Interviste Cinema

La mia ombra è tua: è scontro generazionale a Taormina, con il road movie con Marco Giallini e Giuseppe Maggio

E’ stato presentato al Taormina Film Fest 2022 La mia ombra è tua, il nuovo film di Eugenio Cappuccio che vede protagonisti Marco Giallini e Giuseppe Maggio, entrambi al festival insieme al regista e a Isabella Ferrari.

La mia ombra è tua: è scontro generazionale a Taormina, con il road movie con Marco Giallini e Giuseppe Maggio

La mia ombra è tua segna il ritorno dietro alla macchina da presa di Eugenio Cappuccio alla guida di un film di finzione e il ritorno di Giuseppe Maggio dopo la commedia un po’ gangsteristica e un po’ western School of Mafia. E’ anche una nuova collaborazione tra Marco Giallini e Isabella Ferrari, nonché una nuova produzione Fandango. Il film è anche nella selezione del Taormina Film Fest 2022 e con la sua comicità un po’ amara e il suo essere un romanzo di formazione e nello stesso tempo un road movie, ha intrattenuto il pubblico del Teatro Antico in un’afosa e umida sera di fine giugno.

Distribuito da 01 Distribution e in sala dal 29 giugno, La mia ombra è tua è tratto dall’omonimo romanzo di Edoardo Nesi, che ha contribuito alla sceneggiatura. Il copione del film, che è opera anche di Laura Paolucci e dello stesso Cappuccio, non si distacca molto dal libro, già di per sé piuttosto visivo e cinematografico, e la scelta di Marco Giallini si è rivelata vincente, perché il suo Vittorio Vezzosi, scrittore che è diventato famosissimo con un primo folgorante romanzo, ha l'ironia compassata dell'attore e un vissuto simile al suo. Di questo e di altro ha parlato lo stesso Giallini durante la conferenza stampa, a cui hanno partecipato anche Giuseppe Maggio, Eugenio Cappuccio e Isabella Ferrari.

"Come abbiamo costruito il personaggio?" - ha detto Marco. "Facendo un lavoro di sottrazione. Siamo insomma andati a togliere. Io però non costruisco personaggi: li leggo e li studio, non è che mi metto lì e dico: 'Ora parlo così, mi muovo così'. Praticamente, come diceva uno molto più bravo anche molto più famoso di me, di cui però non ricordo il nome: 'C’è qualcosa di me in tutti i miei personaggi, com’è giusto che sia'. Pe me vale la stessa cosa e poi, in ultimo, Cappuccio mi ha fatto fare una decolorazione di quei quattro peli neri che avevo in testa: bisognava scolorire 26 capelli e, dì la verità, Eugenio: quanto ci abbiamo messo? Una volta sono uscito biondo ma biondo tipo Billy Idol. E basta, lo abbiamo costruito piano piano Vezzosi, ed è stato bellissimo".

La mia ombra è tua è stato un’esperienza fondamentale per Giuseppe Maggio, e non soltanto un viaggio fisico, concreto: "Emiliano, il mio personaggio, parte con una serie di insicurezze e difficoltà, quelle che attraversano molti giovani che escono oggi dall’università. A lui capita quest'occasione di cambiare e anche per me, come attore, La mia ombra è tua si è rivelato un'opportunità di stare con Marco e imparare tanto da lui. Di questo voglio ringraziarlo".

Siccome La mia ombra è tua ha un sapore agrodolce, il paragone con la commedia all’italiana viene spontaneo ad alcuni, come anche la domanda sugli ipotetici modelli di riferimento di Marco Giallini, che però non ha voluto scimmiottare uno dei grandi mattatori di una volta: "E’ normale prendere cose dagli attori famosi anche se non sei attore, molti miei amici, ad esempio, fanno battute alla Alberto Sordi, c’è gente che lo fa molto meglio di me, e comunque devo dire che non sono neanche troppo romano qui. Rivedendo il film, credo di aver fatto e che abbiamo fatto un bellissimo lavoro. Ho sofferto un po’ a fare La mia ombra è tua, c’ho riso poco, è stato una botta al cuore, e poi che dire di Isabella? Appena la vedi, è un colpo al cuore, e poi sapete tutti cosa rappresenta il suo personaggio per me, e quindi anche per questo il film si è rivelato un'emozione grande".

A Isabella Ferrari Eugenio Cappuccio ha affidato la parte di Milena, la donna amata da Vittorio Vezzosi fin dall'adolescenza. Nel film lo scrittore accetta di andare a Milano non tanto per incontrare i suoi fan quanto per rivederla. L'attrice ha accettato subito il ruolo, per fiducia nel produttore Domenico Procacci e per la storia che la sceneggiatura raccontava: "Quando un po’ più di un anno fa mi hanno contattato per questo ruolo, ho visto davanti a me tre amici, uno era Domenico Procacci, che è un produttore che stimo anche perché con lui ho fatto due dei miei film più belli, Caos Calmo e Un giorno perfetto. Poi c'era Eugenio Cappuccio, con cui non ho mai lavorato ma che conosco da quando ero pischella, e quindi ho sempre immaginato di rivedere la mia giovinezza facendo un film con lui, e poi Marco. Con Marco siamo al terzo lavoro insieme, è chiaro che mi fa molto ridere, e quindi mi sono buttata, ho accettato, il personaggio in scrittura mi sembrava forse fragile, un piccolo personaggio, ma ne ho capito subito il senso. Mi piaceva questa donna che si vuole bene, che vive di autostima, che è sicura di un amore adolescenziale. E poi adoravo essere anche qualcosa che rimanda agli anni Ottanta. Ho capito il motivo per cui mi hanno contattato. Io sono la donna più famosa degli anni Ottanta. Insomma c'erano tanti elementi per esserci".

La mia ombra è tua arriva in sala a 25 anni di distanza da Il Caricatore, primo film di Eugenio Cappuccio. E’ dunque tempo di bilanci, e il regista ha spiegato cosa abbia significato per lui questo quarto di secolo: "Sono stati gli anni in cui ho lavorato, ho cercato di dare il meglio di me, riuscendoci a fasi alterne. Sicuramente è stato un periodo bello, perché è iniziato con un rapporto con il cinema simile a quello che tutti noi abbiamo sempre sognato. Lentamente è diventato qualche altra cosa, e questa cosa oggi è l’elemento su cui tutti stiamo ragionando, per capire cosa sia esattamente. Il bilancio che faccio è quindi positivo e perfino fortunato, perché vivere la trasformazione e la transizione credo sia molto utile anche per approcciare il futuro, salute permettendo".

Un altro tema importante del film è lo scontro fra generazioni. Emiliano appartiene a quella dei figli della crisi, mentre Vittorio è l'emblema di quella nostalgia che trafigge i cuori di chi negli anni ’80 era giovane e allegro e paralizza in un eterno rimpianto.

"Il film non è un’uscita dal regno delle ombre” - ha detto Cappuccio. "Sicuramente ci sono due fasi della vita che si confrontano, quindi qualcuno che ne ha percorsa più della metà e un altro che ha ancora tanta strada da fare. La nostalgia in realtà è solo un escamotage, perché poi capiamo che questo inno al prima si stava meglio nasconde, come tantissime cose nella nostra società, la merce, l’affare. Questo tema nel libro era molto forte, e i personaggi con la loro celebrazione della vita evitavano la morte. In realtà loro la schivano la morte, che non è tanto una morte fisica quanto una morte della loro vita, perché uno è chiuso in un bozzolo esistenziale e accidioso, mentre l'altro si è chiuso in un eremo e non ha più voglia di creare. Mettendo insieme due diversità, ho cercato di trovare una terza via. E’ questo il senso che ho voluto dare al film, lasciando il più possibile un finale aperto e sorridente".

Sul confronto fra due generazioni lontane ha avuto qualcosa da dire Giuseppe Maggio, che non cela una rabbia simile a quella di Emiliano, che accusa i padri di aver tolto ai figli le speranze: "La nostra è la generazione della crisi, noi siamo nati dalla crisi, non abbiamo le speranze che hanno avuto loro. A prescindere dallo scontro, quando voi avevate la nostra età, potevate contare su una speranza, mentre noi dal 2006 viviamo questo stato di precarietà. Per la nostra generazione manca il lavoro, mancano le prospettive, noi dobbiamo far fronte a una situazione climatica e una situazione economica che sono disastrose, forse ad alcune cose bisognava pensarci prima. Detto questo, ogni periodo storico ha delle sue situazioni di crisi, di problemi. Lo scontro generazionale non nasce oggi, c'è da sempre e sempre ci sarà: ci saranno i più giovani che rimproverano ai più grandi di non aver fatto quello che avrebbero dovuto fare, mentre i più grandi diranno: 'Ai tempi miei non funzionava così, noi eravamo diversi".

Marco Giallini era d'accordo solo in parte con il suo compagno di set e, alla fine dell’incontro con i giornalisti, ci ha tenuto a sottolineare: “Sui social, però, ci siamo tutti. Non c’è solo lo scontro generazionale tra Mario Merola e i Led Zeppelin, come diceva mio fratello. Là ci siamo tutti, dai 70, 80 ai 15, e tutti dicono le stesse cose”.

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