Interviste Cinema

Fabio Volo, Miriam Leone e Massimo Gaudioso, ecco il loro Paese quasi perfetto

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Interpreti e regista della commedia targata Cattleya, remake di un film canadese, hanno parlato di lavoro, dignità e soprattutto di vita in provincia.

Fabio Volo, Miriam Leone e Massimo Gaudioso, ecco il loro Paese quasi perfetto

Tornare indietro, alla terra, alle origini, alla provincia. A modi e ritmi di vita diversi, più umani.
È una specie di tormentone per molti di quelli che, vivendo in città più o meno grandi, sono affaticati dalla complessità della vita moderna. Certo, c'è chi a vivere in un paesino non ci andrebbe mai, come il rampante chirurgo estetico interpretato da Fabio Volo. Solo che lui, in Un paese quasi perfetto, è costretto a farlo. A fare per un mese il medico condotto di Pietramezzana, località inventata delle Dolomiti Lucane, mucchietto di case con 120 anime residenti che hanno bisogno di far finta che casa loro sia una sorta di paradiso per il giovane dottore, affinché rimanga e gli faccia vincere l'appalto che ripoterebbe finalmente il lavoro in quelle zone.

Un paese quasi perfetto, scritto e diretto da Massimo Gaudioso, è il remake di una commedia canadese francofona, La grande seduzione (a sua volta vagamente ispirato al Doc Hollywood con Michael J. Fox), rifatto in patria in lingua inglese da Don McKellar, e poi anche in Francia.
“Per l'adattamento ho seguito più o meno lo stesso procedimento già usato in Benvenuti al Sud,” racconta Gaudioso, “anche se qui lo sfondo è molto più drammatico. Siamo sempre nell'ambito della commedia, ma si parla anche una comunità che vive la mancanza di lavoro non sono come un problema economico, ma come una ferità alla propria dignità di persone: era questo che mi premeva raccontare. Nel corso del lavoro di documentazione che ho fattio,” prosegue, “mi sono imbattutto in storie molto simili, come quella dei minatori del Sulcis, e quindi ho portato una miniera nella storia.”

All'originale, o agli originali, il film di Gaudioso è molto fedele per quanto riguarda la struttura narrativa, e gli stratagemmi usati da Silvio Orlando, Carlo Buccirosso, Nando Paone e gli altri abitanti del paese per fingere che Pietramezzana fosse il luogo ideale in cui stabilirsi definitivamente per il medico di Volo, sono gli stessi di quei film: far finta di essere tutti grandi appassionati di cricket, far trovare all'uomo soldi per strada, proporgli "spontaneamente"  i suoi piatti preferiti. “La storia mi piaceva e aveva una struttura funzionale: non ho ritenuto quindi necessario fare cambiamenti strutturali evidenti,” spiega il regista e sceneggiatore. “Il lavoro è stato soprattutto sui personaggi, profondo, e il finale cambia completamente il senso della storia rispetto all'originale. Ma soprattutto mi volevo mettere alla prova come regista, più che come autore, avevo la presunzione di poter raccontare una storia da regista, 'scrivendo' il film soprattutto sul set e al montaggio,” aggiunge. “E poi, volevo raccontare una storia universale, popolare, anche se i miei gusti personali mi portano spesso a scrivere film decisamente più particolari.” E ricordare che Gaudioso è lo sceneggiatore di molti film di Matteo Garrone, di Daniele Ciprì, di Pranzo di ferragosto, aiuta sicuramente a capire cosa intenda.

“Lui è un chirurgo estetico, uno che quindi leghi al falso e all'artificiale,” dice poi Fabio Volo sul suo personaggio, “e nel film finisce in un paese dove tutto, al contrario dovrebbe essere autentico. Ma in Un paese quasi perfetto, in realtà, lui è l'unico che si toglie la maschera, mentre gli abitanti del paese fan finta di essere quello che sono: il più disonesto, quindi, finisce con l'essere il più onesto. Per foruna, però, i bisogni del mio personaggio e quelli del paese alla fine s'incontrano.”
Unica abitante di Pietramezzana che non si presta all'inganno ordito da Orlando e soci, è la bella ostessa Miriam Leone. “Il mio personaggio non prende parte alla messa in scena perché è sinceramente innamorata del suo paese,” spiega l'attrice, “e non capisce perché Fabio non possa amarlo per quello che è, perché si pensi debba innamorarsi di una bugia. Ai personaggi un po' disonesti di questo film, però, si guarda con grande affetto: io la capisco la loro voglia di non tagliare le radici, di non voler abbandonare la loro casa. Anche io quando torno a casa, sento che quel legame c'è ancora,” termina l'attrice catanese.

“Quando prima noi della troupe, poi i vari attori sono arrivati uno dopo l'altro nei luoghi delle riprese,” racconta Gaudioso al proposito, “hanno avuto tutti la stessa reazione: dopo qualche giorno si guardavano intorno alla ricerca di una casa da comprare. In posti come quelli del nostro film ritrovi qualcosa che ti appartenuto, anche se non vieni da piccoli centri o dalla provincia, qualcosa di profondo che è nel nostro DNA: ma attenzione, perché non si tratta però tanto di uno spazio fisico, ma di un luogo dell'anima, dove ritrovare certi valori.”

Stuzzicato sull'argomento del rapporto con le origini e la provincia, che spesso sbandiera apertamente, il Fabio Volo ex panetteiere del bresciano spiega che si sente di vivere la contraddizione degli estremi: “Io la mia provincia la porto dentro, ma non sono mai stato un provinciale: forse per caso, forse per educazione, forse per mentalità. Io sono uno che vive 3 o 4 mesi l'anno a New York, che ha una compagna islandese. Amo la terra da cui vengo, ma non riesco a passarci più di qualche giorno, come d'altronde dopo un po' mi va stretta Milano, o la stessa New York. Nei posti dove abbiamo girato,” prosegue, “abbiamo trovato persone meravigliose, ma se vuoi le puoi trovare ovunque: non voglio certo fare quello che elogia la provincia per il suo candore, so troppo bene che può essere un posto molto violento, anche se non fisicamente.”

Nella Basilicata dove hanno girato, però, di violento c'era ben poco. “C'era tanto vino, tanto cibo, tanto caffé,” ricorda ridendo Miriam Leone, che chiude alla grande il discorso sulle radici e anche la presentazione del film con una frase tanto lapidaria da sembrare quasi studiata: “Ognuno ha la sua Itaca, ma ognuno deve attraversare la sua Odissea per tornarci.

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