Frank Matano, l'irriverenza che nasce dall'onestà intellettuale
Abbiamo incontrato l'attore e comico all'Italian Film Festival di Berlino, dove ha presentato Tonno spiaggiato.

E’ un bel personaggio Frank Matano, "youtuber, comico, attore, presentatore, calciatore e giudice di talent show", come riporta Wikipedia, e sceneggiatore - aggiungiamo noi - perché insieme al regista Matteo Martinez ha scritto il copione della commedia un po' nera e un po' surreale Tonno spiaggiato, uno dei titoli dell'Italian Film Festival 2018. E’ un bel personaggio il ragazzo nato in Campania e andato a studiare negli USA, perché ha dalla sua verve, tenerezza, intelligenza, una profusione di idee e nessun pregiudizio sulla comicità, se non quando è ancella dell'egomania.
Matano è a Berlino già da un paio di giorni e il direttore organizzativo del festival Mauro Morucci e il Direttore Artistico Enrico Magrelli hanno pensato di tenerlo impegnato, in attesa della serata a lui dedicata, rendendolo protagonista di un incontro con un gruppo di studenti universitari reduci dalla visione di Sono tornato. Ma questa è un'altra storia. Quella che vi raccontiamo noi è in realtà un'intervista, che parte da Tonno spiaggiato e arriva fino alla religione e all'amore per South Park, Troisi e Spielberg.
Ciao Frank, perché hai voluto parlare nel tuo film di un pesce fuor d'acqua?
Mi sono sempre sentito un pesce fuor d'acqua e penso che, in maniera diversa, tutti noi siamo pesci fuor d'acqua, perché cerchiamo ogni giorno di adeguarci, adattarci, di combattere contro il disagio. E’ una caratteristica che accomunava anche me e Matteo Martinez, e quindi, per far ridere, abbiamo pensato di raccontare la vicenda di un ragazzo che è decisamente fuor d'acqua, che non sta nemmeno a riva ma molto al largo, un personaggio dolcissimo ma per niente empatico, oltre che mezzo matto.
Il protagonista del film è un comico che non riesce a far ridere. Mi racconti della volta in cui non hai fatto ridere?
A una persona che di mestiere fa ridere capita più di una volta alla settimana di non far ridere. Non esiste un comico che fa ridere sempre, per provocare la risata ti serve esperienza e va bene fallire di tanto in tanto. Quindi a me fa piacere non far ridere. Non mi angoscia, anche perché lo considero come un tentativo generoso di socialità e, se va male, mi dico: "Vabbuò ci ho provato, magari la prossima volta andrà meglio".
C'è un tipo di comicità che preferisci?
Io cerco di non discriminare la comicità. Quando mi chiedono di scivolare sulla buccia di banana, non ho problemi. La battuta arguta mi fa impazzire, i rutti mi piacciono, le parolacce mi divertono, perfino le bestemmie, qualsiasi cosa mi va bene, l'importante è riuscire a farla in maniera originale e dal mio punto di vista, dalla mia angolazione. Poi ci sono i temi delicati, e là bisogna stare attenti a non essere gratuiti. Non sopporto quando l'irriverenza diventa un modo per mettere in mostra il proprio andare contro le regole. Per me l'irriverenza deve sempre partire da un'onestà intellettuale.
Tu però hai scelto la via del garbo…
Andando avanti col tempo ho capito che è la mia cifra. Mi piace la dolcezza, mi piace essere garbato e allo stesso tempo mi fa ridere da morire dire la cosa peggiore del mondo, però con grandissima educazione.
Immagino che con Steven Spielberg, che hai intervistato in occasione della presentazione in Italia di Ready Player One, tu stia stato educatissimo…
Sì, è stata un'esperienza bellissima. La cosa che mi è piaciuta è che sentivo che gli stavo simpatico, è stata un'ora incredibile, in cui gli ho chiesto di tutto. La cosa bella è che lui non è Spielberg, non fa Spielberg. E poi le persone che hanno una passione così grande per il proprio mestiere ti contagiano con il loro entusiasmo.
Con Paolo Sorrentino, invece, che hai convinto a fare un video per Tonno spiaggiato, non dev'essere stata una passeggiata…
In realtà è filato tutto liscio. Ho chiamato Paolo e gli ho chiesto: "Mi dai il tuo indirizzo email così ti mando il testo di uno sketch in cui tu promuovi il tuo film e io il mio?". Ha acconsentito, mi ha richiamato dopo due giorni e mi ha detto: "Frank, ho riso molto, vengo a casa tua, domani". E’ venuto a casa mia, ci siamo presi un caffè in balcone e abbiamo chiacchierato. Penso che Sorrentino sia molto molto comico quando vuole. E’ una delle persone che ha pensato di più alle cose, è uno che ha passato notti e serate a parlare con i suoi amici e a fare ipotesi su tutto, e quindi è nomale che i discorsi banali lo annoino.
Sei su una torre con Jim Carrey e Ben Stiller, due delle tue passioni. Chi butti giù?
Butto giù Jim Carrey perché non mi sta facendo impazzire ultimamente.
Strano. Non era il tuo mito?
Un tempo lo adoravo. Adesso le passioni si sono invertite. Ben Stiller l'ho apprezzato più dopo che prima, e Jim Carrey mi piaceva più da piccolo, adoravo la sua comicità fisica, la sua mimica, la sua follia, però ultimante ho visto il documentario Jim & Andy, che parla della sua interpretazione, in Man on the Moon, di Andy Kaufman, che è un comico che adoro, e sono rimasto deluso. Non amo gli attori del metodo, che vanno così a fondo nell'interpretazione di un ruolo, stimo di più gli attori che vivono il proprio mestiere un po’ come un gioco. Se uno cede alla forzatura psicologica di vivere il personaggio, recitare diventa quasi più semplice.
E chi sono i tuoi must della comicità italiana?
Mi piacciono Checco Zalone e Massimo Troisi, però Troisi è un comico che non guardo più. Penso che gli attori napoletani, se vogliono fare questo lavoro, non devono guardare Troisi, perché è un attore così grande, potente e lucente che, se ti strega, te ne rimane un pezzo attaccato addosso, e quel pezzo non è la tua verità. L'ultima volta che ho visto un suo film è stato dieci anni fa, ora se lo vedo in tv cambio canale.
In Tonno spiaggiato ti fingi un prete chiamato Padre Gesù. Qual è il tuo rapporto con la religione?
Ho fatto la comunione e ho fatto il chierichetto, vengo da un paesino in provincia di Caserta e la domenica andavamo in chiesa. La cresima non l'ho fatta, a un certo punto ho mollato gli studi. Mi sono disamorato, insomma, però più passa il tempo e più mi affascinano le religioni. E chi è credente mi inizia a stare simpatico.
E’ vero che hai un tatuaggio di Eric Carter di South Park?
Sì, ce l'ho sulla chiappa destra. Adoro il suo cinismo. In 20 anni di South Park, Cartman è sempre rimasto dispettoso. E’ una cosa che adoro. A fine puntata lui non ha mai imparato nulla e chiede scusa solo se ci deve guadagnare qualcosa, in questo senso è monodimensionale, ma come cattivo ha miliardi di sfumature.