Guido Quaroni ci racconta i segreti di Toy Story 3 e della Pixar
In occasione dell'uscita dei dvd e Blu Ray di Toy Story 3, vi proponiamo il resoconto dell'incontro con Guido Quaroni, l'italiano direttore tecnico di casa Pixar.

Guido Quaroni ci racconta i segreti di Toy Story 3 e della Pixar
In occasione dell'uscita dei dvd e Blu Ray di Toy Story 3, vi proponiamo il resoconto dell'incontro con Guido Quaroni, l'italiano direttore tecnico di casa Pixar.
Chissà se qualche appassionato della Pixar ha mai visto in lingua originale Cars: in quel film il carrello elevatore Guido è doppiato, in vero italiano, da Guido Quaroni. Classe 1970, nato a Pavia, laureato in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano nel 1992, coautore nel 1991 del programma di rendering 3D solidThinking. Non è di certo un attore, ma nell'atmosfera a un tempo professionale e familiare della Pixar, anche un direttore tecnico (mansione che Quaroni ricopre) può e deve far parte del processo creativo.
Appassionato sin dagli anni Ottanta di computer, Guido arrivò alla Pixar nel 1997, senza nemmeno conoscere bene l'inglese, invitato da persone che avevano provato il suo programma. Quando si parla di meritocrazia.
Casa Pixar
Nell'incontro Quaroni ci ha fornito interessanti testimonianze sul modus operandi e sull'atmosfera che regnano in casa Pixar.
La lavorazione di ogni lungometraggio dura quattro anni: il via libera a un film viene di solito dato dopo il primo anno di preproduzione, in cui si valuta se l'idea ha le gambe per impegnare lo studio col grosso della lavorazione vera e propria. In una successiva fase preparatoria, due direttori della fotografia lavorano sugli storyboard: il primo ne interpreta gli schizzi e ne espande il dettaglio, il secondo compone uno studio basilare di luci e colori, in gergo il “color script", per mettere a fuoco l'emotività e le atmosfere dell'opera. Il picco di impegno avviene tra il secondo e il terzo anno, con un progressivo snellimento del team verso gli ultimi mesi. In tutto a un film come Toy Story 3 hanno lavorato oltre 200 persone, quasi il doppio rispetto al personale che lavorò alla fine degli anni Novanta sul secondo episodio. Quaroni ricorda la lavorazione di Toy Story 2 come uno spartiacque tra ritmi di lavoro ossessivi (90-100 ore settimanali) ai più umani orari attuali, quasi dimezzati, che hanno richiesto in quattro anni solo cinque sabati di straordinari. Il grande e meritato successo riscosso dalla casa ha permesso un gran numero di assunzioni e la possibilità di incanalare i dipendenti in mansioni specifiche che ne esaltino creatività e capacità, con conseguente ottimizzazione.
In un contesto che mira a trattare i dipendenti nel modo migliore possibile, la formazione è importante, intesa in senso lato: alla Pixar University per gli approfondimenti su temi di stretto interesse mediatico si affiancano corsi di tutti i tipi per il tempo libero (yoga, strumenti musicali...).
Nella sede di Emeryville, corridoi e uffici sono a volte personalizzati, l'atrio così come anche i bagni sono centralizzati per favorire la conoscenza di tutte le sfere dell'azienda (idea di Steve Jobs) e i momenti importanti come la fusione con la Disney del 2006 sono stati annunciati ufficialmente con rassicurazioni esplicite. Non esiste cartellino, e si dà per scontato che eventuali crisi produttive non siano mai ignorate da nessuno: i sempre più rari straordinari si fanno nella maggior parte dei casi volentieri in nome del prodotto finale, e i maniaci del dettaglio sono ovviamente bene accetti.
In qualità di direttore tecnico, Quaroni è responsabile anche della selezione dei collaboratori in quel settore: scegliere chi assegnare a quale mansione è in un certo senso un lavoro psicologico, che Guido facilita a se stesso spronando il personale a mettersi alla prova con mansioni differenti. Questo non esclude che una specializzazione nitida sia un ottimo biglietto da visita per gli aspiranti pixariani: per quanto la flessibilità sia importante, l'eclettismo nei curriculum, tipico di creativi provenienti da piccole aziende (e spesso italiani!) rende difficili le preselezioni.
La potenza dei sistemi informativi usati per la preparazione delle immagini digitali è ovviamente aumentata dagli esordi del primo Toy Story, ma per paradosso, a dispetto di ben 5000 processori sempre attivi, le ore di rendering (5-7 ore di media per un solo fotogramma) sono sempre le stesse! Con la tecnologia è infatti aumentata parallelamente la ricerca di dettaglio e complessità delle immagini.
Sia sufficiente pensare alle simulazioni automatiche dei movimenti di capelli, vestiti, molle e affini: originariamente facevano parte del lavoro degli animatori, ora è il dipartimento di Guido a creare software che ne generi in automatico, con motori fisici ad hoc, il movimento.
Incalzato sulla gran quantità di sequel sui quali la Pixar sta lavorando (Cars 2, Monsters & Co. 2) Quaroni non nasconde la realtà: posto che si seguono comunque le idee che si ha voglia di raccontare, i sequel nascono per ragioni di marketing già pronto e soprattutto per consentire coi loro guadagni sicuri film più sperimentali come Up! Il progetto di Newt, recentemente cancellato, non è sintomatico di una tendenza che neghi creazioni nuove: l'uscita di Brave nel 2012 è lì a testimoniarlo. In generale, le saghe si creano anche per essere certi di ultimare un film all'anno: con la crescita esponenziale della forza lavoro alla Pixar, è economicamente obbligatorio.
Ancora Toy Story
A conferma di quanto detto, Quaroni ricorda che Toy Story 3, anche per via della distanza dall'ultimo capitolo, è stato sentito da tutta l'azienda come un racconto necessario, specie dopo la scampata appropriazione indebita che la Disney stava operando prima della fusione, creando un terzo capitolo con una storia diversa da quella che loro avevano in mente.
L'edizione in Blu Ray del film vanta una cura riposta già in fase di produzione dell'opera vera e propria: l'immagine è stata in partenza renderizzata nel Full HD 1920x1080. Vale la pena rivedere il film anche solo per notare le differenze di portata con i due precedenti capitoli: il numero degli “assets”, cioè tutto ciò che comprende modelli e texture, è cresciuto da un centinaio a 3000, restituendo immagini più ricche. La complessità delle scene e dei modelli dei personaggi secondari è stata incrementata, e non mancano le chicche: le texture usate per i disegni dei bambini sono veri disegni eseguiti dai figli del team. I trucchi per accelerare i tempi e contenere il budget si continuano però a usare: tutti i bimbi dell'asilo sono ricavati da un singolo modello base modificato con vestiti e ritocchi vari, mentre qui e lì si cerca di pescare dall'ormai enorme libreria di grafica creata per i film precedenti. Non sempre le scorciatoie sono disponibili: infatti i vecchi modelli 3D di Woody, Buzz e gli altri, pensati per vecchie versioni del software, non erano più facilmente compatibili con i metodi di lavoro nuovi e sono stati ricreati da zero.
L'esperienza di lavoro di Guido su Toy Story 3 è stata piacevole e tranquilla. Ironicamente rimpiange i viaggi esotici di sopralluogo dei suoi colleghi per Up!, dato che al team di Toy Story 3 è toccata la visita di studio a una discarica (per studiare il finale), ma il regista Lee Unkrich si è rivelato moderato e ragionevole nelle richieste, rendendo l'esperienza motivante e piacevole: in qualità di supervisore tecnico, a Guido va il delicato compito di trovare un equilibrio tra l'arginare le derive creative più tecnicamente improponibili e mostrarsi flessibile su ciò che realmente conta per l'atmosfera e la storia.
3D for Dummies
Viene spontaneo ringraziare Guido Quaroni per la spiegazione, la più dettagliata possibile per un pubblico di non tecnici, della tecnica 3D che tanto va di moda ultimamente. La Pixar sta convertendo in 3D il suo materiale precedente a partire dal corto Knick Knack del 1989 e ha accumulato una certa esperienza in merito. Le inquadrature della versione 2D andrebbero tutte riviste, ma i team Pixar hanno optato per seguire una strategia differente: mentre altri autori tendono a eliminare anche dalla versione normale l'effetto di sfocatura dato della profondità di campo, che nel 3D non servirebbe, la Pixar lo lascia in entrambe le versioni, limitando la mole di lavoro e rendendo perfettamente godibile e non piatta l'edizione bidimensionale dei loro lavori.
In funzione di una proiezione dalla diagonale di 12m, la distanza focale massima tra le due singole immagini destinate ai due occhi è di 58cm, pari a 9 pixel di sfasamento. Si crea un “depth script”, un “copione di profondità” che analizza emotivamente la storia e definisce i momenti salienti in cui valga la pena premere il pedale del 3D per aumentare il coinvolgimento delle sequenze.
In tanti mesi di battage mediatico sul 3D, nessuno ci aveva spiegato così in dettaglio tale modus operandi.
Commiato
In attesa di risentire la voce di Guido nell'edizione originale di Cars 2, Quaroni ci racconta che il suo prossimo impegno è la direzione tecnica di Monsters & Co. 2: l'ha scelto lui, perché il primo è il suo film Pixar preferito e si intuisce che lui, come tanti suoi colleghi lì in quel di Emeryville, lavora per affetto.