Interviste Cinema

"I film sono sempre politici": Jake Gyllenhaal e l'America di Trump in Okja

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Regista e protagonista del film Netflix Originals si raccontano.

"I film sono sempre politici": Jake Gyllenhaal e l'America di Trump in Okja

La barba sempre compagna di viaggio, rigorosamente gestita a perfezione, Jake Gyllenhaal si è divertito molto a interpretare uno zoologo folle, sempre sopra le righe, in Okja di Bong Joon-ho. Fantasy animalista e ambientalista per famiglie, protagonista di un duello mediatico durante il Festival di Cannes, arriva online su Netflix, che lo ha prodotto con un budget da 50 milioni di dollari.

La storia è quella del rapporto fra la bambina Mija e il suo adorato gigante domestico Okja, con cui ha convissuto fra coccole e corse nei prati per i primi dieci anni. Le cose cambiano quando una corporation lo prende indietro e lo porta a New York, dove il boss Tilda Swinton ha progetti molto perfidi per lui.

Proprio a Cannes abbiamo incontrato Gyllenhaal e il regista Bong Joon-ho.

Aveva qualcuno in mente per aiutarsi a interpretare il suo personaggio?

Jake Gyllenhaal. Vari personaggi che fanno degli spettacoli con gli animali e Bong mi aveva mostrato. Una volta scelti quei pantaloncini non c’era la possibilità di andare molto più là. C’è un mondo reale nel film e accanto uno di fantasia: in qualche modo il personaggio di Johnny è lo sfortunato punto di contatto fra i due.

Bong. Nel film Johnny è sempre di fronte alla macchina da presa, sempre in onda e ubriaco.

J.G. la sua è una performance costante che va sempre peggio a causa del suo essere perso e disperatamente alla ricerca di attenzione. Quando ero più piccolo avevo forse anche io questa idea del dover iniziare una messa in scena di fronte agli altri, ma trascorri anni con te stesso e con la gente e ti rendi conto che il modo migliore di porti è continuare ad essere quello che sei, è la naturale evoluzione che diventare adulto porta con sé. La cosa bella di questo ruolo è che Bong mi ha permesso di esagerare, di essere folle; la mia opinione è che spesso come attore fai delle scelte in sicurezza, che ti portano verso sottili sfumature interpretative, il che talvolta è più facile rispetto ad andare sopra le righe.

Ha sentito una particolare responsabilità, affrontando temi delicati come il rispetto degli animali e l’ambiente?

J.G. Sicuramente, ma l’intrattenimento, specie in questa forma fantasy, ti permette di andare più in profondità nelle menti del pubblico. C’è sempre una responsabilità quando porti la gente in una sala buia, un po’ come accade di notte quando chiudiamo gli occhi. Devi comunicare qualcosa che abbia un peso, con la speranza che al risveglio, o in questo caso uscendo dalla sala, si possa vedere il mondo in una maniera diversa. Il cinema è questo, e i film sono sempre politici, anche senza volerlo espressamente.

Bong In ogni caso questo film non è di propaganda o attivista, spero sia semplicemente bello, non volevo che alla fine tutti si convertissero al veganesimo.

Il lavoro con gli effetti speciali è centrale, specie per l’animazione di Okja.

Bong Non è mai facile, mi permetta di citare il supervisore agli effetti speciali, Erik De Boer, lo stesso che ha vinto un Oscar per la tigre de La vita di Pi. La sua specialità sono gli animali, pensa a loro ogni giorno dell’anno, va sempre in giro per gli zoo a studiarli. La struttura muscolare di Okja, i legamenti, ogni cosa, era nella testa di Erik.

Cosa succedeva realmente quando lo accarezzatavate?

J.G. Interagivamo con pezzi di Okja tutto il tempo; venivano mossi e se li toccavi ricevevi una reazione, si muovevano. Erano molto grandi, all’interno c’erano delle persone che permettevano l’interazione, erano fatti in fibra di vetro e avevano dei peli in modo da semplificare l’immedesimazione per noi attori.

Bong Onestamente risulta molto ridicolo sul set vedere questi adulti che fanno cose buffe [ridono ndr], ma nel film è molto bello.

Ha trasformato in maniera notevole Tilda Swinton, prima in Snowpiercer e ora in Okja. Farebbe tutto per lei?

Bong Sì. [ride di gusto ndr] Dipende molto dal lavoro e dall’ispirazione che Tilda ci mette nei suoi ruoli. In questo caso il nome che ricorreva più frequentemente era Ivanka Trump. Le elezioni presidenziali si sono tenute durante la post produzione a Seul; il nostro supervisore era americano e non è riuscito a fare nulla quel giorno, se non dire che sarebbe emigrato in Canada. Ma poi non l’ha fatto. Dovendo poi registrare qualche battuta doppiata con gli attori, abbiamo cambiato un po’ delle battute, cercando di essere più politici; soprattutto Tilda, che dopo mi chiedeva se sembrava abbastanza Trump. Ma in Corea la situazione politica era ancora più dinamica e drammatica, con la presidente incarcerata e sottoposta a impeachment.

Le scelte che fa come attore sono motivate politicamente?

J.G. La verità è che la politica sta prendendo posizione in maniera molto chiara. La vecchia amministrazione è sempre stata in grado di tracciare una linea da non varcare; come è stato detto mille volte, governare è molto diverso rispetto a fare campagna elettorale. Ho sempre pensato che il vero specchio di ogni società sia la propria espressione artistica e sono rimasto molto disturbato dal sentire la volontà di tagliare fondi all’arte o fregarsene dell’ambiente; sono convinto che l’arte sia politica, ma non credo di fare consapevolmente delle scelte che suonino come prese di posizione. Ho sempre compiuto le mie scelte in questo modo, non ne conosco un altro.

È cresciuto con animali domestici in casa?

J.G. Da bambino avevamo un cane, così come ne ho uno ora. Amo gli animali, particolarmente i cani visto che sono allergico ai gatti; mia sorella ne ha due e li adoro davvero, mi piacerebbe tanto averli, ma non posso proprio. Ma voglio troppo bene al mio cane, certi modi buffi di muoversi di Okja me l’hanno ricordato, anche lui dorme sottosopra.

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  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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