Interviste Cinema

Jaume Balaguerò racconta La settima musa, parlando di romanzi, ispirazione, potere della parola e nuove vie dell'horror

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Un'intervista esclusiva al regista spagnolo a partire dal film dal 22 agosto nelle nostre sale.

Jaume Balaguerò racconta La settima musa, parlando di romanzi, ispirazione, potere della parola e nuove vie dell'horror

Uno dei nomi di punta della new wave spagnola del cinema horror, Jaume Balaguerò tornerà nei cinema italiani dal 22 agosto con La settima musa, adattamento di un romanzo di José Carlos Somoza uscito in Italia col titolo di "La dama numero 13" che vede nel cast Elliot Cowan, Franka Potente, Leonor Watling, Christopher Lloyd, Ana Ularu e Manuela Vellés.
Grazie a Adler Entertainment, che distribuisce, abbiamo raggiunto il regista via mail, per parlare con lui di questo suo nuovo lungometraggio.

Il suo film d'esordio, Nameless, era l'adattamento di un romanzo. Ora, a diciotto anni di distanza, ha scelto di lavorare nuovamente a partire da un libro. Come mai ha deciso di farlo? Cosa ha trovato nel romanzo di José Carlos Somoza che l'ha spinta a portarlo al cinema?

In entrambi i casi, sono state le storie ad affascinarmi e a spingermi a portarle sul grande schermo. Sia “La setta” che “La dama numero 13” raccontavano storie che mi hanno sorpreso e colpito, erano due premesse che non potevo lasciarmi sfuggire. Più che il loro essere una favola o un altro tipo di racconto, sono sempre le storie che mi catturano. Non il contrario.

La settima musa non è un horror, o almeno non lo è completamente. Lo trovo più un thriller gotico, o alla Dan Brown, con elementi sovrannaturali. Ha sentito il bisogno di lavorare con una tavolozza differente, con uno stile differente, questa volta?

Ogni storia è una sfida diversa e richiede un trattamento diverso. Quella di La settima musa è una storia che gioca con l’horror, ma è anche un thriller investigativo con tinte sovrannaturali, una storia che riguarda il processo di creazione, la letteratura, la poesia ed il suo strano potere. In realtà, una storia come questa richiedeva un trattamento più classico, ma al tempo stesso un avvicinamento visivo e senza concessioni all’horror e alla violenza.

Il film segna anche un cambiamento radicali di stile rispetto al found footage della serie di Rec. Sentiva il bisogno di tornare a qualcosa di meno veloce e frenetico?

Rec era un film molto speciale, e atipico nel suo genere, che richiese una forma di montaggio unico, apparentemente semplice ma in realtà estremamente complesso. Era un esercizio di horror in tempo reale nel quale il nostro obiettivo era rendere lo spettatore parte della pellicola: un formato che volevamo sperimentare. Siamo molto contenti del risultato, ma fu un processo specifico disegnato per una storia che lo richiedeva.

Come nella maggior parte dei suoi film, anche La settima musa sembra tradire la sua fascinazione per luoghi antichi, o abbandonati, per case vuote ma piene degli oggetti di una vita cui lei dedica una cura particolare. Come mai?

Questa è una domanda difficile a cui rispondere. La verità è che non so perchè mi attraggono queste cose. Suppongo sia perchè mi spaventano.

Le muse sono donne. E gli elementi sensuali e seduttivi sono fortemente presenti nel film, fin dalle primissime scene. Cosa può dirmi al riguardo?

Quella di La settima musa è una storia che riguarda il processo creativo, e che mostra le muse come esseri reali e terrificanti. La storia vuole giocare con il contrasto tra bellezza e orrore, sensualità e dolore, sesso e morte. Come l’orrore si nasconda dietro ciò che è apparentemente bello. È un film sulla poesia e sull’orrore. La sensualità ha molto a che vedere con entrambe le cose.

A proposito di muse: chi sono le sue? Dove, e in cosa, trova la maggiore ispirazione per il suo lavoro?

Non ho mai provato l’influenza di una donna specifica quando ho avuto bisogno di ispirazione. Credo che ciò che mi ispira e mi porta a voler raccontare storie sono le cose che vedo, che sento, e ciò che mi fanno provare. Tutto quello che mi passa davanti, di fianco, e che fa nascere in me la necessità di condividere qualcosa.

Tra gli artisti ci sono quelli che aspettano che arrivi la musa, che giunga l'ispirazione, e quelli che lavorano duramente ogni giorno, non importa come, cercando l'ispirazione in una maniera più proattiva. A quale delle due fazioni appartiene?

Credo un po’ a entrambe. A volte sento che sto aspettando che mi passi davanti qualcosa affinchè possa sfruttarlo e trasformarlo nella storia da raccontare. Nel mentre, però, continuo a cercare e a lavorare.

Le ultime parole del suo film – non è uno spoiler, ne possiamo parlare tranquillamente – sono: “la poesia può fare cose incredibili.” Lei crede sia vero? Cosa pensa che l'arte in generale, e il cinema in particolare, possano arrivare a fare?

La poesia è fatta dalle parole. E le parole, in effetti, possono fare cose incredibili. Credo che sia il tema principale del film. Le parole possono cambiare il mondo, possono convincere, si può mentire, ferire, illudere, distruggere e creare. Le parole sono la prima vera causa di ciò che accade nel mondo, il bello e il brutto. Tutte le culture attribuiscono alla parola un effetto magico, il potere misterioso di creare e distruggere.

Sembra quasi che La settima musa, in fin dei conti, parli del bisogno di una storia di essere raccontata. Da questo punto di vista, prova un'identificazione con il protagonista? Con i suoi istinti e le sue difficoltà?

Credo che molto abbia a che fare con il processo creativo, che a volte può essere complesso e doloroso. Mi piace vedere il film come un horror che tratta del processo di creazione di una storia, la stessa storia che proprio il film racconta, e di come la narrazione si fa poetica quasi senza che lo spettatore se ne accorga. Mi piace come la narrazione va prendendo coscienza di sé stessa poco a poco, come un esercizio di meta-poesia o di meta-horror.

Quali altre storie, quali altri tipi di storie ci racconterà Jaume Balaguerò in futuro? Ci sono sfumature dell'horror che non ha ancora esplorato con cui si vorrebbe confrontare?

Sí. Mi sto concentrando su qualcosa che mi inquieta e mi turba molto. Qualcosa che mi terrorizza davvero.

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