanno, e nemmeno in un film. Fortunatamente c'è tanto altro che mi ha reso felice e in cui mi sono avventurato, pensando sempre una cosa: che le canzoni sono qualcosa di impalpabile e indomabile. Non riesci mai a capire bene come mai un tuo pezzo diventerà un ritornello cantato, ad esempio, dal figlio di un notaio di Belluno. Nessun può saperle queste cose, nessuno può sapere quanto una canzone durerà, se durerà, se lascerà un segno, però è evidente quanto le canzoni riescano a tenere compagnia, ad alleggerirti, a farti ballare e, spesso, a non farti sentire solo. E quando una canzone sortisce uno di questi effetti, allora è una canzone riuscita".