Il Libro della Giungla: ce ne parla in anteprima il regista del film Jon Favreau
La versione live action del classico d'animazione Disney al cinema dal 14 aprile 2016.

Uno dei film d'animazione più amati, prodotti dalla Walt Disney, Il Libro della Giungla, sta per ritornare in sala in un efficace remake in live action. Con le voci, in originale, di un cast favoloso: Scarlett Johansson, Bill Murray, Lupita Nyong'o, Idris Elba, Ben Kingsley, Giancarlo Esposito e Christopher Walken,. Per vederlo in Italia dovremmo aspettare aprile 2016, il film è ancora in fase di post produzione, ma abbiamo il privilegio di incontrare a Londra il regista e cuore pulsante del progetto, un entusiasta Jon Favreau.
Domanda: Non riesco a ricordare di aver visto un film in CGI cosi accurato nei dettagli, mi ha davvero impressionata e mi ha fatto riflettere su come la tecnologia abbia fatto passi da giganti anche nel cinema.
Risposta: I film hanno sempre avuto un aspetto tecnico, all'inizio c'erano i maghi, poi è arrivata la macchina da presa, che davvero ha iniziato a fare dei trucchi straordinari. E' iniziata cosí, poi abbiamo cominciato a raccontare storie. Ma è sempre stata un'illusione, devi sempre tenere presente che si tratta di un'illusione quando la usi. La tecnologia ha a che fare con le persone che la usano, per me è stato un processo lungo capire gli effetti visivi, se non ricordo male Elf è stato il primo film in cui abbia usato CGI, e sono passati diversi anni. La tentazione che ti viene è quella di fare le cose troppo belle, di farle sembrare perfette. C'è il rischio di chiedere alla tecnologia di fare molto di più. Per me è importante porre dei limiti nel modo in cui visualizzare le cose: puoi fare il più bello dei cieli con il CGI, ma se il cielo blu naturale è perfetto, vorrai filmare quello, e non sarà ovviamente cosí perfetto nell'inquadratura, ci saranno molti difetti. Qualcosa risulterà sfocato, magari la macchina da presa farà un errore. Noi abbiamo cercato di fare questo: rendere tutte le imperfezioni reali che fanno bello un film, e metterle nel nostro. Per me la bellezza è come puntare uno specchio sulla natura e mostrarla come veramente è. E quando esageri qualcosa, per esempio la proporzione degli animali o degli alberi, puoi cavartela, perché il pubblico capisce che non stai fingendo.
D: Il Libro della Giungla unisce varie generazioni, perché questo legame è ancora cosí forte.
R: Quando la Disney mi ha contattato non credo avessero capito quanto forte fosse ancora questo legame, io l'avevo percepito, e man mano che procedevamo nella stesura della sceneggiatura, premevo affinché non ci fossero grossi stravolgimenti per poter rendere omaggio all'originale. Perché con tutti gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione per fare un film, potevamo farne uno gigantesco d'azione, ma poi la parte difficile sarebbe stata quella musicale, come inserirla, come inserire i siparietti comici. Nel film originale, il tocco di Disney umanizza gli animali, le gag sono fisiche, quindi ci siamo posti il problema di come integrare tutto ciò nel nostro film senza rovinarne il tono. Lasciarle fuori sarebbe stato inammissibile, il pubblico sarebbe stato insoddisfatto, in fondo è Il Libro della Giungla e se lo aspetta, e per trovare il giusto equilibrio, il casting era fondamentale. E con il cast che ho messo insieme, siamo riusciti a spostare l'equilibrio e a renderlo nostro, lavorando sulle musiche anche con Dick Sherman, che ha scritto le musiche originali.
D: A proposito del cast, è riuscito a mettere insieme un gruppo di attori straordinario, come ha fatto?
R: Perché si fidano di me, ho fatto tanti film, e credo abbiano idea di quello che li aspetta, poi il fatto che debbano solo doppiare rende tutto più facile, non devono stare via di casa a lungo, e poi è un film Disney, avendo figli è sempre divertente fare un film cosí. E credo che per loro fosse anche una sfida, è bello essere coinvolti in un progetto di cosí alta tecnologia, ogni volta che gli mostravo qualcosa di nuovo, rimanevano a bocca aperta. Però è vero che sono stato molto fortunato. Sono sempre fortunato con il casting. Anche se in questo caso non è stato facilissimo, Bill Murray non mi rispondeva nemmeno al telefono.
D: Per quanto riguarda la colonna sonora, ci sono alcune canzoni entrate nella storia, le avete integrate, e come?
R: Questa è stata la parte più importante di tutto questo progetto. Inizialmente, quando se ne parlava e basta, non c’era proprio musica, non potevo crederci, continuavo a ripetere che non era possibile, che era troppo importante, anche personalmente per me, sono cresciuto con queste canzoni, ma allo stesso tempo non volevamo farne un musical, non sarebbe stato il tono giusto. La dimensione è reale, e se non lo percepisci, non riesci a sentirti coinvolto. È un’avventura e lo spettatore vuole sentire quello che sente il personaggio, vuole essere trasportato nel suo mondo. Inserendoci pezzi musicali avrebbe preso una sfumatura troppo fantastica. Insomma, la colonna sonora e la scelta delle musiche è stata davvero la sfida più grossa da affrontare.
D: Lei è regista, produttore, sceneggiatore, attore, cosa le piace di più fare.
D: Mainstream film e film indipendenti, lei li ha fatti entrambi, cosa preferisce?
R: Cerco sempre di fare cose che mi entusiasmino. E qualche volta mi sono ritrovato ad avere molta più libertà creativa in un grosso film come questo, o anche Iron Man, invece che in piccoli film. Specialmente se fai le cose giuste. All'inizio, per Iron Man nessuno si aspettava molto, per cui ho potuto scegliere il cast, scrivere le battute, nessuno mi ha detto niente. In questo film gli effetti visivi sono cosí interessanti che ho potuto creare la storia come volevo e avere un controllo creativo enorme.
Amo tutti i film che ho fatto, ognuno è stato fatto con amore, mai solo perché era lavoro. Non poteri fingere, ed è per questo che cerco di stare attento nello scegliere. È come una storia d'amore, lo devo amare, mi devo innamorare di una cosa sulla quale lavorerò per molto tempo.
D: Qual è la sua paura più grande nel suo lavoro? Ha mai iniziato qualcosa che poi non sentiva suo?
R: (ridendo) Credo che abbiamo finito il tempo… Si certo, c'è sempre questa paura, è quella più grande che devi affrontare. La mia più grossa paura è di mettere tanta energia, e chiedere a tante persone di mettercela, per seguire la tua visione. Molti registi sono contenti col loro film. Io sono contento se il pubblico è soddisfatto. Quello che faccio io è la metà della mia felicità l’altra metà me la dà la reazione del pubblico. Forse mi viene dal fatto di essere nato come comico il dover sempre cercare di connettermi con il pubblico. Per cui la più grossa paura anzi, il dispiacere più grande, è quello d fare qualcosa e non venire apprezzato.