Il mio Godard, libero complesso e paradossale: parlano Michel Hazanavicius e Louis Garrel
Louis Garrel e Michel Hazanavicius su Il mio Godard.
Godard e l’amore, AD 1967 e 1968, in due anni cruciali della sua vita sentimentale e professionale. Proprio quando nasceva il regista francese Michel Hazanavicius il grande eccentrico svizzero rinnegava la prima fase della sua produzione, quella per cui oggi è ancora un’icona, per un impegno politico in cui il cinema fosse una conseguenza e non un punto di partenza. Il mio Godard, è questo il titolo italiano di Le Redoutable, visto in concorso allo scorso Festival di Cannes. Un percorso di purificazione per il regista di origini lituane, scottato feralmente dai fischi per il suo film precedente, The Search.
Il film è basato su un libro autobiografico dell’attrice Anne Wiazemsky, da poco scompars, giovanissima interprete de La cinese qui interpretata da Stacy Martin, scritto a cinquant’anni dai fatti, che racconta il suo matrimonio con il regista.
Hazanavicius ha iniziato un veloce tour italiano, che dopo Roma lo porterà anche a Bologna e Firenze. Con lui il protagonista Louis Garrel, figlio del Philippe appartenente alla generazione della nouvelle vague che ha visto come presenza eterodossa proprio Godard. Incontrando la stampa nella prima tappa, alla Casa del Cinema, il regista ha chiarito intenti e preoccupazioni nel raccontare un personaggio così iconico, specie sotto forma di commedia. “Ho cercato un equilibrio gioioso, non la caricatura: tra il positivo e il negativo, l’omaggio e la critica, il tutto con ironia. Non sono stati i suoi film la maggiore fonte di ispirazione, ma i grandi italiani come Monicelli, Rosi e Scola, oltre ai loro cugini americani Billy Wilder e Ernst Lubitsch, che raccontano senza giudicare. C’è un proverbio ebraico che amo molto che dice, ‘un amico è una persona che ti conosce molto bene, e ti ama nonostante questo’. Il maggio ’68, però, non l’ho raccontato in chiave di commedia, ma ne ho rappresentato il vigore, l’energia, il lato vivo e sessuale. L’aspetto comico è dato dal ritardo di Godard stesso rispetto a quel movimento”.
Un personaggio dalle mille sfaccettature, quello del regista svizzero, in cui il mito conviveva con l’uomo. “Ha un lato anche eroico”, aggiunge Hazanavicius, “nel tentativo di far coabitare le sue due anime: Godard e Jean-Luc. Ha dovuto sacrificare molte cose per la sua libertà creativa e politica, è un personaggio libero, complesso e paradossale. In quegli anni era innamorato, ma non si amava, il che crea un problema complicato da risolvere. Personalmente amo i film del primo periodo, che non erano industriali ma già avanguardisti, solo che avevano una volontà di seduzione del pubblico, pur essendo originali. Sarò troppo classico, ma i successivi lavori del gruppo maoista Dziga Vertov non sono proprio il genere di film che vedrei con i miei figli mangiando una pizza. Cerco poi di non giudicare il suo cinema successivo, che ha cose ridicole, ma anche eroiche. Il mio non è un lavoro che giudica Godard, ma il ritratto di una coppia e di un uomo che vive una radicalizzazione figlia della depressione. Possiamo parlare oggi con leggerezza delle illusioni maoiste di quegli anni, ma per me questo tono non prevede una mancanza di profondità”.
Louis Garrel, sempre più disponibile e maturo con il passare degli anni, si esprime in un più che discreto italiano, lascito della sua reazione con Valeria Bruni Tedeschi. “Il film è una finzione, raccontata per la prima volta dalla generazione dei figli, visto che Michel è nato nel ’67. Una fantasia vista attraverso il racconto dei padri, senza nostalgia, allora meglio farlo con un tono di commedia per avere distanza su un’epoca in cui tutto era più romanzesco, in un momento di crisi gioiosa. È un gioco, una commedia in cui dei personaggi si pone in rilievo un aspetto del carattere, in modo da creare distanza attraverso l’umorismo. Questo non vuol dire che sia tutto falso, il ’68 è trattato seriamente.”
Se il regista non nasconde di non annoverare Godard fra i suoi registi preferiti, Garrel ne è un grande fan, tanto che fra i suoi amici è famosa la sua imitazione di “un autore che ancora oggi ammiro, ma devo stare attento perché amo anche Truffaut, del quale diceva delle cose orrende; mi interessava la contraddizione con me stesso che questa dinamica provocava. Oggi non ama quasi nessun film, invece il mio rapporto con il cinema è più convenzionale, trovo ci sia nobiltà nei film comici come in quelli più autoriali. Michel era più distaccato, io provavo più empatia per lui; si è stabilito un dialogo fecondo. Ho sempre interpretato personaggi in qualche modo autobiografici, a cui succedevano cose che avevo provato anche io, mentre qui per la prima volta indosso una maschera, gioco nascondendomi”.
Il mio Godard uscirà il prossimo 31 ottobre, distribuito in 60 copie.