Ferrario, Troiano e Smutniak presentano Tutta colpa di Giuda
E' stato presentato alla stampa Tutta colpa di Giuda, il nuovo film di Davide Ferrario. Il sottotitolo è “Una commedia con musica”, ma dietro c'è molto di più. Abbiamo incontrato il regista e gli interpreti principali Fabio Troiano e Kasia Smutniak.

Ferrario, Troiano e Smutniak presentano Tutta colpa di Giuda
Davide Ferrario, regista cremonese di 52 anni trapiantato a Torino, autore di film sempre interessanti come Tutti giù per terra, Dopo mezzanotte e il documentario La strada di Levi, anche stavolta firma un'opera decisamente inusuale, frutto di anni di lavoro all'interno del carcere. A San Vittore prima, e in seguito alle Vallette di Torino, col gruppo di 20 detenuti che hanno partecipato al film. I carcerati che hanno prestato la loro faccia, la loro storia e la loro autenticità al suo film fanno parte di un progetto sperimentale e sono tutti – con l'eccezione di un paio di ergastolani - delinquenti di piccolo cabotaggio, in genere condannati per reati connessi al traffico di droga. Al progetto hanno collaborato con le musiche, ma anche in qualità di attori, i Marlene Kuntz e Paolo Ciarchi.
E' un vero piacere parlare con Ferrario, ateo dichiarato ma dotato di una sensibilità non comune nei confronti degli esseri umani e di un senso dell'umorismo che conferisce una certa leggerezza a temi impegnativi che vengono comunque affrontati nel film, dalla religione alla giustizia e alla funzione della pena. Come di consueto nei suoi film, Ferrario non ha usato altra sceneggiatura che nove paginette di presentazione con qualche scena di dialogo. Gli chiediamo perché non ami la struttura rigida della sceneggiatura. “Non è che odi la sceneggiatura di per sé. Ti rispondo con un aneddoto. Anni fa ho girato un film che si chiamava Dopo mezzanotte e che ha vinto tantissimi premi proprio per la sceneggiatura, che di fatto non esisteva. Allora ho pensato a come spesso si confonda la scrittura del film con la sua messa in scena. Per me le cose più importanti per fare un film sono altre, a partire dal montaggio e dalla musica”. Quanto è stato liberatorio per i detenuti fare un film in cui si canta e si balla, ci si esprime usando il corpo? “Sai in questi casi sono restio a usare parole come libertà. In carcere le giornate sono tutte uguali, non succede mai niente e se succede cambia in peggio, per cui quello che abbiamo fatto noi è stato dare vita a un progetto a cui tutti hanno prestato le loro energie, creare un diversivo e uno svago al tempo dell'attesa. Per il resto, purtroppo, un film non può cambiare molto. Ad esempio l'uomo che interpreta Cristo e che canta nel finale, e secondo me è straordinario, era uscito e ieri mi hanno chiamato per dirmi che è di nuovo dentro, per cui dopodomani assisterà all'anteprima nel carcere delle Vallette non come speravo, ma ancora come detenuto. Quello che abbiamo fatto è far loro capire che si può fare altro, che ci può essere un progetto da fare insieme, ma per risolvere certi problemi certo un film non può bastare”. Ci sono stati problemi particolari durante le riprese? “Dal punto di vista tecnico nessuna, dall'amministrazione carceraria abbiamo avuto solo una grande disponibilità. Le uniche difficoltà che abbiamo dovuto affrontare sono state legate ai fenomeni atmosferici, come alla pioggia continua che ha più volte interrotto e costretto a rinviare il completamento della scena sulla terrazza, quella in cui Irena comprende come può mettere in scena una Passione senza Giuda. Sembrava quasi che fosse un segno, ma alla fine l'ho girata sotto il diluvio con una piccola digitale, invece della cinepresa molto costosa che avevamo, ed è riuscita molto meglio di come l'avessi pensata.”
Interpreti principali del film sono Fabio Troiano, nel ruolo del direttore del carcere, e Kasia Smutniak, in quello di una giovane regista serba chiamata ad allestire uno spettacolo coi detenuti, convinta dal cappellano a mettere su una Passione che si trasforma poi in qualcosa di diverso. Già interprete di Dopo mezzanotte, Troiano ha apprezzato particolarmente la libertà di contribuire col proprio lavoro a un film che è diventato anche un'esperienza di vita. “C'era una grossa variabile, quella dei detenuti, la loro imprevedibilità. E come attore mi sono reso conto che a volte ti fai mille fisime per cercare di dire una battuta in un certo modo, pensando di doverla andare a trovare da qualche parte, e poi loro la dicevano così, con semplicità, e tutto diventava vero. E' stata un'esperienza umana e professionale eccezionale”. La scelta di dare al suo direttore un accento napoletano com'è nata? “All'inizio con Davide avevamo provato a farlo parlare in italiano pulito, ma per il suo modo di parlare, per metafore e giri di parole, alla fine delle quali c'è una battuta che dice molto, con un significato ben preciso, suonava finto. Allora ci siamo chiesti chi in Italia parlasse in questo modo e ci siamo detti che i napoletani hanno questo modo di esprimersi. I miei sono di Castellamare, e io sono di origini partenopee, per cui non ho dovuto fingere. E Davide mi ha presentato un direttore di carcere, Luigi Pagano, al quale mi sono ispirato, ad esempio per il suo modo di camminare, di tenere le mani dietro la schiena”.
Kasia Smutniak, al suo esordio in un ruolo da protagonista, ha dovuto imparare a ballare e a suonare la fisarmonica per una scena del film. Anche lei è entusiasta del processo creativo e di collaborazione che ha comportato lavorare senza sceneggiatura, creare insieme le battute e le situazioni. E coi detenuti? “E' stato proprio come nel film. Loro non erano per niente impressionati o prevenuti per la nostra presenza, eravamo noi a essere entrati con dei pregiudizi, con delle paure. E' stata un'esperienza umanamente ricchissima e mi manca un po' il tempo che ho passato con loro”. Di certo a sentirli parlare un po' li invidiamo per questa esperienza che di sicuro non ha precedenti nel cinema italiano e pochi anche in quello internazionale dove, come sottolinea Ferrario, la vita del carcere è mitizzata o si incentra esclusivamente sul tema della fuga, mentre la realtà quotidiana è ben diversa e ignorata dai più.