Ewan McGregor, Jennifer Connelly, American Pastoral e la regia che cambia la vita
L'attore scozzese a Roma per presentare il suo esordio dietro la macchina da presa, adattamento del libro di Philip Roth.

Due considerazioni.
La prima è che, a giudicare dall'affollamento della conferenza stampa di American Pastoral, il film che lo vede protagonista, ma anche regista al suo esordio, Ewan McGregor è uno dei nomi più bankable del momento.
La seconda è che ci vuole una bella dose di sincerità mista ad altrettanta faccia tosta per confessare candidamente che lui, Ewan, il celebrato libro capolavoro di Philip Roth da cui parte il suo film non l'aveva nemmeno mai letto prima di dedicarsi al progetto. Anche se "il copione, che ho letto prima senza sapere nulla del libro, era commovente fino alle lacrime."
Per il resto, ordinaria amministrazione o poco più, con dichiarazioni d'ordinanza ("sì, essere padre di quattro figlie mi ha aiutato a interpretare il personaggio"; "no, non ci sono riferimenti voluti alla situazione americana contemporanea, e su Trump e Clinton non so che dire: sono scozzese") e Jennifer Connelly messa lì a fare da supporto di lusso, una Filippa Lagerback più famosa e più affascinante che ha risposto con le parole dolci d'ordinanza a una domanda sulla sua esperienza sul set con David Bowie in Labirinth.
McGregor, capelli corti e abbigliamento casual, si è concentrato soprattutto sulla sua esperienza dietro la macchina da presa, che ha definito "rivoluzionaria, che mi ha cambiato la vita, che fa crescere." Dopo anni di attesa, l'attore ha detto di aver visto avverarsi un sogno, scoprendo con piacere "gli scambi creativi con tutti i collaboratori, che da attore non avevo" e con meno piacere "la parte manageriale del lavoro, il dover gestire tutte le paure degli altri e tornare a casa la sera con le tue, senza nessuno lì a tranquillizzarti."
Dopo quasi 25 anni di carriera e una gamma incredibile di registi con cui ha lavorato, e a cui ha potuto rubare qualcosa, McGregor è arrivato sul set di American Pastoral con una sola verità in tasca: "Non non esiste un modo giusto o un modo sbagliato di fare il regista: ci sono solo cose che sul set funzionano e altre che non funzionano," ha spiegato, per poi concludere con una formula buona per tutte le stagioni: "Fare film è qualcosa frutto di una collaborazione tra tante persone, e io amo quella magia che si crea su un set cinematografico."