Interviste Cinema

La rivincita dei nuovi poveri, in esclusiva su RaiPlay un film su di chi lotta, nonostante tutto

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Ideato cinque anni fa, prima come pièce poi come romanzo, La rivincita è una opera prima di Leo Muscato molto attuale. Ne parlano il regista e il protagonista Michele Venitucci.

La rivincita dei nuovi poveri, in esclusiva su RaiPlay un film su di chi lotta, nonostante tutto

La rivincita è l’opera prima di autore teatrale e lirico, Leo Muscato, terzo film del ciclo di film inediti di Rai Cinema presentati gratuitamente sulla piattaforma di RaiPlay, a partire dal 4 giugno.

Tratto da una pièce di Michele Santeremo, poi diventato romanzo e quindi ora un film, ispirato da interviste e esperienze reali, utilizzate per delineare i due fratelli protagonisti, rappresentanti esemplari dei nuovi poveri, incapaci di rassegnarsi. “La loro vita dipende da 10, 20 euro, da piccole cose”, ha detto Santeremo, nel corso di una video conferenza stampa, “è un’umanità molto più diffusa di quello che potremmo immaginare, vivono in quegli angoli bui stracolmi di questa umanità che noi non vogliamo frequentare”.

Girato in Puglia, a Martina Franca, con praticamente tutte professionalità pugliesi, La rivincita racconta come l’esproprio del terreno di proprietà di Vincenzo (Michele Cipriani) inneschi una serie di sfortunati eventi, incida sul suo sogno di avere un bambino, con disavventure economiche e familiari che cambieranno la vita a lui, al fratello Sabino (Michele Venitucci) e alle mogli, Maja (Deniz Ozdogan) e Angela (Sara Putignano). “Una lotta per la sopravvivenza contro la porca miseria”, quella vera.

“La storia nasce sei anni fa da incontro fortunato con scrittore Michele Santeremo”, ha dichiarato Leo Muscato. “Mi fece leggere La rivincita che mi interessò subito, riguardava tante persone della mia realtà, e con personaggi che risultano empatici. Sono degli archetipi o delle metafore, continuano a lottare per ottenere le cose più semplici. Nonostante la vita e la società gli diano continue botte, trovano sempre risorse anche insperate per reagire. Alla fine è un film sull’amore incondizionato fra persone che possono anche provocarsi del dolore molto forte, trovando risorse che non avrebbero mai immaginato di avere, in cerca solo di cose normali. Il mio lavoro è da sempre quello di raccontare delle storie, farlo con un nuovo linguaggio a 46 anni mi spaventava, dopo averne raccontate tante sul palcoscenico. Ma sul set tutto ero così organizzato e strutturato che sapevamo come e cosa fare. Il lavoro di regista sul set è stata una delle cose più semplici che mi sia capitata di fare negli ultimi venti anni.”

Così descrive i due fratelli Michele Venitucci, “uno è complementare all’altro, non esisterebbero uno senza l’altro, si scambiano continuamente i ruoli. Il lavoro con Leo è stato atipico per le modalità del cinema, abbiamo fatto molte prove, dando un aspetto quasi più teatrale al lavoro della parola. Rappresenta i nuovi poveri di oggi, ma la storia è anche fuori dal tempo, non ci sono cellulari, i posti sono collocabili al sud, ma anche un non luogo, qualsiasi sud del mondo, la loro casa sono le campagne. Questo dà un’astrazione, pur con una cifra realistica, diversa da quella con cui ero abituato a fare cinema. Ci ha fatto concentrare più sui sentimenti, senza preoccuparci di altro. Conosco Sabino, venendo da quei posti. Mi hanno ricordato personaggi verdiani, con la loro triste miseria, ma contemporanei. Non volevamo riportare uno stereotipo ma rappresentare i sentimenti che erano nella storia.”

Leo Muscato ha all’attivo una notevole esperienza anche come regista lirico, ma ne La rivincita, a parte la fine, non c’è musica. “È stata una scelta ponderata, fatta alla fine del montaggio, quando ci siamo resi conto come non ce ne fosse bisogno, c’era già l’emozione data dagli attori. Vedere questo film oggi può suscitare un certo effetto, la tragedia di questa situazione è che questa storia aveva valenza molto forte cinquant’anni fa, ma anche cinque anni fa, quando l’abbiamo scritta, e temo l’avrà ancora superiore nei prossimi anni. Questi avanzi della società sono ultimi e invisibili, ma molto più vicini di quanto possiamo immaginare, persone che si sono molto care, bisogna avere la lucidità e il cuore di vederle e di occuparsene. È questa la cosa più complicata.”

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