Intervista a Pupi Avati per Il Signor Diavolo: "Un quadro mi terrorizzava da bambino, ecco perché ho fatto questo film"
L'autore ritorna all'horror, genere a lui caro da regista "ma non da spettatore".
Sono trascorsi 43 anni da La casa delle finestre che ridono, 23 da L'arcano incantatore, ma come spiega lui stesso nella video intervista qui sotto, ci sono delle ragioni se Pupi Avati ritorna di tanto in tanto al genere horror a lui caro. Caro da sceneggiatore e regista, non da spettatore. Con Il Signor Diavolo, tratto dal suo stesso romanzo, il regista ritorna anche alla sua infanzia quando i sacerdoti di provincia, nell'esercizio delle loro funzioni, non si risparmiavano in racconti spaventevoli che facevano breccia soprattutti nei bambini. E poi c'è quel quadro fiammingo che Avati bambino vedeva tutti i giorni, un generatore di inquietudine e paura che è stato parte della sua crescita.
Per ascoltare direttamente il Maestro, è sufficiente mandare in play l'intervista qui sotto realizzata in occasione della presentazione de Il Signor Diavolo, nelle sale italiane dal 22 agosto.
Il Signor Diavolo è ambientato nell'autunno del 1952. Nel nord est è in corso l'istruttoria di un processo sull'omicidio di un adolescente, considerato dalla fantasia popolare indemoniato. Furio Momentè (Gabriele Lo Giudice), ispettore del Ministero, parte per Venezia leggendo i verbali degli interrogatori. Carlo (Filippo Franchini), l'omicida, è un quattordicenne che ha per amico Paolino. La loro vita è serena fino all'arrivo di Emilio, un essere deforme figlio unico di una possidente terriera che avrebbe sbranato a morsi la sorellina. Paolino, per farsi bello, lo umilia pubblicamente suscitando la sua ira: Emilio, furioso, mette in mostra una dentatura da fiera. Durante la cerimonia delle Prime Comunioni, Paolino nel momento di ricevere l'ostia, viene spintonato da Emilio. La particola cade al suolo costringendo Paolino a pestarla. Di qui l'inizio di una serie di eventi sconvolgenti.