Interviste Cinema

Il tour di Bohemian Rhapsody fa tappa a Roma: Rami Malek e Gwilym Lee parlano del biopic su Freddie Mercury e i Queen

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Gli interpreti di Mercury e Brian May sul film in uscita il 29 novembre prossimo.

Il tour di Bohemian Rhapsody fa tappa a Roma: Rami Malek e Gwilym Lee parlano del biopic su Freddie Mercury e i Queen

"Com'è stato dover interpretare Freddie Mercury? Facciamo così, chiudete gli occhi e immaginate di esser voi a dover rispondere a questa domanda."
Così esordisce Rami Malek all'incontro con la stampa italiana per presentare Bohemian Rhapsody, il travagliato biopic su Freddie Mercury e i Queen voluto dai membri ancora attivi della band, Brian May e Roger Taylor, che figurano come produttori.
Travagliato perché a lungo covato e a lungo rinviato, con la scelta iniziale di affidare a Sasha Baron Cohen il ruolo di protagonista, e il successivo abbandono per divergenze creative coi Queen da parte del comico, che non si era risparmiato parole dure; e poi con la scelta di Ben Whishaw, e Dexter Fletcher come regista, anch'essi poi dimissionari o dimissionati; e infine con la scelta caduta su The Actor Formerly Known as Mr. Robot, e su Bryan Singer, licenziato in tronco però durante la lavorazione e sostituito in corsa proprio da Fletcher.
Di questo, però, con Malek e Gwilym Lee (lo sconosciuto attore inglese che interpreta Brian May) non c'è - guarda un po' - il tempo di parlare.
Mentre si parla, e a lungo, di come Malek abbia vestito i panni di uno dei più grandi e istrionici performer della storia del rock.
"Freddie Mercury è un personaggio di natura mitologica, è una sorta di divinità per tantissime persone, e potete quindi immaginare la mia agitazione," racconta Malek. "Dover interpretare Brian May sullo schermo spaventava, ma ha rappresentato anche una grande motivazione," ribatte Lee.
E il doversi confrontare quotidianamente coi veri Queen? "Brian faceva una grandissima attenzione, quasi maniacale, ai dettagli, perfino a come erano posizionati i riccioli della mia parrucca," spiega Lee, "ma non mi sono mai sentito giudicato da lui. Ci hanno dato qualche consiglio per le scene del concerto, quando suoniamo al Live Aid - lì mi disse 'ricordati che sono una rockstar! -, ma non sono mai intervenuti quando si trattava di scene più private, lontano dal palco."

Già, perché Bohemian Rhapsody parte dal Live Aid e si chiude sul Live Aid, con quello che sta nel mezzo a rappresentare un lungo flashback che racconta i primi passi della band, i successi, i tour, le liti, e soprattutto il privato di Mercury: la sua relazione con Mary Austin, l'accettazione della sua omosessualità, e i rapporti con Paul Prenter (Lucignolo personale di Mercury che lo introduce al mondo degli eccessi) e con Jim Hutton (il porto sicuro, l'ancora stabile che rimarrà col cantante fino alla sua morte).
"Ho trascorso un anno per prepararmi: non solo vocalmente o musicalmente, ma studiando i movimenti del corpo, la gestualità e gli atteggiamenti di Mercury," spiega Malek. "Ma a rendermi accessibile questo personaggio è stato un lavoro quotidiano di scoperta di quanto rimaneva fuori dal palco, della sua vita privata, delle sue relazioni: ho conosciuto così un uomo molto complesso, ma questa complessità umana mi ha aiutato nel processo d'identificazione."
"Iniziare le riprese del film girando le scene del Live Aid ci ha aiutato moltissimo," prosegue poi l'attore. "Giravamo il racconto di quei venti minuti un pezzo al giorno, ma una volta abbiamo chiesto di poter fare più brani di fila, e in quel modo abbiamo sentito l'adrenalina montare proprio come succede alle vere band, e alla fine ci siamo sentiti galvanizzati, entusiasti. E così abbiamo stretto tra noi quattro attori un legame forte, ci sentivamo davvero un gruppo."
"Abbiamo trovato un nostro linguaggio comune," conferma Lee.

Per quanto Bohemian Rhapsody sia molto attento a non trascurare i meriti artistici degli altri Queen, non poteva non raccontare soprattutto la straordinarietà del suo frontman.
Per Malek, oltre al talento canoro e al carattere istrionico, a rendere speciale Mercury sul palco era il fatto che "era un uomo che ricercava costantemente identità e appartenenza, e le trovava quando era sul palco, dove si sentiva davvero al suo posto: e in questo modo, riusciva a comunicare questo senso di appartenenza anche a chi lo guardava esibirsi."
Fuori dal palco, invece, Bohemian Rhapsody racconta Freddie Mercury come un uomo che si sentiva spesso solo. "D'altronde, tutti noi a volte ci sentiamo soli," dice Malek. "È qualcosa di umano, che ci accumuna tutti."
Soli (dentro o fuori) o in compagnia, potrete vedere Bohemian Rhapsody nei cinema italiani tra poco più di due mesi, a partire dal prossimo 29 novembre.
Nel frattempo, ci sono dischi da ascoltare e video da rivedere, per arrivare preparati e giudicare meglio.

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