I demoni di San Pietroburgo: interviste al regista Giuliano Montaldo e agli interpreti
Quasi vent’anni dopo lo sfortunato Tempo di uccidere, Giuliano Montaldo torna alla regia. E lo fa con un film il cui primo progetto risale proprio agli anni Ottanta, l’atteso I demoni di San Pietroburgo. E’ stato con vero piacere e gioia che abbiamo incontrato lui e i protagonisti Miki Manojlovic, Carolina Crescentini, Anita Caprioli e...

I demoni di San Pietroburgo: interviste al regista Giuliano Montaldo e agli interpreti
Quasi vent’anni dopo lo sfortunato Tempo di uccidere, Giuliano Montaldo torna alla regia. E lo fa con un film il cui primo progetto risale proprio agli anni Ottanta, l’atteso I demoni di San Pietroburgo. E’ stato con vero piacere e gioia che abbiamo incontrato lui e i protagonisti Miki Manojlovic, Carolina Crescentini, Anita Caprioli e Filippo Timi dopo l’affollatissima proiezione e conferenza stampa del film.
Genovese, classe 1930, Giuliano Montaldo per entusiasmo, spirito e vivacità sembra un ragazzino. Sprizza gioia da tutti i pori per questo suo ritorno al cinema, abbandonato perché “con Tempo di uccidere non sono riuscito a rendere come volevo il bel romanzo di Flaiano. Dovemmo girare in Zimbawbe invece che in Etiopia, rimasi male per una serie di cose e mi autodelusi. Per cui dissi ‘basta’. Poi ho scoperto l’opera lirica e ne ho dirette parecchie, sono stato per 4 anni presidente di Raicinema, e in quel periodo, ci tengo a dirlo, non ho scattato neanche una fotografia. Ma la notte mi agitavo e continuavo a dire nel sonno ‘pronti, motore, azione!’ o anche ‘stop!’ finché mia moglie mi ha detto che forse era il caso che tornassi al cinema”.
Scherza Montaldo, ma il cinema deve essere mancato davvero tanto all’uomo che ci ha dato film bellissimi e impegnati come L’Agnese va a morire, Sacco e Vanzetti, Giordano Bruno, Gli occhiali d’oro. Oggi sente il bisogno di ringraziare tutti i suoi collaboratori, quelli storici e quelli nuovi, dalla moglie Vera Pescarolo al direttore della fotografia Arnaldo Catinari (una vera sorpresa per lui) a tutti gli attori di questo suo film corale che vede al centro il personaggio di Feodor Dostoevskij: dal bravissimo protagonista Miki Manojlovic allo splendido coprotagonista Roberto Herlitzka, alle giovani e brillanti leve che completano il cast del film. “Feodor Dostoevskij, che uomo eccezionale, con i suoi demoni, la sua malattia, le sue umiliazioni, la Siberia, il suo essere libero pensatore e cristiano in tempi tanto difficili. Come dice alla giovane terrorista nel film: ‘Io non ho mai ucciso nessuno e non ho mai voluto farlo, nemmeno da giovane’. E’ lì la vera linea di demarcazione tra lui e i terroristi che dicono di essersi ispirati alle sue opere. E spero che il messaggio sia chiaro: niente legittima l’uccisione di innocenti, come la bambina all’inizio del film”.
E’ un fiume in piena, incontenibile, Montaldo, e staremmo assai più dei 7 minuti concessici ad ascoltarlo parlare. Parliamo anche della San Pietroburgo ricostruita da Renzo Frigeri e un team di valenti architetti a Torino, di modo che tra interni ed esterni non c’è soluzione di continuità. E il risultato, per un film girato in 8 settimane, è davvero notevole. Ma è tempo di incontrare gli interpreti del film. Miki Manojlovic, 58 anni, di Belgrado, per noi resterà sempre l’interprete di Papà è in viaggio d’affari, Underground, Gatto nero gatto bianco di Emir Kusturica, ma lo abbiamo amato anche in L'enfer e Irina Palm. Oggi vive a Parigi, si sforza in conferenza stampa di parlare italiano ma torna al francese durante l’intervista. E’ uno che prende molto sul serio il suo mestiere di attore, rodato dalla lunga esperienza teatrale, e ci dice che non sa come riesce a tuffarsi in un ruolo con tanta partecipazione e aderenza, come ha fatto stavolta. “Non so perché, ma riesco ad entrare e uscire con estrema facilità da un personaggio molto più al cinema di quanto non mi accada a teatro. Il teatro è diverso, è un lavoro di 3 o 4 mesi che sfocia poi ogni sera in una performance diversa, mentre al cinema non si può cambiare e devi concentrare tutto in uno o due ciak. A teatro ho spesso rappresentato le opere di Dostoevskij e lo conosco molto bene. Sono stato davvero felice e onorato che Montaldo, di cui ho visto Giordano Bruno con quello straordinario attore che era Gian Maria Volonté, mi abbia voluto per questo ruolo”.
Al suo fianco siede Carolina Crescentini, che nel film è Anna, la giovane stenografa innamorata di Feodor Dostoevskij che lo aiuta a consegnare in tempo “Il giocatore” e che diviene la sua ultima e devotissima moglie. Bionda, brillante e intelligente, Carolina è entusiasta di aver lavorato col suo vecchio insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia, e nel film ha tutte le sue scene con Manojlovic. “Sai, il fatto che lui parlasse francese sul set non è stato un problema, anzi. Anche se io non parlo una parola di francese mi bastava guardare i suoi occhi per cogliere quello che stava dicendo”. E del personaggio cosa mi dici? “Anna è una donna eccezionale, ho letto il suo libro, “Dostoevskij mio marito”, che consiglio a tutti perché è una lettura molto interessante. Lei era già innamorata di lui quando si fece assumere come dattilografa, aveva letto tutti i suoi romanzi e amava quest’uomo di un amore e di una purezza assoluti. E poi l’ha conquistato approfittando di quei 5 disperati giorni trascorsi insieme, e aggiungendo un particolare al giorno, oggi un orecchino domani una spilla: magari lui non lo nota, ma piano piano…”.
Il terzo set dei junkets accomuna Filippo Timi, che nel film ha il ruolo del rivoluzionario pentito Gusiev, che mette in moto la vicenda, e la bruna Anita Caprioli, che è la giovane rivoluzionaria e terrorista Aleksandra. Timi – che ha lavorato moltissimo a teatro, specialmente con Giorgio Barberio Corsetti, ed è anche scrittore e regista - ci confessa di identificarsi abbastanza col personaggio, “perché anch’io nella vita ho passato il mio bel periodo rivoluzionario, partendo dall’era punk”, e dice che il teatro lo ha aiutato nella sofferta interpretazione dell’angosciato e tormentato giovane. Come ci aveva detto anche Carolina Crescentini, il costume e il trucco cambiano immediatamente la tua percezione della realtà e anche il modo di muoverti e pensare, insomma facilitano l’appropriarsi di personaggi tanto lontani nel tempo. Anita Caprioli, riflessiva e loquace al tempo stesso, parla con entusiasmo del suo ruolo, anche se giudica Aleksandra “semplicemente una fanatica, una che è partita forse anche dalle idee espresse da Dostoevskij, e crede davvero di essere una sua allieva, non gli dice con cattiveria quello che gli dice nel finale. Semplicemente è andata oltre, è ormai una terrorista e non è disposta ad ascoltare quello che lui ha da dirle, anche perché lui si è reso conto con gli anni di come vanno le cose, lei è giovane e ha in sé tutta l’irruente convinzione delle idee assolute”.