Fabio Volo parla di Kung Fu Panda e del suo ruolo di doppiatore
Si intitola Kung Fu Panda il nuovo film d’animazione della Dreamworks e vede protagonista un panda grassoccio e pigro che diventa una stella del Kung Fu. Nella versione originale l’animale ha la voce di Jack Black, in quella italiana a farlo parlare è Fabio Volo, alla sua seconda esperienza di doppiaggio dopo Opopomoz. Lo abbiamo incon...
Fabio Volo parla di Kung Fu Panda e del suo ruolo di doppiatore
Come il panda Po a cui presta la voce nella versione italiana di Kung Fu Panda, Fabio Volo ha guadagnato i suoi primi soldi lavorando per il padre. Non in una spaghetteria – come succede nel nuovo film d’animazione della DreamWorks, ma in una panetteria. Non nella lontana Cina, ma in un paese in provincia di Bergamo. Non sognando di diventare un asso del kung fu, ma fantasticando sulla radio, la televisione e il cinema.
“In effetti, Po ed io abbiamo molte cose in comune” – ci ha raccontato Fabio Volo, a Roma a presentare il film d'animazione già visto a Cannes ed il suo lavoro come doppiatore. “Vi dirò di più: la storia di Po è la storia della mia vita, ma con dei cambiamenti. Non fantasticavo sul kung fu, ma desideravo comunque fare qualcosa di diverso da ciò che ci si aspettava da me.” Certo, il panda Po all’inizio se la cava malissimo con le arti marziali. Volo, al contrario, è diventato presto una stella radiofonica e ha avuto la fortuna di incontrare il talent-scout Claudio Cecchetto, che gli ha offerto un posto prestigioso a Radio Capital. Eppure lo showman parla di un inizio carriera piuttosto difficoltoso.“E’ stato un disastro, anche se ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha sempre fatto sentire accettato. Forse è per questo che non sono continuamente alla ricerca di un consenso. Vivo esprimendo ciò che sono, nella mia mediocrità e nei miei guizzi di fortuna e di bravura.”
Nessun problema di autostima insomma per Volo, che a differenza degli americani non divide il mondo in winners e loosers ed è convinto che ciascuno di noi, proprio come Po, possa tranquillamente diventare cool.“Non è facile” – ha ammesso. “Ma ognuno di noi ha la sua cosa, e non necessariamente è una cosa di immagine. Tutti credono che il vincente sia qualcuno che fa l’attore, il cantante o lo scrittore. Io credo, invece, che una persona di successo sia chiunque vive la propria vita essendo se stesso”.
Essere se stessi, però, non sempre è possibile. Un attore, a volte, deve opporre la scrupolosa preparazione alla spontaneità, la corretta dizione a un parlato naturale, soprattutto quando di un film deve essere solo una delle voci. “Il doppiaggio è divertente” – ha detto a questo proposito Volo. “Ma è anche difficile, perché noi collaboriamo a una cosa già fatta, per cui sono io che mi devo adattare a un comportamento, a un movimento, a un labiale.”
Nel caso di Kung Fu Panda, il movimento e la voce appartenevano a Jack Black, scelto dalla DreamWorks quando il film era ancora solo un abbozzo. Uguagliare la sua bravura, è stata per il nostro Fabio una bella sfida: “Black è eccezionale, e professionale come solo gli americani sanno essere.” Quando gli abbiamo chiesto di approfondire il concetto, Volo - che l’America la racconta in questi giorni nel suo programma tv Italoamericano - ci ha spiegato che negli Stati Uniti, che pure sono un paese pieno di contraddizioni, c’è la meritocrazia, che costringe a imparare bene un mestiere. “Nel nostro paese, vai avanti solo se sei il cugino o il fratello di qualcuno. In America, se sei bravo ti rinnovano il contratto, sennò fai un altro lavoro. Quando ti misuri professionalmente con un americano, è difficile che un idiota sia in un posto di comando… a parte il Presidente degli Stati Uniti."
Se le alte cariche governative a stelle e strisce deludono Fabio Volo, certo cinema americano lo affascina enormemente: i film dei fratelli Coen e di Woody Allen, per esempio. Le storie che non ama sono invece quelle dei supereroi o l’azione pura e semplice. Abbiamo chiuso l’intervista a Fabio Volo chiedendogli con quale attore hollywodiano gli piacerebbe lavorare. “Non ce n’è uno con cui non vorrei recitare e, se mi chiamassero, partirei subito.”