Due vite per caso - parola a Ragonese e Aronadio
L’esordio alla regia di Alessandro Aronadio racconta le due possibili storie che può vivere un ragazzo a cui capita un incidente del tutto casuale. Riflessione filosofica sulle difficoltà della generazione degli odierni precari, il film è stato presentato alla stampa italiana dopo la sua partecipazione all’ultimo Festival di Berlino.

Due vite per caso - parlano regista e protagonisti
Dopo essere stato in programma all’ultimo festival di Berlino, l’esordio alla regia di Alessandro Aronadio Due vite per caso è stato presentato anche alla stampa italiana. A parlare del film il regista e la protagonista femminile Isabella Ragonese.
Abbiamo subito chiesto ad Aronadio come è arrivato all’idea alla base della storia: “ Si tratta dell’incontro fortuito con un racconto di Marco Bosonetto, con cui ho scritto anche la sceneggiatura. Mi interessava soprattutto mantenere la struttura doppia del racconto, da cui poi ci siamo allontanati. Dopo aver scritto la prima stesura dello script abbiamo trovato la produzione di Anna e Sauro Falchi. Da quel momento per realizzare il film e finirlo ci sono voluti tre anni e mezzo.” Come ha lavorato con gli attori, in particolare con il protagonista Lorenzo Balducci? “ Sono stato molto fortunato nel poter avere un mix di attori noti ed altri alla prima esperienza, sono stato lusingato di averli potuti far esordire nel mio lungometraggio. Lorenzo l'avevo scelto già durante la scrittura del film. Avevo visto Gas di Melchionna, dove dimostrava la rabbia sopita di cui avevo bisogno. Anche nella vita è un ragazzo molto calmo ma insieme anche inquieto. Coltiva la sua rabbia interiore, in qualche modo è molto vicino al personaggio di Matteo. Tra noi si è instaurata grande fiducia, e questo vale anche per gli altri attori: soprattutto per quanto riguarda gli interpreti più famosi nei confronti di un regista esordiente, questo è stato fondamentale per la mia sicurezza e conseguentemente per la riuscita del film.”
Due vite per caso parla del momento di stasi, di immobilità che sta vivendo la generazione dei più giovani. In qualche modo questa inquietudine generazionale viene subita in entrambi i lati della barricata ideologica che hai voluto mettere in scena. “ Prima di tutto volevo rappresentare la situazione di ristagno che si sta vivendo nel nostro paese. Non per nulla il locale dove si svolgono molti degli avvenimenti si chiama "Aspettando Godard", che è un omaggio esplicito all’Aspettando Godot di Samuel Beckett. Oggi più che in passato si chiede ai ragazzi di attendere, ma cosa? Viviamo in un periodo in cui l’adolescenza viene prolungata a livelli preoccupanti. Con essa si allungano però pure precarietà e incertezza. L'Italia non è un paese per giovani, come ho avuto modo di dire a Berlino parafrasando i Coen. Viene quasi naturale che poi si arrivi alla manifestazione violenta di questa rabbia repressa. Episodi tragici come l’assassinio del commissario Raciti, ma anche quello di Stefano Cucchi, dimostrano che la rabbia esiste ed esplode.”
Come ha lavorato alla colonna sonora, uno degli elementi più riusciti del film? “Insieme al compositore Louis siciliano, che conosco da molto tempo, abbiamo cercato di realizzare una musica che raccontasse i sentimenti del protagonista, che riempisse i suoi silenzi. La colonna sonora amplia l'atmosfera del film, e rimanda direttamente a delle emozioni che sono primarie. Molte delle musiche erano già scritte sulla sceneggiatura, poi abbiamo aggiunto alcune canzoni di gruppi italiani senza etichetta.”
Dopo Tutta la vita davanti ed anche Dieci Inverni, Isabella Ragonese anche con Due vite per caso conferma la sua propensione per film che raccontano le incertezze del nostro tempo: “E' probabilmente una questione di età – sorride l’attrice – Adesso posso interpretare ruoli di giovani che stanno lottando per cercare il loro posto nella vita. Ci viene detto fino a quarant'anni che abbiamo tutta la vita davanti. In dieci inverni l'attesa che il mio personaggio viveva è più che altro sentimentale. Tornando alla situazione che stiamo vivendo oggi, mi guardo intorno e vedo che il posto fisso è una mera utopia. Molti dei miei film effettivamente hanno questa tematica comune, il problema comunque è come si racconta, i film credo siano abbastanza diversi tra loro. Per me riuscire a cambiare registro di recitazione è la cosa più importante. Nel caso di questo film mi ha convinto conoscere il regista, mi ha trasmesso fiducia, cosa che serve quando accetti un'opera prima, perché sai che hai tempi di lavorazione più corti. Della figura di Sonia mi piaceva l'idea di non essere fidanzata di qualcuno, come troppo spesso accade ai personaggi femminili nei nostri lungometraggi. Sonia piuttosto è una forza propositiva, trainante, più che un carattere ben definito.”