Interviste Cinema

Intervista a M. Night Shyamalan e Mark Wahlberg per E venne iI giorno

Dopo lo scarso successo di Lady In The Water, M. Night Shyamalan tenta di nuovo la fortuna con un thriller/horror che prende ispirazione da Gli Uccelli e da L’invasione degli ultracorpi. In The Happening (titolo italiano E venne il giorno), Mark Wahlberg è un professore di scienze che tenta di salvare la famiglia da una catastrofe natu...

Intervista a M. Night Shyamalan e Mark Wahlberg per E venne iI giorno

Intervista a M. Night Shyamalan e Mark Wahlberg per E venne il giorno

M. Night Shyamalan è venuto in Italia insieme a Mark Wahlberg per presentare il suo nuovo film intitolato E venne il giorno, thriller fantascientifico nel quale il mondo rischia il collasso nell’arco di sole 36 ore a causa di un’epidemia suicida che si manifesta per la prima volta a Central Park. Rispetto agli altri film del regista d'origine indiana, E venne il giorno è però più vicino all'horror che al thriller: “Per spaventare i miei spettatori dovevo portare alle estreme conseguenze la tensione e il terrore,” ci ha spiegato il regista, che per raccontare una storia in cui il male viene dalla natura, ha preso ispirazione prima di tutto da Gli Uccelli di Alfred Hitchcock e da L’invasione degli Ultracorpi di Don Siegel, da cui ha ripreso il cielo nuvoloso che si vede nella locandina del film. Citazioni che non arrivano invano, perché, dice il regista “le paure che abbiamo oggi sono le stesse degli anni Cinquanta, paura dell’ignoto e del futuro, e questo spiega il successo di film come Cloverfield e Io sono leggenda, che si rifanno alla buona vecchia fantascienza.”

L’altro grande “monstrum” di Shyamalan e del suo nuovo film è la paura del vicino di casa. Un timore squisitamente americano che il regista conosce bene per motivi familiari: “I miei bambini hanno l’abitudine di giocare nel cortile dietro casa, che è protetto da un alto steccato. Nonostante questo, mia moglie ha sempre il terrore che qualcuno li aggredisca. Come cambiano i tempi: e pensare che mio padre mi lasciava uscire per strada a patto che rientrassi alle 6 e mezza di sera. Nel nostro quartiere non succede più nulla dal 1984, nemmeno una bicicletta rubata; eppure i nostri figli non hanno il permesso di uscire.”

Passando all’aneddotica da set, una simile diffidenza l’ha provata un uomo che abitava in solitudine in un bosco vicino a una delle location del film e che ha ispirato al regista il personaggio di un’anziana signora fuori di testa. Dopo aver visto la troupe, l’uomo ha chiesto chi fosse il responsabile di una simile carnevalata e, una volta conosciuto Shyamalan, ha eretto un’alta croce convinto di trovarsi di fronte l’Anticristo in persona. Per fortuna, tutto si è risolto in un tè con pasticcini, in un salotto in cui a coprire un paralume c’era la pelle del vecchio gatto di famiglia.

Come il già citato Alfred Hitchcock, è noto come Shyamalan ami fare sempre una piccola “comparsata” nei suoi film. In E venne il giorno lo sentiamo solo al telefono, ma in un modo o nell'altro il regista è sempre e comunque presente nei personaggi principali delle sue storie: con il protagonista Elliot, insegnante di scienze che tenta di salvare la sua famiglia dalla catastrofe, il regista ha ad esempio in comune “la fiducia nelle relazioni interpersonali e l’incapacità, a volte, di vivere in maniera adulta i rapporti sentimentali … ma questo dovete chiederlo a mia moglie.”

Consapevole dello scarso successo ottenuto con Lady in the Water, che pure ama molto, il regista ha provato a spiegare la sua poetica, sostenendo che i suoi film possono non piacere perché sono scomodi, vanno a toccare corde troppo profonde e a riaprire ferite che dovrebbero restare chiuse: “Tutti i miei film hanno una forte spiritualità e, anche se sono thriller, popcorn movies, suscitano comunque reazioni emotive forti.

A Shyamalan, che mette sempre in primo piano i personaggi e i loro conflitti interiori, abbiamo domandato infine che rapporto abbia con “il genere”. Ci ha risposto che: “Genere è una parola che non mi piace, che mi sta stretta. Per fortuna, dopo un discreto numero di film, la gente sa esattamente cosa aspettarsi da me… e i miei film appartengono al ‘genere' M. Night Shyamalan, cui mi accosto sempre con realismo, naturalismo, senza ricorrere agli effetti speciali, prediligendo un’estetica giapponese, minimalista.”

A 37 anni, Mark Wahlberg non è più il Dirk Diggler del cinema americano, il ragazzaccio sempre nei guai con la legge. Adesso è un brav’uomo che va tutte le domeniche in chiesa, si dedica amorevolmente ai figli e sostiene, da qualche tempo, una fondazione che aiuta i ragazzi di strada (la Mark Wahlberg Youth Foundation). Ci ha però dato l’impressione di non aver perso del tutto la sua indole beffarda e impertinente e ne abbiamo avuto conferma quando abbiamo deviato dal solito tracciato di domande istituzionali.

A proposito del personaggio di Elliot Moore, diversissimo da quelli interpretati finora, l’attore ci ha raccontato: “È stato molto difficile interpretarlo perché si tratta di un uomo comune, che tra l’altro fa il professore di scienze… e io odiavo le scienze. E poi M. Night è un regista molto puntiglioso e avevo paura di deluderlo.”
Wahlberg aveva una gran voglia di lavorare con Shyamalan, che negli anni passati aveva ingaggiato sia suo fratello Donnie (ne Il sesto senso) che il suo caro amico Joaquin Phoenix (in Signs e in The Village).Con M. Night - che ama definire l’anti-Martin Scorsese, perché è lento e rilassato come mentre l'italoamericano è rapidissimo e “tutto storyboard” - ha inoltre molte cose in comune.
Dalla spiritualità (dato che, sostiene l'attore “la religione è una parte fondamentale della mia vita”) ad una buona dose di senso dell’umorismo, ma si differenziano invece per le paure: “Non sono spaventato né dalla natura né dal soprannaturale,” ha detto Wahlberg, “ciò che mi terrorizza è il male che può scaturire dall’animo umano, oltre a tutte le cose brutte che potrebbero accadere ai miei film.”

Prima di salutare Mark Walbergh, gli abbiamo ricordato una scena del film in cui un personaggio domanda a Elliot se nella vita amorosa si comporti da preda o da cacciatore. Poi gli abbiamo chiesto se lui, Mark, preferisca inseguire o essere inseguito. “Dipende,” ha risposto ridendo, “in questo momento sono io che inseguo.”
Avremmo voluto chiedergli “chi”, ma la timidezza, il buonsenso e la pura di una riposta brusca ci hanno trattenuto.

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