Giovanni Vernia racconta Jonny Groove e Ti stimo fratello
Quando fa il suo ingresso nella sala predisposta al suo incontro con i giornalisti, Giovanni Vernia non pare proprio un divo del cabaret televisivo.
Quando fa il suo ingresso nella sala predisposta al suo incontro con i giornalisti, Giovanni Vernia non pare proprio un divo del cabaret televisivo.
Quasi rigido e intimidito, prova a rompere il ghiaccio con battutine banali (“Scusate il ritardo. ma a Roma piove...”) e dichiarazioni che sembrano quasi pungentemente ironiche (“Come giornalisti vi stimo a priori”).
Poi però Vernia si siede, inizia a parlare, e rivela un candore e una semplicità che lasciano quasi interdetti.
La prima domanda che gli viene posta mira quasi in alto, e tocca il tema dell’evasione fiscale toccato (contestualmente) in Ti stimo fratello.
“Il mio film una commedia contro l’evasione? Non gli darei un significato così profondo,” si schermisce Vernia. “Certo, facciamo ironia sull'argomento, c’è una sorta di critica sociale ma in fondo volevamo solo far ridere. Che poi il film esca dopo le azioni avvenute sotto il governo Monti è un caso fortunato. Ma tutto nasce perché mio padre era davvero un maresciallo della Guardia di Finanza, e molti elementi del film sono autobiografici. Come la storia degli orologi usati dal padre del protagonista per far fare strada al figlio: quando scrivevamo il soggetto ho raccontato a Paolo Uzzi (co-sceneggiatore e e co-regista del film, n.d.R.) che mio papà mi metteva sempre in imbarazzo. Quando dovevo fare qualcosa d’importante, come un colloquio o un esame, mi dava un calendario della Guardia di Finanza da regalare alla persona con cui dovevo parlare. E allora abbiamo esagerato la cosa attraverso l’uso di questi Rolex falsi elargiti dal papà di Giovanni e Jonny.”
Ennesimo comico televisivo che tenta il salto dal piccolo al grande schermo, Vernia racconta che ha “avuto il privilegio di farlo alla grande grazie a dei produttori che mi han dato fiducia. Ma il pensiero è nato solo quando è stato il cinema ad interessarsi a me per primo. Dopo il grande successo del primo film di Checco Zalone sono iniziate ad arrivarmi molte proposte: volevano inserire il personaggio di Jonny Groove in alcuni film. Ma non erano parti che sentivo mie, si limitavano a riproporre il personaggio tv in chiave cinema. Allora ho pensato di scrivere una storia che fosse veramente nostra, dove creare un background di Jonny.”
In Ti stimo fratello, Vernia si sdoppia, interpretando non solo Jonny Groove ma anche (e soprattutto) suo fratello gemello Giovanni, ingegnere elettronico prestato al mondo della pubblicità.
E Vernia ingegnere elettronico lo è stato davvero: “L’ho fatto a lungo, e ho continuato anche per un anno e mezzo dopo la mia prima partecipazione televisiva a Zelig. Allora lavoravo con un’azienda americana, ero il loro country manager per l’Italia, la loro immagine nel nostro paese. Quando mi hanno scoperto su youTube nei panni di Jonny Groove mi volevano licenziare: però non l’han fatto, anche perché grazie alla popolarità di quel personaggio facevo un gran fatturato. Mi ricordo che facevo le conference call con loro nei camerini di Zelig... È stata mia moglie, che io paragono ad Adriana di Rocky, a spingermi a lasciare quel lavoro per dedicarmi al cabaret a tempo pieno. Quando il mio agente mi ha suggerito la cosa, io sono andato in crisi: da dolo avrei dovuto tirare fuori le palle, non ce l’avrei fatta. È stata lei che, al termine di un weekend di riflessione mi ha detto ‘basta, vai e fatti onore’.”
Con la stessa semplicità e divertita onestà con cui racconta del suo doppio lavoro di un tempo, Vernia ha descritto la nascita della passione per la recitazione: “Da piccolo sono sempre stato taciturno ma osservatore: e ho iniziato imitando le macchiette che avevo in famiglia, come lo zio Eugenio di catania. Una mattina, da bambino, mi sono svegliato parlando e muovendomi come lui, e sono andato avanti così per tre 3 giorni tanto che i miei, preoccupati chiamarono un medico. Il suo responso fu ‘non è malato, è solo un cretino’, e con uno scappellotto mi riportò fuori dal personaggio. Questa passione per le imitazioni me la sono portata avanti per anni: anche quando ho iniziato a lavorare alla Accenture, e la sera facevo le imitazioni dei manager. Siccome tutti ridevano, c’era il blocco dell’economia e mi ero lasciato con la fidanzata tedesca con cui ero stato per 11 anni, mi sono iscritto a due corsi: uno di kite surfing e uno di teatro. Il primo è finito drammaticamente, sfasciato su uno scoglio; il secondo è andato avanti.”
Di qui alla genesi di Jonny Groove, il passo è stato breve. “Sono sempre stato un fan accanito del ballo e della discoteca: sono di quelli che è sempre andato in vacanza a Ibiza, ho seguito il movimento della house fin dagli anni Novanta,” racconta Vernia, “con gli amici partivamo il fine settimana per andare a ballare, per divertirci e con l’ovvio desiderio di rimorchiare. Io ero considerato il fighetto della compagnia, perché ballavo solo la house e se mettevano la commerciale stavo seduto da una parte. Quando ballavo attiravo l’attenzione della ragazze, che però mi scambiavano per gay, inizialmente. Comunque, alla scuola di teatro dissero che sul palco mi dovevo divertire: e siccome io mi divertivo ballando, allora via.
All’inizio mi ero immaginato il personaggio come un bullo, ma non essendolo mai stato non riuscivo a scrivermi battute che facessero ridere. Una sera, siccome lavoravo di giorno e non avevo tempo per imparare i testi, sul palco ebbi un black out. Nel tentativo di arrangiarmi, ho creato lo stupido “sguardo sensuale” di Jonny: la gente ha riso, e io ho capito che Jonny doveva essere uno scemo e non un bullo. Forse perché son scemo davvero.”
Tornando al film in senso stretto, Vernia confessa che inizialmente non avrebbe voluto dirigerlo lui stesso, e che con i suoi collaboratori aveva avuto dei colloqui con altri registi: “Ma noi avevano molto chiara la storia e i personaggi, quasi tutti ispirati alla mia vita. Quando gli altri registi leggevano il film c’era sempre un qualcosa che volevano metterci di loro che stravolgeva quel che avevamo in mente. La produzione allora ci ha proposto di dirigere, con la condizione di associarci un cast tecnico molto forte.”
Quanto al riscontro in sala e al futuro, Giovanni Vernia sembra sospeso tra incertezza e determinazione: “Per indole non sono mai contento, voglio sempre andare oltre, anche oltre il cinema. Mi piacerebbe fare uno show tutto mio, certo: l’egocentrismo di un comico è immenso. Il cinema è fantastico, ma il problema non ho il riscontro immediato delle risate. Ora infatti ho l’ansia di sapere se gli spettatori rideranno o no. Speriamo che Ti stimo fratello vada decentemente bene: o per farne un altro film o per dare il via ad un bel tour teatrale, che è quello che mi piacerebbe di più.”